a "Punta Dallago: via della Vipera ... con meno veleno", di Gabriele Villa
di Eugenio Cipriani
Questi "addomesticamenti" sono un segno (non positivo, a mio avviso) dei
tempi.
In questo modo si crea un itinerario godibile e sicuro, ed è certamente
un bene.
Però si abituano i "fruitori delle rocce" (preferisco non usare il
termine "alpinisti" che ha una valenza più ampia) a non ragionare con la
propria testa e a demandare ad apritori e ri-chiodatori il compito di
indirizzarli sulla retta via.
E' una deresponsabilizzazione che, alla lunga, potrebbe avere effetti
diseducativi e della quale, in parte, mi sento responsabile essendone
stato un precursore.
Seppure in tempi ben diversi e con modalità di chiodatura differenti da
quelle attuali.
A tal proposito consiglio di leggere sul sito Rampegoni il commento di chi
ha recentemente ripetuto la mia via "Pilastro Elise" alla Guséla del
Nuvolau ("Oltre la folla, Gusela del Nuvolao via Pilastro Elise"
commento di Carlo Piovan con relazione aggiornata).
Tornando alla "Vipera" mi auguro che la richiodatura sia stata
un'iniziativa condivisa fra guide, discussa e ragionata.
Per informazione aggiungo che su quella stessa parete esistono altre vie
"sportive" una delle quali aperta dal sottoscritto (ormai la chiodatura
è obsoleta e inaffidabile).
Infine due parole sul citato impianto a fune costruito diversi anni dopo
la "scoperta alpinistica" della Croda Negra: certamente utile a livello
turistico ma un pugno nell'occhio e uno nello stomaco sul piano
ambientale.
Buone scalate a tutti.
Cip