Al galoppo in Lagorai!

Tranquilli, non mi sono dato all’ippica ….

di Francesco Pompoli


Sono le 6:03 di lunedì mattina, ho appena chiuso la macchina nel parcheggio di Vetriolo Terme dopo un’ora e mezza di guida, da San Martino, durante la quale sono riuscito a farmi venire il mal d’auto!
E’ ora di partire, lasciarsi alle spalle i mille dubbi e buttarsi tutto solo in una grande avventura!
Sulle spalle il mio zainetto Salomon da dieci litri, attrezzatura e vestiario ridotti all’osso, più di 50 km e 5000 metri
di dislivello da attraversare fino al ritorno a casa, a San Martino; in mezzo, la catena del Lagorai con la sua celebre traversata, pochissimi punti di appoggio e quasi tutti non presidiati.
Parto per una sterrata a passo veloce, cercando di mettere in moto i muscoli e sistemare lo stomaco ribaltato dai tornanti; il sole esce dalle nebbie mattutine a Malga Masi, verso il Fravort le mucche appena sveglie mi vedono sbucare nella foschia un po’ perplesse!
 


 

Affronto la cresta verso la prima cima, tra il sole del versante est e le nebbie che salgono da ovest, e la montagna mi regala un fenomeno mai visto prima.
La mia ombra si forma sulle nuvole ad ovest, con un arcobaleno circolare intorno alla mia immagine… mi commuovo, sbalordito, e ringrazio di essere qui, sentirmi bene e godere di tanta solitaria bellezza.
 


 


 

Si continua sul Gronlait, Passo La Portella e Passo del Lago, da cui si scorge il Lago Erdemolo ed il suo rifugio, teoricamente fine della prima tappa della Trans Lagorai.
Sono le 8:30, perfetto!
Ottimo passo e muscoli ormai caldi!
Al Passo incontro un branco di una ventina capre, una di queste mi viene incontro seguita da tutte le altre, corro ma loro mi seguono, scampanellanti, a pochi passi; in discesa incombono su di me, fanno rotolare sassi e quando io freno per salvare le caviglie mi incornano a dovere…
... urlo e agito i bastoncini, ma tutto è inutile…
... accelero in piano, ma pacifiche tengono il mio passo… ... provo il tutto per tutto in salita, tirando al massimo ma loro imperterrite sono sempre attaccate… ... alla fine, col fiatone, mi arrendo!
Sono più forti di me, bello scoprire ogni tanto la propria limitatezza umana!
Riesco a stancarle dopo quasi un’ora, quando mi butto a capofitto in discesa verso il Rifugio Sette Selle.
Arrivo alle 9:30, non sono stanco ma la giornata sarà lunga e decido per una piccola colazione; entro accolto dal sorriso di una bella ragazza, scambio due parole aspettando il caffè fatto con la moka e intanto trangugio una fetta di torta ai mirtilli ed una Lemonsoda, poi devo lasciare la dolce compagnia e riprendere a lavorare di muscoli! Si torna in quota, con una lunga successione di forcelle e belle vallate, e finalmente incontro i primi escursionisti.
Passo per il grande bivacco ANA di Telve, termine della seconda tappa, e proseguo deciso verso l’unico attraversamento stradale di tutto il giro, a passo Manghen.
Arrivo verso le 12:00, entro al bar del Passo ma provo fastidio per l’affollamento, riempio una borraccia, chiedo una Lemonsoda e mi nascondo dalla calca poco sotto il Passo per mangiare il mio panino.
Finora tutto ok, realizzo che probabilmente stasera arriverò al Rifugio Cauriol, sperando in un pasto ed un letto caldo, anche se ancora una idea sul bivacco Paolo e Nicola rimane.
Mi piacerebbe passare la notte in quota, in silenzio e magari vedere l’alba su cima Cece.
Dal Manghen comincia un lunghissimo tratto senza appoggi, tra sentieri militari, forcelle ricche di baraccamenti, bellissimi laghi (Buse, Stellune, Lagorai, Pieroni); gli escursionisti che vicino al Passo erano frequenti (e mi guardavano strano mentre li sorpassavo correndo) diventano sempre più rari, solo qualche zaino con le gambe di chi attraversa i Lagorai con tenda da bivacco e cibo per una settimana.
 


