Obelix e l'albero

Dedicato a chi crede che l'uomo possa vincere su tutto

di Maurizio Caleffi



Questo breve racconto non parla di montagna o di imprese alpinistiche; le considerazioni che ognuno può trarre da questo episodio possono però essere spunto per un leale rapporto con essa, con la natura e, quindi, con tutte le cose della vita.

Un’indimenticabile giornata di fine estate alle Tre Cime di Lavaredo. Mauri, qualche giorno prima, con il solito giro di telefonate riesce ad accordare gli impegni di fine settimana di altri due carissimi amici, compagni di cordata di vecchia data: Riki, acciaccato dai continui mal di schiena ma con una classe tale che vederlo arrampicare sembra per lui cosa naturalissima. Davide, detto Obelix per la sua mole imponente, forza fisica e bontà d’animo, tenuto lontano dalla passione della montagna da continui impegni di lavoro.
Tutti e tre vengono da un’estate di completa inattività e alla richiesta di Mauri di salire alla Torre Grande per la Via Normale, accettano con entusiasmo. Tutto si svolge regolarmente e con un poco di fatica a causa dello scarso allenamento. Ci rimane anche lo spazio per un piccolo intervento di soccorso ad una cordata che, a causa dell’oscurità, si era persa a poche decine di metri dalla fine della discesa.
Sono le 22,30 e i tre amici decidono di fermarsi all’enoteca di Domegge per bere e mangiare qualcosa: erano partiti alle 5.30 di mattina da casa e a parte una colazione, qualche manciata di frutta secca con crakers e cioccolata e due litri di acqua, i loro stomaci non avevano visto altro.
Seduti al tavolo dell’accogliente locale a Davide viene in mente di raccontare la sua esperienza vissuta qualche giorno prima. Gli viene chiesto di abbattere un albero, e più precisamente un cipresso che, a detta del proprietario, era ormai di intralcio. La cosa può sembrare strana a gente di città come noi, ma Obelix, che di lavori di fatica se ne intende, accetta e attrezzato di motosega, corde e tutto il necessario si appresta all’opera.
Bisogna dire che non era nemmeno la prima volta che si prestava a questo lavoro, e quindi il giovane boscaiolo aveva già in mente tutte le tecniche necessarie affinché il taglio della pianta avesse un buon esito.
L’albero era molto alto, con una chioma ancora folta ed era a ridosso del muretto di cinta che delimitava la proprietà, aldilà del quale passava una linea elettrica per l’illuminazione pubblica.
Per prima cosa Obelix decise di sfoltirne la chioma per alleggerirne il peso, e per farlo fino al punto più alto possibile si aiutò con un ponteggio. Finita questa operazione veniva necessario affrontare il taglio del tronco principale facendo attenzione di impostarlo in modo che l’albero cadesse nella direzione voluta, ovvero non verso il muretto di cinta e la linea elettrica.
Il buon Obelix impostò il lavoro eseguendo una prima incisione nel tronco nel quale inserì dei cunei: successivamente si preparò alla seconda metà del taglio, ma quando la lama della sega stava già divorando il legno del povero cipresso incredibilmente e inaspettatamente si alzarono delle raffiche di vento che fecero oscillare tutta la pianta.
Immediatamente Obelix si fermò in attesa che il vento cessasse, ma non solo ciò non avvenne, anzi l’intensità aumentò fino ad avvertire i primi scricchiolii nel tronco. Il pericolo era che il cipresso, sospinto dal vento, cadesse proprio nella direzione del muretto. Il suo peso avrebbe potuto danneggiarlo e soprattutto avrebbe sicuramente tranciato la linea elettrica pubblica. Subito Obelix pensò all’unica cosa da fare, ovvero legare con una corda l’albero dalla direzione opposta per evitarne la caduta. L’operazione venne eseguita tempestivamente e, complice il fatto che in quell’istante anche il vento sembrò perdere la sua energia, Davide riaccese la motosega per terminare l'opera.
Quando si tagliano tronchi così grossi si sa che la lama spesso non termina la sua corsa nell’esatto punto del taglio opposto ed infatti un leggero diaframma di legno, spesso poco più di un centimetro, teneva vincolato il cipresso alle sue radici. Proprio in quel momento critico il vento si alzò ancora in raffiche molto forti e il tronco incominciò a scricchiolare in modo sinistro. Immediatamente Obelix e il proprietario del giardino afferrarono la corda che sosteneva il cipresso e tentarono con tutte le loro forze di dirigere la caduta nella direzione voluta: ma il vento non li aiutava, anzi spingeva nella direzione opposta.
Nel lungo minuto che seguì questo incredibile tiro alla fune, i due giustizieri dell’albero vennero duramente messi alla prova dalla forza del vento: le loro voci concitate simili ad urla ben poca cosa erano a confronto del rumore del vento che spingeva su quello che rimaneva del povero cipresso. Il tronco della pianta si fletteva e dalla ferita del taglio sgorgavano scricchiolii sempre più acuti. Nei pochi istanti in cui il vento dava tregua, i due boscaioli sembravano averla vinta sulla pianta, ma quel piccolo diaframma di legno che ancora la teneva solidale al terreno non voleva cedere.
Infine il colpo del KO: un ennesima folata di vento fece piegare, questa volta per sempre, il povero cipresso verso il muretto. Quell’ultimo centimetro di tronco si spezzò con uno schiocco deciso: nulla poterono i due boscaioli, per quanto robusti fossero, e nemmeno la corda anch’essa ancorata ad un altro tronco.
Fortunatamente il muretto resse all’impatto, ma ovviamente non la linea elettrica che venne spazzata via dalla caduta. Dopo un primo momento di imbarazzo, Obelix riaccese subito la motosega per eliminare quell’imbarazzante prova della loro impotenza.
Agli operai dell’ENEL che sopraggiunsero per la riparazione della linea, fu riferito che il cipresso cadde a causa del vento: una bugia per evitare oltre al danno la beffa di dover pagare la riparazione.
Alla fine del racconto gli amici pensarono che quell’albero forse non doveva essere tagliato e sicuramente l’accaduto dimostra che quel povero cipresso condannato a morte dal suo proprietario si è difeso fino alla fine. Cadendo, aiutato dal vento, suo amico, sembra che abbia gridato:
...Bastardi!!! Volete che io muoia!… E allora cadrò dove voglio io e non dove volete voi!”.
Ancora una volta una lezione alla presuntuosità dell’uomo!

M.Ice

25 settembre 2003