commento ai commenti a "Bibì&Bibò e la Tremenda Verità"
di Roberto Belletti
Toc toc…
E’ permesso?
Sono un Testimone, uno dei sopravvissuti alla “sciagurata” gita alla
Prexxxxxxx, e vorrei inserire qui qualche mia considerazione, fra
racconti più o meno allegorici e relativi commenti, diritti, rovesci e
contro-contro-controrepliche.
Lo faccio per cercare di sgombrare il campo da polemiche e da
riferimenti personali, e mettere in evidenza, invece, le questioni di
sostanza su quanto è avvenuto in quel “tranquillo” weekend di fine
luglio di cui ancora oggi si parla. Anche se la mia esperienza
alpinistica è pari a poco più di zero, ritengo (forse a torto, ma ci
proverò lo stesso) di poter dare un piccolo contributo in tal senso,
cercando di farlo possibilmente in modo obbiettivo.
Prima però devo fare un paio di premesse.
La prima è che ci vuole il massimo rispetto per chi si spende
proponendosi come Accompagnatore, Capogita, Conduttore o Direttore che
dir si voglia (personalmente preferisco il termine “Direttore”, ma di
questo parlerò più avanti). E’ un’attività impegnativa, che richiede
competenza e comporta responsabilità e che ha come unica soddisfazione
il vedere gli altri divertirsi, magari appassionarsi un po’ di più alla
montagna e proporsi a loro volta (e se vi pare poco…).
Ciò non vuol dire che chi si dedica a queste attività debba essere posto
su un piedistallo e considerato al di sopra delle critiche. Se
costruttive, sono fatte innanzitutto nel suo interesse.
La seconda è che a me quella gita è piaciuta.
E’ chiaramente un parere personale, di chi l’ha vissuta senza incidenti
o problemi particolari e ha addirittura partecipato ad un recupero, una
cosa che (fortunatamente) non capita tutti i giorni.
Nello scrivere il mio racconto mi
sono volutamente astenuto da qualunque giudizio o polemica, cercando
solo di trasmettere le emozioni di quei momenti così come le ricordavo a
qualche settimana di distanza.
Lo scopo principale era quello di descrivere il “famoso” recupero visto
“dal di fuori”, come corollario al bellissimo
racconto scritto invece “dal di dentro”. Forse mi è venuto un
po' lungo, ma nel volerlo inquadrare nel contesto dell’intera gita mi
sono fatto prendere la mano, lo ammetto.
Ma visto che ancora se ne parla e terminate le premesse, veniamo ai
fatti.
Carissimi Bibì & Bibò e carissimo Leo, nei vostri scritti, a mio parere,
avete entrambi qualche ragione ma purtroppo, ve lo devo dire, avete
anche un po' torto.
E dico entrambi, considerando Bibì & Bibò come un'entità atomica,
indivisibile, dato che mai il nome di uno compare separatamente
dall’altro.
Ma cosa vi aspettavate?
Che la ragione stesse tutta dalla parte di uno e il torto tutto dalla
parte dell’altro?
Ma nella realtà non è mai così!
Solo le costruzioni astratte, in un mondo in cui le righe sono prive di
spessore, hanno misure assolute.
Così come non esistono nella realtà Direttori completamente buoni e
Direttori completamente cattivi, o gite assolutamente perfette e altre
completamente disastrose.
Sì, Leo, scrivo Direttore perché il termine “Accompagnatore” non mi
convince del tutto, mi sembra troppo blando, come di uno che fa sì la
tua stessa strada, ma solo per vedere che cosa succede o per farti
compagnia.
A mio modo di vedere, invece, in una gita è fondamentale il ruolo di uno
che decide (magari anche sbagliando), che fa da punto di riferimento per
gli altri e si assume la responsabilità delle sue decisioni, accettando
anche le critiche, quando gliele fanno.
Non della cieca ragione di un caporale e nemmeno di qualcuno che
semplicemente ti accompagna tenendoti la mano. Certo, come si intuisce
nemmeno troppo “fra le righe” di quanto scritto da Bibì & Bibò, qualche
problema durante la gita alla Prexxxxxxx c’è stato.
A prescindere dagli incidenti che si sono verificati.
Cadere in un crepaccio perché cede un ponte di neve può sempre capitare,
purtroppo, sia a un neofita che a una persona esperta. Per questo sui
ghiacciai ci si va legati in cordata, come abbiamo fatto tutti, in
quell’occasione. Capita anche di inciampare nei propri ramponi,
specialmente se è la prima volta che si mettono e si cammina già da
molte ore.
Altre cose, invece, potevano forse essere evitate.
Ad esempio, sia all’andata che al ritorno, le cordate si sono molto
distanziate e questo ha messo in difficoltà alcuni capicordata, che, è
diventato evidente quando siamo arrivati nei pressi della cima, non
conoscevano con precisione il percorso.
