Evvvai ... in 8 giorni 3 gite CAI

di Gabriele Villa

Dicono che il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi...
Non so se c'entri, o che cosa c'entri, con le mie tre gite CAI in otto giorni, ma mi è venuto in mente quando ho constatato che io avevo fatto proposte di gita e dato disponibilità, ma il calendario/programma lo avevano fatto altri. Così ho dovuto prendere atto che in otto giorni mi si concentravano tre gite: avevo fatto le pentole, ma non i coperchi? Boh? Mica sono il diavolo io... Ho solo preso atto che avrei avuto una settimana intensa.
 

Domenica 17 giugno. Uscita del 4° Corso Naturalistico (Boschi e Alberi) del CAI Ferrara  
Alle sei del mattino mi imbarco sul pullman che porterà il gruppo a Malga Fosse, a due passi da Passo Rolle, per dirla con un bisticcio di parole. Da lì partiremo per l'escursione e la giornata è assai promettente.  

Ci accompagna Giovanni Morelli, cha abbiamo "caricato" sul pullman a San Martino di Castrozza.
Lui è un dottore agronomo arboricoltore che si interessa in particolare della valutazione di stabilità degli alberi.
E' arrivato al CAI Ferrara qualche anno fa come allievo di un corso di escursionismo e si è fatto conoscere per la sua conoscenza del mondo vegetale, guadagnandosi il semplicistico appellativo di "alberologo".
Mi sono chiesto più volte (ma non l'ho chiesto a lui) perchè sia passato alla sezione CAI di Argenta, anche se una qualche risposta me la sono data. Per fortuna non ne ha fatto una questione di bandiera e ha continuato a collaborare con il corso Boschi e Alberi, nel quale ha riversato tutta la sua conoscenza, la sua passione, la sue abilità di conferenziere con vocazione di intrattenitore, brillante, arguto, ironico e preparato.
Ora sembra qui di volerne fare un'agiografia, ma chi lo conosce e lo ha ascoltato, sa che così stanno le cose.
Sicché la nostra escursione presenterà parecchie tappe e Giovanni ci spiegherà come hanno fatto alcune piante a sopravvivere e crescere a queste quote (ci muoviamo al di sopra dei 2000 metri), ci farà riconoscere le piante "vetuste" con la corteccia a grandi placche, mostrerà la capacità dei mughi a resistere all'impeto delle slavine piegandosi per farsi scivolare sopra la massa nevosa, ci indicherà le piante sentinella e altro ancora.

Però siamo qui per affrontare anche aspetti geologici, infatti, la gita ha un titolo suggestivo "Arcipelaghi di pietra".
Difficile per me immaginare che qui, qualche milione di anni fa, ci potesse essere il mare, ma riconoscerne le tracce nelle rocce che ci stanno intorno ne è conferma.
Ecco allora che ci fermiamo anche tra i massi, guardiamo sopra di noi la parete del Cimon della Pala, notiamo tracce fossili nei sassi che troviamo tra l'erba, immaginiamo scenari di ere geologiche lontane milioni di anni, un metro di misura che la mente (almeno la mia) fatica a comprendere.

Allora viene spontaneo cercare qualche fossile nei sassi che si trovano lungo il nostro sentiero.
Lo faccio anch'io e metto nello zaino il mio piccolo reperto geologico che guarderò a casa con calma.
Non è niente di particolare: si tratta di uno strato di argilla pietrificata su cui si è saldato uno strato di spessore più grande di arenaria.
Come fosse una "foto di pietra", testimonianza del lento deposito avvenuto nel tempo di qualche decina di migliaia di anni, la mia fantasia la utilizza per immaginare lagune primordiali, un ambiente idilliaco che probabilmente non corrisponde affatto alla realtà, ma che a me piace ugualmente pensare così. 
Questo "sasso" rappresenta solo un piccolo flash, una porzione quasi insignificante rispetto al tempo geologico totale della Terra, ma sento che guardando l'enorme parete del Cimon della Pala, ben altre sensazioni mi vengono alla mente osservando l'enormità degli strati geologici che solcano orizzontalmente la parete. 