 

Il tempo comincia a peggiorare, nuvoloni neri si addensano sulle cime e alcune nuvole basse si trasformano in nebbia, ma la mia marcia procede anche se il passo non è quello di questa mattina.
E’ ora di stringere i denti, penso alla prossima gara in Valle d’Aosta che è il vero motivo di questo “allenamento”, a come sicuramente sarà necessario resistere nei momenti di stanchezza e continuare a mettere un piede dopo l’altro anche quando ogni forcella invita ad una sosta…
... passato il ricovero Nada Teatin (buco nella roccia nel quale occorre veramente essere in situazione critica per bivaccare!), vedo avvicinarsi sulla carta il Rifugio Cauriol, che però sembra essere stato allontanato di diverse forcelle dato che non arriva mai!
 


 

Sono le 18:00 quando finalmente raggiungo il Passo Sadole, con una picchiata di corsa arrivo in mezzora al rifugio, stanco ma soddisfatto della giornata, con un unico pensiero, anzi due: una birra e un letto!
Al Rifugio Cauriol la doccia fredda, tutto pieno, nessun posto neanche in emergenza….
Chiedo alla malga Sadole, a fianco, e la gentilissima padrona mi mostra la tenda di fortuna che montano vicino alla stalla per i disperati come me e mi invita a chiedere ai compagni di ventura il permesso per aggiungermi…
mi accomodo a terra, all’ingresso, insieme ad altri sei escursionisti che attraversano il Lagorai, entro in malga e ordino una cena immane che divoro sotto gli occhi stupiti di due ragazzi con i quali ho fatto amicizia.
Provo anche un dolce tipico fiammazzo, lo chiamano Fortaie, e mi arriva un enorme piatto di impasto fritto con sopra marmellata di mirtilli rossi: ne cedo due fette agli amici e mi riempio da scoppiare in previsione della tappa di domani!
Situazione notturna: niente sacco a pelo, niente materasso, solo un sacco lenzuolo di seta preso per il rifugio o per le coperte del bivacco… scrocco a due altri escursionisti un esile materassino, dato che loro hanno due materassi, e mi preparo ad un lungo riposo assolutamente senza sonno e con un po’ di freddo:
Anche questo fa parte dell’allenamento, dato che in Valle d’Aosta non si dormirà molto e sarà necessario proseguire anche contro la stanchezza; non bastasse, si mette a piovere per qualche ora fino a smettere poco prima della sveglia, alle 5:45.
Mi preparo in silenzio, mentre gli altri dormono, passo al bar dove il gestore mi concede due chiacchiere, il caffè ed uno strudel prima di andare a mungere, e poi si parte per una ripida salita in mezzo alla vegetazione zuppa d’acqua che mi bagna completamente.
 


 

Il primo sole mi scalda sopra il lago delle trote, poi passo il bellissimo lago Brutto, incastonato tra le rocce sotto il Coltorondo che si rispecchia nelle sue acque, e procedo di passo veloce verso il bivacco Paolo e Nicola.
Qui arrivo verso le 9:30 e mi sembra di essere a Rimini, la forcella è invasa si scout vocianti, zaini immensi, chitarre, tende, taniche d’acqua… fuggo infastidito, ringraziando di non esserci arrivato la notte precedente….
 


