a "Ennesimo crollo sulle montagne vicentine"
di Eugenio Cipriani
Il Corno, caratteristica guglia nel Gruppo del Fumante, è collassata su se
stessa.
Ora la scala
verso il cielo manca di un gradino
“Fragilità il tuo nome è donna” fa dire Shakespeare ad Amleto nel quarto
atto del celebre dramma. Evidentemente il bardo di Stratford upon Avon non
conosceva le Piccole Dolomiti, altrimenti avrebbe preso le nostre, tanto
belle quanto delicate, montagne a simboleggiare tale caratteristica. Che non
connota solo l’animo umano, ma anche ciò che per definizione viene giudicato
forte e coeso. “Saldo come la roccia” è infatti un modo di dire assai
comune, ma che certo non è stato coniato da uno scalatore, men che meno da
uno abituato a frequentare le Piccole Dolomiti e in modo particolare il
sottogruppo del Fumante dove, di recente, si è verificato l’ennesimo
clamoroso crollo: il 9 aprile scorso, più probabilmente nella notte fra l’8
e il 9 aprile, è crollata una delle più caratteristiche guglie del Fumante:
il Corno. Assieme alla Guglia GEI, Negrin, e Fiamma rappresentava il terzo
gradino della splendida cavalcata di cresta che portava ai 1870 metri di
quota della Punta Sibele. Complice il fatto che il Rifugio Campogrosso è
chiuso per le restrizioni legate al Covid e che l’evento si è probabilmente
(e fortunatamente) avvenuto di notte, nessuno ha filmato, fotografato e
nemmeno sentito il crollo nel suo verificarsi. Cosa rara, oggi, in cui ogni
avvenimento viene registrato da qualche apparecchio multimediale e poi
pubblicato quasi in tempo reale sui social.
Un evento
tutt’altro che raro
Le Piccole Dolomiti, composte da una Dolomia molto stratifica e fortemente
soggetta agli effetti del gelo e disgelo perché, anche a causa della
vegetazione presente, è molto permeabile e quindi ”bibula”, non sono nuove a
eventi di questo genere. Fra i più clamorosi e che, come il crollo del
Corno, hanno alterato per sempre la fisionomia di un paesaggio che era
rimasto inalterato fino agli anni Novanta del secolo scorso, rientrano a
pieno merito la frana staccatasi una ventina di anni fa dalla parete del
Soglio dell’Inferno (sempre nel Fumante) e quella, ancor più impressionante
e vistosa, che ha praticamente sventrato la parete nordorientale del Coston
del Cornetto interessando con le sue macerie il sentiero del Vajo Stretto e
i pascoli di Malga Cornetto nel 2012.
Itinerari
alpinistici da ripensare
Tutti danno la colpa di questo succedersi continuo di frane, sulle Piccole
Dolomiti come altrove su Alpi e Prealpi, al riscaldamento globale. E’
possibile, ancorché probabile, che il cambiamento climatico sia all’origine
di tutti questi eventi che hanno cancellato (e continueranno a cancellare)
innumerevoli testimonianze di storia dell’alpinismo. Una cosa però è certa:
dalle vie ferrate alle salite su roccia ogni itinerario, prima di essere
aperto (e a volte anche solo ripetuto) dovrà essere valutato anche sotto il
profilo della stabilità morfologica.