No, credo proprio che non avrei potuto intraprendere studi geologici, l'enormità del tempo geologico mi fa pensare all'insignificanza temporale della vita umana, alla sua brevità ineluttabile.
Che sia forse perchè della mia ne ho già consumato un buon tratto? L'idea mi trasmette un poco di inquietudine.

Lo sguardo cerca tranquillità guardando la catena delle Pale di San Martino, la mente si riscalda al pensiero delle scalate su alcune di quelle cime che osservo con occhio affettuoso. Intanto, siamo arrivati nel punto più alto della nostra escursione di oggi ed è pure il momento di consumare il pranzo al sacco e riposare un pochino.

La pausa dura quasi un'oretta, poi ripartiamo per scendere tranquillamente verso il fondovalle.

Il pomeriggio sarà meno impegnativo didatticamente, potremo godere la parte "bucolica" delle Pale di San Martino, camminando tra prati fioriti, poi per sentieri pietrosi, incontrando pecore al pascolo, anche quelle nere.
Avvistiamo pure l'uomo nero, ma non è quello delle favole che spaventa i bambini, tutt'altro, questo sorride spesso (anche se non sempre si vede) e fa fotografie.

Arriveremo prima a Colverde, poi scenderemo un tratto per la pista da sci, fino ad imboccare il sentiero nel bosco che ci condurrà ai Prati Col, poco distanti dall'abitato di San Martino dove troveremo il pullman e terminerà la nostra escursione. Ci giriamo a guardare il punto più alto raggiunto nel nostro giro di oggi e proseguiamo.

Il giro ci concede anche la vista delle orchidee e si capisce perchè le chiamano "scarpette della Madonna".
L'attraversamento del torrente ispira a qualcuno l'idea di un pediluvio rinfrescante. Oramai manca poco.

Usciamo dal bosco arrivando su prati verdi bellissimi e, guardando indietro e in alto, ci sovrasta il circo di rocce del gruppo di Val di Roda. In questo dualismo tra prati e fiori con il grigio delle rocce dominanti si nasconde molto del fascino del gruppo delle Pale di San Martino di cui oggi abbiamo potuto approfondire aspetti sconosciuti ai più.


Giovedì 21 giugno. Gita del gruppo Seniores del CAI Ferrara al Sass de Formedal (Val di Zoldo)
Con i "ragazitt" del gruppo Seniores non facciamo nemmeno l'appello prima della partenza del pullman: dieci minuti prima dell'orario di partenza sono tutti a bordo e basta contare il numero dei presenti: di solito ci sono tutti.
Partenza alle sei e trenta da Ferrara, arrivo a Forcella Staulanza alle dieci, pronti per l'escursione, alle dieci e quindici, con tempo buono.

Il sentiero è il n° 472 che conduce al rifugio Venezia, un percorso classico molto frequentato e ben mantenuto.

Le uniche piccole problematiche vengono da qualche attraversamento di valloni sassosi e giusto un "guado" che, visto il ritardo dell'estate, si presenta con qualche centimetro di acqua da passare in equilibrio sui sassi.
Qualcuno si impegna, come da mia raccomandazione, altri, visto che di acqua non ce n'è poi così tanta, tirano di lungo e vanno direttamente a bagno con gli scarponcini che ... "tanto sono di gore-tex".  
Faccio la mia rampogna di rito, ma è una formalità che viene accolta con risate divertite. Vabbè ...

Arriviamo nei pratoni dei Làch e ci concediamo la foto di gruppo in un tripudio di fiori.
Intanto le nuvole si stanno addensando sul Pelmo, ma restiamo tranquilli e fiduciosi in quel 20% di probabilità di pioggia pomeridiana che annunciavano le previsioni.

Deviamo a destra per il sentiero n° 499, all'inizio con un poco di difficoltà in quanto questa è zona di pascolo e le mucche hanno "macinato" con gli zoccoli un bel tratto di sentiero.
Arriviamo così alla dorsale erbosa che, in leggera discesa, ci porterà sulla cima del Sass di Formedal.
Man mano che si restringe la dorsale diventa aerea e induce all'attenzione; un breve tratto interrotto da un piccolo salto di roccia viene superato di slancio dai primi, poi fissiamo una corda come corrimano per chi ne sentisse la necessità. La cima è cento metri più avanti, una specie di balcone sulla bassa Val di Zoldo e sull'abitato di Coi.   

