a seguito del racconto "Bibì & Bibò e la Tremenda verità"    

 

di Redazione (Gabriele Villa e Leonardo Caselli)



Abbiamo spesso sollecitato commenti da parte dei nostri lettori e li abbiamo sempre pubblicati volentieri, anche quelli di sole due o tre righe, ovviamente pure quelli critici o altri "scomodi" che non ci erano "piaciuti tanto".

Ci è capitato anche di pubblicarne uno anonimo, invitando in seguito il nostro interlocutore a "presentarsi" se avesse voluto avere risposte esaustive sulle questioni che poneva, e non di semplice e superficiale cortesia.

A volte pubblichiamo racconti sotto pseudonimo, ma allo stesso tempo, compaiono i nomi degli autori che stanno dietro allo stesso, perchè così abbiamo ritenuto giusto, e quindi preteso, quando è iniziata l'avventura di questo sito.

E' già capitato di ricevere commenti e contro commenti su temi specifici, vedi quelli di "La neve è una bestia".

Ci sono stati anche accenni polemici, toni a volte un po' aspri, ma sostanzialmente corretti e ne è venuto fuori un interessante "dibattito" a più voci nel quale ognuno ha espresso il proprio diverso parere.

Ci è capitato anche di fornire le e-mail di nostri lettori che avevano fatto commenti, a seguito di richiesta e con l'ovvio consenso degli interessati, affinché potessero proseguire e approfondire direttamente tra loro lo scambio di idee che era stato avviato attraverso il sito.

Tutto questo fa parte di ciò che qualcuno ha definito "lo stile di intraigiarùn" (inteso come modus operandi) e ciò ci ha molto gratificato, perchè non ci interessa attivare un "forum" dentro al sito, desideriamo piuttosto (e ci accontentiamo di) sollecitare commenti che vorremmo rimanessero ancorati ai "temi e ai problemi".

Questa premessa è per motivare l'intervento della Redazione nel caso specifico, e per ricordare le "regole del gioco".

Nel rispetto di queste regole pubblichiamo "Diritto di controreplica", sfrondato dai riferimenti personali prima che si inneschi un botta e risposta che rischierebbe di far perdere di vista il nocciolo e la sostanza delle questioni.      

 

 

Diritto di controreplica

 

di Leonardo Caselli
 

Carissimi Bibì&Bibò

.... ....
E’ chiaro, sulla base di testimonianze si ricostruisce appunto la storia.

...come nel loro piccolo e relativamente alla nostra storia, hanno fatto anche alcuni partecipanti alla gita sulla Prexxxxxxx (Presanella N.d.R.) scrivendo la loro esperienza su intraigiarùn.
Sono diventati testimoni di quella loro esperienza.
Rileggendo velocemente quanto riportato da queste testimonianze... ...risulta che la signorina finita nel crepaccio, era sì inesperta (se fosse stata esperta probabilmente non avrebbe partecipato alla gita), ma come già detto anche “simpaticamente e sicuramente” legata in cordata con tanto di nodi a palla (non da tennis) assieme a quell’irresponsabile Accompagnatore che ha voluto seguire le pratiche di sicurezza che il caso imponeva.
Il fatto che fosse “legata”, e che sia anche stata “trattenuta”, direi che ha contribuito in modo determinante a non farla sprofondare in fondo al crepaccio, rendendola appunto, “testimone vivente” di quanto ha vissuto.
Questo direi è quello che si potrebbe “storicamente” ricostruire in merito alla ipotetica mancanza di sicurezza.
Il problema a mio avviso si ha quando sulla base di testimonianze, oltre a scrivere la storia di quanto avvenuto, si formulano giudizi e si fanno critiche.
Si sa, le testimonianze, soprattutto se “viventi”, possono facilmente diventare opinioni, pareri,... ... e sulla base di pareri si rischia di formulare giudizi non sempre obbiettivi.
Un conto è dire che la gita non è piaciuta, che è stata troppo lunga... troppo corta.... troppo media.
Ma dire che non è stata garantita la sicurezza.... viste anche le testimonianze scritte mi pare una grossa fesseria.

