a "Il fiore rosso" di Eros Pedrini
di Stefano Toninel
Quello
che altre volte mi sono chiesto è: cosa passa nelle mente di una cordata,
quando capita qualcosa di mortale, di irreversibile?
Cosa pensa chi si accinge a morire nell'attimo esatto in cui realizza
consapevolmente che "è finita"?
Disperazione? Stupore? "... Non è possibile! Proprio io,
adesso?"
O forse dispiacere, per lasciare qualcosa che ami, in poche
parole, la tua VITA, con tutto quello che ne fa parte?
E badate non sto tentando di dare una spiegazione razionale, di descrivere
"il limite della vita" come altri autorevoli alpinisti.
E chi ti vede morire? Cosa pensa quando ti vede "andare giù"? O
quando è costretto a tagliare la corda?
O a compiere un atto ancora più
disperato come sciogliere il nodo dell'imbragatura, che è come una resa
incondizionata, perchè tanto non c'è più nessuno a cui legarsi.
Grazie a Eros Pedrini per le immagini e le sensazioni che ha saputo
evocare con il suo racconto; è tremenda la sofferenza del protagonista
quando non può far altro che slegarsi e cercare salvezza sulla cengia,
facendosi violenza nel non voltarsi indietro, così com’è
straordinariamente umana la necessità dopo l'incidente di stare da solo,
di capire, o forse di realizzare nuovamente, una volta sceso a valle, in
mezzo alle altre persone, quello che in realtà aveva già compreso
benissimo, in pochi istanti, lassù, da solo.
Allo stesso tempo è anche piacevole, alla fine del racconto, vedere come
il fardello del dolore e la pesantezza della tragedia, si dissolvano in un
mare di nuvole, in un'idea di leggerezza, di salita
verso l'Alto, che forse, in fin dei conti, è quanto di più bello e
magico esista nell'alpinismo.