Purtroppo il tempo in peggioramento ci nega i panorami ed è un vero peccato perchè sarebbe stato il "piatto forte" della gita, proprio per l'effetto di inaspettata sorpresa che offre questa cima raggiunta addirittura in discesa.
Solo il vicino monte Penna si lascia vedere nella sua interezza, ma è decisamente cima secondaria.
Ci concediamo meno di mezzora di pausa pranzo perchè il meteo sta virando al brutto e la pioggia incombe.

Quando partiamo inizia a piovere, c'è chi passa veloce il passaggio di roccette in cui abbiamo fissato lo spezzone di corda e chi invece si ferma a indossare la mantellina; procediamo veloci per tornare ai Làch.

Fortuna vuole che piove non troppo forte e per poco più di un quarto d'ora, poi si rasserena, mentre assistiamo a temporali ben più forti nella zona del Civetta, poi sul Bosconero e all'Antelao che oggi non siamo riuscite nemmeno a vedere, sempre nascosto tra le nuvole. Il gruppo si rilassa, anche troppo, poi imbocchiamo la discesa verso Palafavera e caliamo velocemente verso il termine della nostra gita. 

Nonostante qualche inaspettato inconveniente, come la suola di uno scarpone che "divorzia" dalla tomaia e due paia di quadricipiti che lanciano segnali di cedimento, si arriva al pullman giusto in tempo per sfuggire all'arrivo imminente dell'ultimo temporale della giornata. Siamo costretti ad annullare il gelato a Forno di Zoldo e un poco dispiace, ma il rammarico più grande per me sarà non avere potuto godere di quei panorami che le nuvole pomeridiane hanno negato e che, per i partecipanti, avrebbero costituito il valore aggiunto della gita. 


Domenica 24 giugno. Gita CAI Ferrara al Belvedere di Mezzodì, passando per il rifugio Sora 'l Sass
Ecco arrivare finalmente il momento di una gita cominciata ... due anni prima, quando con entusiasmo e anche curiosità l'avevo proposta per il programma 2017. I dodici iscritti cui eravamo arrivati avevano fatto naufragare le aspettative e solo la voglia di quei pochi iscritti aveva fatto decidere di effettuarla ugualmente, però con le auto.
Poi una previsione meteorologica da "nubifragio" imminente aveva obbligato all'annullamento.
Riproporla senza l'uso del pullman e per un gruppo ristretto di partecipanti non era così scontato, ma avevamo voluto credere che da una delusione potesse nascere un'opportunità: inserire nel programma sezionale una gita da farsi con le auto con pochi partecipanti per un'escursione in un ambiente "selvatico" e poco frequentato.
Ed eccoci qui in Val Pramper, saliti con le auto per la prima parte della valle fino ai 1.200 metri di Pian de la Fopa.

Alla fine, al netto delle due rinunce dell'ultimo momento, siamo in tredici e ... possiamo partire.

Il sentiero è subito aspro, essendo tra i mughi e sul fondo di un torrente che va ad infilarsi in un canale degli Spiz di Mezzodì che appare senza via d'uscita. Infatti, per proseguire dovremo superare la sua parete di sinistra che è attrezzata con un cavo metallico cui potersi agganciare per sicurezza.

Fervono i preparativi per preparare i dispositivi per l'autoassicurazione e tutti vengono controllati, soprattutto quelli che si affidano al cordone e ai relativi nodi che ... chissà quando è stato che hanno fatto l'ultimo?
Qui il dissipatore non è obbligatorio in quanto non è ferrata, ma sentiero attrezzato. Infine ... si parte.

In fase di controllo non era sfuggita un'imbragatura con degli "strani" cosciali; si trattava, in effetti, di una pettorina presa per sbaglio e adattata alla bisogna. Vabbè, visto il contesto ... si fa passare anche questa.
Si inizia a salire per superare il salto di rocce che ci porterà di sopra, sora 'l sass, detto in dialetto veneto.