Certamente voi mi dite, con il racconto dell’episodio della vostra preadolescenza, passata a palleggiare contro un muro, che un buon maestro deve insegnare i “fondamentali”, le basi, prima di farti giocare una partita.
... voglio raccontarvi la storia di alcuni “soldati semplici” che più o meno diciassette anni fa espressero al loro “maestro” la volontà di diventare “caporali di cordata” ai corsi di roccia del CAI.
Il maestro avrebbe potuto portarli tranquillamente sul “muro dietro il campo da tennis”, a Teolo, sulle “Numerate”, come aveva fatto in anni precedenti, ma fece un’altra scelta.
Ci fece “giocare una partita”.
Disse più o meno: “andiamo a fare una bella via normale!”
Detto fatto, ci ritrovammo un bel giorno alle cinque di mattino in partenza dal rifugio con tutta la pesantissima “ferramenta”, compresi ramponi e piccozza, perché la discesa prevedeva anche un lungo tratto di nevaio.
La via che avremmo dovuto percorrere era la via Fanton alla Croda Bianca nel gruppo delle Marmarole.
Difficoltà massima se non ricordo male, un passaggio di III grado, forse anche III-.
Dopo un “bel” avvicinamento trascorso alla ricerca di una fantomatica guglia a forma di “kriss malese” (quello di Sandokan), attaccammo la via che si snodava tra ghiaioni, infidi canali e cenge
Ovviamente eravamo sempre legati in cordata e con sempre tutto da “attrezzare”.
Giunti a qualche tiro di corda dalla vetta, vista l’ora, decidemmo di rinunciare e scendere.
Naturalmente, durante la discesa, si aggiunsero ai ghiaioni, ai canali e alle cenge, talmente detritiche che non sembrava fossimo noi a muoverci sulla montagna, ma la montagna che si muoveva sotto di noi, anche un bel nevaio e una bella doppia da cinquanta metri.
Uno dei ricordi più fervidi di questa esperienza è stato quando uno dei “soldati semplici” rimase appeso a penzoloni come un salame alla sosta perché la cengia sulla quale era fermo franò rovinosamente sotto i suoi piedi.
Volete sapere chi era il “salame”?
Proprio l’Accompagnatore che qualche mese fa era legato in cordata con la signorina del crepaccio.
Pensa un po’, diciassette anni in più e un bel po’ di capelli in meno.
A proposito di “ossicini”, un bel “femorone”!!!
Comunque, concludendo la storia, ritornammo al rifugio di partenza, affamati, disidratati e barcollanti alle ore ventitre e vi passammo ovviamente un’altra imprevista notte.
Diciassette ore per non arrivare in cima.
Certo che, le "Numerate" a Teolo, per un “aggiornamento” aiuto-istruttori, sarebbero state sicuramente più comode!
Non scartando l’ipotesi che il maestro fosse un pazzo (lascio alla vostra immaginazione indovinare chi potesse essere), sono convinto che, nonostante l’impegno, quello sia stato un sistema buono per selezionare qualche “ossicino buono”.
Fatti e testimonianze, sempre viventi per fortuna, lo dimostrano.
Quella fu la mia prima vera via da capocordata e anche se non siamo arrivati in cima ….. quanti palleggi!!
Anche io, la Sud della Marmolada l'ho vista solo dal rifugio Falier come voi Wimbledon lo avete visto probabilmente solo in televisione, ma quelle diciassette ore su quella montagna sono valse molto più di diciassette giorni a Teolo ad imparare le soste e le manovre a memoria.
Ma anche questo, come il vostro, è pur sempre un parere.
Forse per imparare i fondamentali del tennis è sufficiente palleggiare qualche mese contro un muro, ma per imparare ad usare ramponi e piccozza non è possibile provare il passo incrociato dentro al freezer di casa.
Bisogna andare su un ghiacciaio o comunque da qualche parte dove vi sia ghiaccio .
Certo è, che su un campo da tennis al massimo ti può arrivare una pallina in un occhio, mentre su un ghiacciaio può anche succedere di sfondare un ponte di neve e finire dentro un crepaccio, o in un canalone di scivolare, ma basta, come abbiamo visto, essere “sicuramente e simpaticamente” legati in cordata per ridurre questo rischio.