commento sul tema delle citazioni tratte dai Testi Sacri

 

di Luigi Negri

 

 

Spettabile redazione,
qualora il mio intervento possa essere ritenuto pertinente, vorrei aggiungere una piccola considerazione in merito all'interessante scambio di opinioni sul tema dell’uso delle citazioni tratte dai Testi Sacri.

Mi collego alla puntuale e opportuna risposta di "Bibì e Bibò", là dove i due autori, cui va il mio personale e sincero apprezzamento, citano (non credo casualmente) il capitano Achab, la cui figura ritengo possa essere esplicativa.
Ricordo la traduzione di Moby Dick di Cesare Pavese e la sensazione che quel personaggio accigliato e invasato non ce la raccontasse giusta.
"Fixed and fearless": rigido e spavaldo.
Mi sembrava l'opposto di Don Chisciotte, che parte lancia in resta per imprese inventate, ma con animo gentile.
Senza la cupa determinazione ossessiva dell'eroe americano.
Il quale ce l'ha con una certa balena bianca che è pur vero che gli ha staccato una gamba, ma è altrettanto vero che
se l'era andata a cercare lui.
Mi affascinava ma non mi piaceva Achab, non lo capivo.
Poi venne la guerra nel Vietnam e in quegli anni ero presuntuosamente abbonato al “Washington Post” per cercare di rendere vivo e accettabile il mio precario e approssimativo inglese.
Devo ammettere che il mio inglese è più o meno rimasto tale, ma ho avuto l’opportunità di leggere ottimi articoli, tra i quali ne ricordo uno a proposito di Achab e della guerra in Vietnam del grandissimo critico Leslie Fiedler che spiegò: è sempre la stessa storia, è sempre la stessa America che ha sempre un nemico mortale da perseguire.
E' sempre la stessa baleniera che ha una balena (bianca, rossa, nera) da cacciare.
Se avessi fatto caso al luogo di provenienza di Achab, come Bibì e Bibò hanno opportunamente ricordato, avrei capito anche prima.
In modo garbato e sottile ci hanno ricordato che Achab viene dalla Bibbia.
Dal primo libro dei Re apprendiamo che Achab ha fatto due cose storte: ha sposato la principessa fenicia Jezebel
(demonio dagli occhi blu, come dice la canzone) e, più grave, ha eretto un altare al Dio pagano Baal.
Achab copre tante cose, tanti tratti della cultura americana e non solo.
E’ l'incarnazione del fondo idolatrico sopito in qualche buio recesso delle nostre menti e che ogni tanto riemerge dal letargo.
Ci si inventa un idolo quindi ci si accanisce contro il nemico di turno di quell'idolo.
Pazienza quando questo nemico ha la dignità di una grande balena bianca.
Diventiamo un tantino impazienti quando il diabolico nemico non si colloca più alla medesima altezza.
Quando viene individuato nell'alcol di ieri (eccoci al proibizionismo) o nel fumo di una sigaretta, o in chi, se pure in chiave umoristica, cita opportunamente e precisamente un testo sacro.
Che dev’essere braccato, come Moby Dick.
Può darsi che io possa essere ritenuto un po' troppo accomodante, ma il capitano Achab di turno non ha nessun senso della misura, nessun senso del ridicolo.

Con i miei più cordiali saluti,
Luigi Negri