L'allegria non manca e si scherza piacevolmente; si comincia anche a godere dell'ambiente di Val Pramper.

Una traversata con saliscendi ci porterà in breve al Rif. Sora 'l Sass - Angelini, dove faremo una breve pausa.

Il rifugio Sora 'l Sass - Angelini si trova in un angoletto di paradiso. Studiamo la carta, decidendo che al ritorno scenderemo ancora per il tratto ferrato, in tre decidono di "preservarsi" rimanendo lì a riposare, gli altri si preparano per proseguire fin su al Belvedere di Mezzodì, balcone panoramico sull'intera Val di Zoldo.

Il sentiero è tipico di queste zone, ripido, con fondo ghiaioso, in mezzo ai mughi e di conseguenza faticoso.
Sono quattrocento metri per guadagnare il Belvedere, mentre il panorama già comincia a rivelarsi.

 

Facciamo subito la foto di vetta, perchè vetta è anche se baranciosa e si respira soddisfazione.

Il Pelmo si mostra nella sua imponenza, mentre gli Sforniòi e il Bosconero tengono in testa il cappello di nuvole.
Peccato, ma intanto pensiamo alla discesa che, se in salita era faticosa, in discesa diventa insidiosa.

Ci sono alcuni punti in cui l'idea di scivolare ti fa pensare che potresti arrivare direttamente a fondo valle, ma si tratta solo di aumentare l'attenzione e "giocare" un poco di equilibrio sul fondo sassoso. Poi i mughi lasciano il posto ai faggi e ritorniamo all'idilliaco spiazzo erboso del rifugio Sora 'l Sass, dove ci concediamo una pausa. 

Torniamo ad indossare le imbragature e ci mettiamo sulla via del ritorno. Ora siamo di nuovo in tredici.

Io continuo a fotografare perchè mi piace quando tutti ridono allegramente al rientro da un'escursione.
In effetti, oggi si è sempre respirato un buon clima, quasi festoso, con buone sinergie tra noi.

Anche nella discesa attrezzata i timori, che erano serpeggiati in qualcuno quando si era deciso di tornare da qui, svaniscono, mescolandosi alla soddisfazione per questo percorso forse un po' fuori dai canoni, ma in cui nonostante non si sia nemmeno arrivati ai 2000 metri di quota, la montagna si è fatta "sentire".
Qualcuno confessava, alla fine, che il sentiero di discesa dal Belvedere era stato più impegnativo del tratto ferrato e non era certo un'assurdità, solo la conseguenza di un percorso vario di situazioni, nessuna particolarmente difficile, solo diverse tra loro, alcune delle quali poco praticate. Beh, questo era proprio l'intento iniziale nel proporre questo tipo di gita: una montagna meno spettacolare, forse, ma molto ricca di insegnamenti.
A me piace pensare ad una "terra di mezzo" tra escursionismo e alpinismo, essendo a volte l'uno a volte l'altro.
Il luogo ideale per imparare facendo, per formarsi di certo più che frequentando una palestra di arrampicata.

Un ultimo sguardo al gruppo degli Spiz di Mezzodì, luogo selvaggio come oramai pochi altri delle Dolomiti.
Con la gita di oggi siamo andati poco oltre la zona basale, i cosiddetti "zoccoli" delle montagne, ma ugualmente ne abbiamo avuto forti sensazioni, condividendole. Abbiamo fatto anche qualche progetto per il prossimo anno, qualche nome di ferrate, di cime, di luoghi. Ci ha stimolato un po' di voglia ed è già un buon segno.
Adesso però mi serve una pausa di riflessione (e di riposo) dopo le "3-gite-CAI-in-8-giorni", il tempo per lasciar decantare le tante diverse emozioni, tirare delle conclusioni là dove servono e poi ... si vedrà.  

Gabriele Villa

Evvvai ... in 8 giorni 3 gite Cai
Val Pramper (Dolomiti di Zoldo), dal 17 al 24 giugno 2018
 


Un grazie a Roberto Belletti per alcune belle foto della gita a Sora 'l Sass - Belvedere di Mezzodì.