Dolomiti bike-report di inizio autunno

di Gabriele Villa

 

 


Premessa

Le previsioni del tempo sembravano favorevoli per il secondo fine settimana di ottobre e un inaspettato rialzo termico invogliava a cogliere l'occasione per realizzare un desiderio a lungo coltivato: un giro ad anello con la mountain bike, partendo e tornando all'albergo La Baita di Andraz dopo avere scavalcato i Passi Falzarego e Giau.

Una sciocchezza per un ciclista ben allenato e con un minimo di esperienza, un serio impegno per un ciclista poco allenato, con pochissima esperienza di montagna, attrezzato in maniera quasi improvvisata e per giunta da solo.

Ma se si ha un sogno bisogna provare di cavalcarlo, soprattutto se si trova qualcuno disposto a spendere una giornata per fare da supporto seguendo con l'auto.

Io oltre al sogno avevo anche un desiderio "alpinistico": godere la montagna "da sotto", con i tempi lenti che impone la bicicletta, misurandola per una volta a pedalate e non a tiri di corda, godendone i colori dell'inizio autunno con la vegetazione in piena mutazione e in attesa della prima neve, fotografandola per piacere personale, ma anche per raccontarla su queste pagine web, magari con il segreto intento di attaccare ad altri questa mia "malattia" per le terre alte.

Sabato il tempo ha parzialmente contraddetto le previsioni e i "calighi" si sono addensati sui fianchi delle montagne, tanto che in certi momenti sembrava di essere nelle pianure ferraresi nelle nebbiose giornate di novembre, e il bike-report fotografico che avevo in animo di realizzare è stato in parte compromesso.

Solo la domenica qualche squarcio e momenti di sole filtrante tra le nuvole hanno regalato qualche bella immagine che bene racconta la montagna in questo inizio d'autunno.

Bike-report di sabato 9 ottobre
Dopo essermi alzato alle 5 a Ferrara e messomi in auto alle 6, eccomi partire dall'albergo La Baita con la mountain bike alle 11 e transitare al Passo Falzarego alle 12 esatte dopo avere percorso i primi otto chilometri di salita.

La nebbia domina quasi sovrana, alcuni pullman sostano al Passo, intorno i turisti della bassa stagione girano nei paraggi come formiche, provano a scattare qualche foto (ma a cosa con quella nebbia?), si guardano intorno straniti.



 

In effetti, un po' stranito lo sono anch'io, e guardo con sorpresa la strada di discesa verso Cortina d'Ampezzo che si perde nella nebbia: le previsioni davano ben soleggiato in quota ed ero partito pensando di trovare il sole quassù.

Scatto un paio di foto, mi vesto con quello che ho portato e mi appresto a partire verso Pocol.
 

 

Fa freddino, ma l'ebbrezza della discesa mi prende e sul lungo rettilineo sotto la parete sud della Tofana di Rozes tocco i 60 km/ora, poi rallento per decongelarmi e, provvidenziale, arriva un pullman con targa tedesca.

Mi ci accodo e sento che la sua sagoma mi protegge dall'aria fredda, mentre il calore del motore arriva fino a me.

Pocol sembra arrivare fin troppo presto e vedo il bivio da cui parte la strada per il Passo Giau che nel suo primo tratto presenta qualche falsopiano; mi fermo per togliere la "copertura", ora superflua, e riparto in salita.

Tutto ritorna lento, bado a pedalare senza forzare e ho tutto il tempo di guardare intorno il bosco che sta cambiando colori, con i larici e i faggi in mutazione cromatica; delle cime purtroppo non se ne vedono nemmeno i contorni.

 

 
Noto piuttosto un cartello abbastanza strano e quando gli passo sotto mi accorgo che qualche burlone ha "manomesso" l'immagine facendolo diventare un segnale di pericolo: "Attenzione, cervi in erezione".

Mi faccio una risata e continuo a pedalare, mentre la strada comincia ad aumentare la sua pendenza; mi ci vorrà un'ora e mezza esatta per arrivare al Passo Giau, giusto in tempo per non cominciare (come succedeva nei film al ragionier Fantozzi) ad avere apparizioni di immagini mistiche.

 

 

Il rifugio del Passo è chiuso e quindi niente the caldo; riparo nell'auto per mangiare e cambiarmi la maglia sudata.

Il sole sembra voler fare capolino, squarciando la nuvolaglia, ma è l'impressione di pochi minuti, giusto il tempo di scattare un'immagine verso i Lastoni di Formin e la Croda da Lago.

Alla fine mi rivesto per la discesa e vado al cartello del Passo Giau per farmi scattare una foto e qui posso osservare quella che, mi diranno alla sera Walter e Nives alla Baita, è diventata la mania del momento, attaccare adesivi di ogni tipo e foggia ai cartelli stradali dei passi Dolomitici.

Che dire? La stupidità e la maleducazione umana trovano sempre forme nuove e diverse per farsi notare.

Segue la discesa verso Selva mentre le nuvole riprendono il sopravvento e un'altra sventolata ghiacciata darà il colpo di grazia definitivo ai miei muscoli affaticati.