Risalgo il vallone di Cima Cece, ammirando le opere militari, il Campanile di Cece con il suo diedro, e incontro in discesa due corridori piuttosto veloci che puntano al Manghen in giornata.
Il primo non mi degna di un saluto, il secondo appena attardato si ferma quando gli chiedo dove arrivano e scambiamo due parole. Raggiunta la cresta di Cima Cece, lascio il percorso per salire la cima, dalla quale si ammira un panorama unico; salita sempre con la neve, non avevo mai apprezzato le incredibili opere militari che portano con una scalinata perfettamente conservata fino alla ripida vetta, e tutte le trincee e tracce di baracche ancora presenti. Da qui si capisce come gli Austriaci tenessero in scacco gli Italiani sul versante sud del Lagorai, si vede per chilometri qualsiasi possibile percorso di avvicinamento e si domina sui sottostanti ghiaioni con un salto di almeno 500 metri. Eppure, gli Italiani riuscirono incredibilmente a salire in vetta e tenerla in scacco per un giorno, respinti poi dai rinforzi austriaci.



Mangio qualcosa godendomi questo panorama scaldato dal sole, poi riprendo il percorso deciso a chiuderlo in giornata. A Forcella Cece incontro un ragazzo ed una ragazza; lui ha due gambe da skyrunner ed un fisico impressionante, lei la maglietta della Lavaredo Ultra Trail di quest’anno ed allora chiedo se l’hanno corsa anche loro… da qui comincia con Silvano una lunga chiacchierata sulle gare in montagna, ne abbiamo diverse in comune e, nonostante la sua modestia, a suon di domande scopro che è arrivato secondo alla Trans Civetta di quest’anno ed ha detenuto il record sul percorso per diversi anni….
Mi adeguo al loro passo godendo di un po’ di compagnia e chiacchiere, quando dopo un’oretta propongono una sosta per mangiare saluto e riparto per la mia cavalcata solitaria; ormai manca poco, arrivo al bivacco Aldo Moro
e lo ricordo sepolto dalla neve l’ultima volta che ci sono stato, (vedi racconto Trans Lagorai ... finalmente!!!), poi
 


rapido verso Forcella Ceremana, Forcella Colbricon e finalmente la discesa sui laghetti!
Qui incontro Toni, guida delle Aquile, con una allucinante comitiva che rotola a fatica giù dal ripido sentiero, cerco di superare questa marea umana in difficoltà fino ad arrivare alla riviera romagnola (OOOPS, no, sono i laghetti di Colbricon alla vigilia di ferragosto!).
Da qui mi butto in discesa verso San Martino, dove appena arrivato mi mangio una coppa di yogurt ai frutti di bosco e vado a scambiare due chiacchiere con Fabri, compagno della Trans Lagorai invernale, al centro visitatori dove lavora.
Sono le quindici, meno di trentatre ore fa ero a Vetriolo Terme e domani ci tornerò in bicicletta, per recuperare la macchina, attraversando il Rolle, la Val di Fiemme, il Manghen, la Valsugana e risalendo di nuovo verso la Panarotta, rimirandomi da sotto la bellezza e la vastità di questo gruppo di rocce porfidiche che amo tanto.
Ho già nostalgia dei bellissimi panorami, sempre simili ma diversi ad ogni forcella, e dei grandi silenzi del Lagorai.
Non credo che mi sentirò mai pronto per la gara in Valle d’Aosta, ma un piccolo passo avanti nella preparazione sento di averlo fatto!
Arrivederci al TdG (Tor des Géants)!
 

Francesco Pompoli
Al galoppo in Lagorai!
San Martino di Castrozza, 16 Agosto 2012
 



Note a margine:
Il percorso della Trans Lagorai è descritto molto bene dalla rivista Meridiani Montagne sul Lagorai - Cima d’Asta e dalla relative cartina. Il percorso è lungo circa 50 km per 5000 metri di dislivello positivo, e richiede mediamente sei tappe per un totale di circa quaranta ore di cammino.
Con tenuta leggera, corsa alternata a camminata veloce ho percorso l’itinerario in due tappe da dieci ore e mezza e otto ore, soste e divagazioni comprese.
Diversi atleti hanno percorso l’itinerario in giornata, il record dovrebbe essere di circa 13-14 ore.