Qualcuno ha deciso anche di rinunciare alla cima, e non per colpa sua,
avendo speso troppe energie nervose e fisiche nella ricerca della parte
finale della via.
Questo credo che non sarebbe successo se chi era davanti avesse
aspettato gli altri, o se tutti i capicordata avessero avuto
informazioni dettagliate sul percorso.
E’ per questo che prima delle gite si fanno le ricognizioni, giusto?
La stessa cosa è avvenuta anche in discesa, nel “labirinto”, dove non si
poteva nemmeno seguire la traccia perché sul ghiaccio vivo non c’era.
Ci siamo sparpagliati, e questo ha costretto più di un capocordata a
trovarsi da solo l’uscita dal labirinto, senza poter utilizzare
l’esperienza di chi era passato prima.
Anche i tempi lunghi, probabilmente, hanno avuto la loro parte.
Fra salita e discesa ci sono volute più di 16 ore.
Il meteo ci ha sì dato una mano con una giornata veramente splendida,
regalandoci tante ore a disposizione senza il rischio di temporali, però
siamo scesi tardi e le temperature nel pomeriggio erano alte.
E questo credo che abbia contribuito significativamente a complicare il
“labirinto”.
Cari Bibì & Bibò, qualcuno una volta disse: “a pensar male degli altri
si fa peccato, ma spesso si indovina”.
Ma è proprio così?
Volendo leggere in modo malizioso fra le righe della vostra “Tremenda
Verità”, si potrebbe pensar male che, pur di fare la gita, siano state
accettate le iscrizioni di persone prive della necessaria esperienza, e
che questo abbia influito negativamente sulla sicurezza.
Da cui la domanda che vi state facendo: “un accompagnatore che decide di
fare quella salita con qualche persona che non ha mai messo i ramponi,
ha sbagliato?”.
Io però credo che il punto non è se sia sbagliato o no “accompagnare”
dei neofiti su un ghiacciaio, ma piuttosto il contesto in cui lo si fa,
come lo si fa e per quali motivi.
Dato che nessuno nasce con i ramponi ai piedi e la piccozza in mano (per
fortuna delle nostre madri!), per chi desidera affrontare questo tipo di
esperienze deve pur venire il momento in cui li calza e va su un
ghiacciaio per la prima volta.
Così come chi vuole arrampicare prima o poi deve mettersi un imbrago o
come chi vuole fare il capocordata deve ben provare a vedere cosa
succede la prima volta che la corda viene su dal basso.
Ora, mentre per quanto riguarda il contesto ci possono essere punti di
vista diversi e se ne può discutere, sul come e sul perché non ci
dovrebbero essere dubbi: lo si fa senza scendere a compromessi sulla
sicurezza e perché la passione ti spinge a farlo.
La passione, come dice giustamente Leo, di chi vuol provare ad andare in
montagna in un modo a lui nuovo (magari mettendo per la prima volta i
ramponi) e quella di chi ti ci vuole portare perché gli piace vedere
quella luce speciale negli occhi degli altri quando scoprono un nuovo
mondo.
Non certamente per fare una gita a tutti i costi, o per salire una cima
a dispetto di tutto e tutti, né tantomeno per torturare soci paganti o
per cucirsi un distintivo sulla giacca e farsi chiamare “Caporale”.
Se fosse così, che ben magre soddisfazioni sarebbero!
E’ una gita sociale, in particolare quel tipo di gita sociale con quel
tipo di percorso, la sede opportuna per far salire un ghiacciaio a chi
non ha mai messo i ramponi?
O invece è meglio un corso di alpinismo, o magari un'uscita “informale”,
fra amici, alcuni esperti (che insegnano) e altri meno (che imparano)?
Credo che ognuno abbia il diritto di avere la propria opinione su
questo, e che sia un buon argomento di discussione, in sede o magari in
un rifugio davanti a una buona birra oppure, perché no, “ben sbracati
al mare, con i piedi in ammollo sotto il sole e con un mottarello in
mano”.
Certo, valutare le cose con il senno di poi è tutto più facile.
Ma, sia chiaro, le mie non vogliono essere facili critiche, bensì
esposizione dei fatti e constatazioni, anche se fatte da parte di un
inesperto, per cercare, come ho detto all’inizio, di evidenziare le
questioni di sostanza e fuori da ogni polemica.
Di uno con l’abitudine a cercare di far si che il “senno di poi” di oggi
diventi il “senno di prima” della volta successiva. Abbiate pazienza,
ognuno ha i suoi difetti…
E così, sicuro di avervi scontentati entrambi, ma sperando almeno di non
avervi annoiato troppo, vi saluto, in attesa di leggere molti altri
vostri bei racconti su intraigiarùn.
Roberto Belletti
Bologna, 15 Dicembre 2010