 

 

Mentre esce un sole tardivo, quasi beffardo, carico la bike in auto, anche perchè sono già soddisfatto così.  
Mi attende una doccia calda all'arrivo alla Baita, poi una cena abbondante chiuderà la mia giornata.

Non è andata esattamente come avevo immaginato e sperato, ma... chi si contenta gode e va bene così.

 

Excursio-report di domenica 10 ottobre
La giornata sembra presentarsi sotto i migliori auspici, anche se la temperatura è di quattro gradi inferiore rispetto al giorno prima: il termometro della Baita rileva 4,6°C alle ore nove e trenta e siamo a 1.600 metri di quota.

La situazione al Passo Falzarego è quella di una bella giornata di stampo autunnale.

Scatto una delle foto più classiche e inflazionate che si possano fare al Passo Falzarego, quella della chiesetta con il Sass de Stria sullo sfondo, poi ci avviamo per un'escursione mentre il sole sembra giocare con i colori dei larici lungo i declivi che scendono dal Col Galina.

 


 

Mi piace l'autunno in montagna, non solo per i colori del bosco, ma per quell'aria un po' malinconica che si respira.
La gente si prepara all'inverno, non solo la natura, è tempo di rompere la legna e accatastarla, le attività turistico alberghiere si apprestano alla chiusura di novembre in attesa di ripartire con la stagione invernale, lungo i sentieri e sulle vie di arrampicata si trova meno gente e ci si sente più a contatto con la natura, quasi a goderla in esclusiva.

La temperatura è spesso gradevole, ma non sembra il caso di oggi perchè le nuvole cominciano ad accumularsi e più in basso continuano a stazionare i calighi.

Una nuvola in particolare sembra proiettare il suo cerchio d'ombra proprio sulla nostra zona e allora viene gradito il berretto di lana, i guanti, la felpa e pure il pile.

Oramai sono chiari i segnali che non sarà una giornata di sole e le nuvole ben presto prenderanno il sopravvento.

Peccato, perchè al freddo si può far fronte, ma il report fotografico anche oggi verrà compromesso.

La Tofana di Rozes, proprio lì di fronte, sembra giocare a nascondino con nuvole e calighi, mentre dalla cima della Croda Negra i pendii del Pore appaiono come bruciati da un incendio.

 

 

Una cosa che ho imparato è che quando si va in giro senza una meta precisa, ma solo per il piacere di un'escursione e per la voglia di godere di una giornata all'aria aperta in un ambiente stimolante come quello della montagna, si guarda molto più spesso in giro e si finisce con lo scoprire scorci e aspetti che non si erano mai notati prima. 

Con tutte le volte che sono stato sulla Croda Negra negli ultimi dieci anni, almeno una cinquantina, non avevo mai notato una sagoma formata dalle rocce proprio sulla forcelletta da cui si scende in corda doppia per ritornare all'attacco delle via di arrampicata della parete sud; sembra di vedere un gattone accovacciato che guarda verso valle e così credo che d'ora in poi quel posto diventerà per me la "forcella del gattone".

Lasciatala alle spalle siamo scesi lungo la "nuova" pista da sci che collega le piste delle 5 Torri-Averau-Nuvolau con gli impianti di Col Galina- Passo Falzarego che oramai ha sostituito per lunghi tratti il sentiero che è stato spianato dalle ruspe cambiando la fisionomia dei luoghi.

C'è un punto in cui alcuni vistosi materassi gialli fasciano una roccia nel timore che gli sciatori, sbagliando la curva, vi possano finire contro, mentre più avanti un ampio ponte scavalca il torrente.

Se devo essere sincero preferivo prima quando c'era solo il sentiero e la zona non era stata manomessa dall'uomo.


 

Intanto la giornata si è ulteriormente ingrigita, la Tofana di Rozes si è definitivamente nascosta e, una volta tanto, si deciderà di rientrare verso la pianura già nel pomeriggio.

Alla Baita arriviamo che il sole fa capolino tra le nuvole e scalda piacevolmente, ma la decisione è oramai presa, unica concessione il rientro per la Val di Zoldo anzichè l'Agordina, con la speranza di fotografare Civetta e Pelmo.

Sua maestà il Civetta non dà udienza e resta nascosto, ammantato da una grigia coltre di nuvole, mentre il Pelmo si concede anche pur se con una cintura di nuvole bianche che ne cinge la massa possente emergente dal bosco.
Un'ultima tavolozza di colori la ammiriamo a Dont, dove alcune caprette bianche pascolano tranquille sotto un albero dalle fronde colorate di molteplici sfumature di verde, giallo e rosso.  

 

 

Alla prossima perturbazione sarà neve, bisognerà cominciare a preparare le ciaspole.

I fotografi dell'autunno in montagna, invece, avranno le prossime due settimane per cogliere gli aspetti più variamente colorati dell'autunno. Buoni "scatti" a tutti loro.

Gabriele Villa

Dolomiti bike-report di inizio autunno 

Sabato 9, domenica 10 ottobre 2010