La via Normale allo Schenon del Latemar
di Roberto Belletti
Fra i luoghi che preferisco visitare, in montagna, mi piacciono in modo
particolare quelli isolati e al di fuori dalle principali rotte
escursionistiche.
Quei luoghi dove a fine giornata hai incrociato al massimo due o tre
persone in tutto.
E in quelle rare occasioni ti sei fermato volentieri a parlare con
queste persone, scambiando qualcosa di più che un rituale saluto,
contento di condividere la meraviglia di trovare un altro essere umano
in un posto così remoto.
Il Latemar è così.
Ha poche possibilità di accesso mediante gli impianti di risalita e
offre pochi punti di appoggio (solo un piccolo rifugio e due bivacchi in
tutto il gruppo), così resta estraneo alle processioni che si formano
sugli itinerari più noti.
Lui se ne sta in disparte rispetto agli altri gruppi vicini più
frequentati, un po’ come se si nascondesse. Forse proprio per questi
motivi non l’avevo mai notato durante le mie precedenti visite alla Val
di Fassa.
Attratto da gruppi più famosi come il Catinaccio, il Sassolungo, la
Marmolada, non avevo mai fatto caso al Latemar fino a quest’anno.
L’idea nasce proprio da quelle parti, ma con tutt’altre intenzioni.
Le previsioni del tempo sono poco favorevoli, e allora decidiamo per
un’escursione facile e veloce al Labirinto del Latemar con partenza da
Passo Costalunga.
Il Labirinto del Latemar è un percorso privo di difficoltà che si snoda
attraverso enormi blocchi di roccia, residui di una antica frana sotto
alle pareti nord del Latemar. E’ un labirinto dove è impossibile perdere
la strada, ma ci si perdono invece volentieri i pensieri, lasciando la
mente piacevolmente libera e leggera, come solo certi luoghi in montagna
sanno fare.
Partendo da Passo Costalunga, l’escursione è anche decisamente breve e
quindi decidiamo di allungarla un po’ passando per Prato Latemar, un
bellissimo alpeggio in quota.
Ed è proprio scendendo da Prato Latemar verso il Labirinto, che faccio
l’inattesa conoscenza con la Forcella Piccola.
Qui l’ambiente è splendidamente selvaggio e c’è un bel canalone che mi
attira in un modo che ho imparato a conoscere oramai da un po’ di tempo.
Oggi non è la giornata giusta per salire, e infatti da lì a poco
inizierà il diluvio, ma decido che prima della fine delle vacanze la
Forcella Piccola s’ha da fare.
Così, sapendo poco o nulla sul Latemar, mi documento e scopro che
proprio da Forcella Piccola si potrebbe passare per raggiungere la cima
dello Schenon, la seconda elevazione in ordine di altezza di questo
gruppo (la prima è il Cimon, che è più alta di qualche decina di metri
ed è raggiungibile dalla ferrata dei Campanili).
La salita alla forcella e la successiva lunga traversata ne
costituiscono l’isolata via normale, che propone tratti di sentiero
segnato alternati a brevi arrampicate di I grado.
Ora, studiato l’itinerario, non resta che attendere il giorno adatto.
L’occasione giusta arriva, ed è rappresentata da una bella giornata
settembrina.
Di quelle frizzanti, che ti fanno lacrimare per il freddo (+1°C in valle
al mattino e la prospettiva dello zero termico a 2300 metri), ma con il cielo
terso e completamente privo di nuvole. Implicita promessa di
un’escursione priva di patemi legati al meteo.
E così eccomi ancora a Passo Costalunga, con l’intenzione, finalmente,
di andare a vedere da vicino com’è fatto, questo Latemar.
Si parte dal Passo (quota 1745 metri), ove ci sono ampie possibilità di
parcheggio, e si imbocca il sentiero 17, una strada sterrata in
direzione Forcella Latemar.
La strada sale senza eccessive pendenze fino ad arrivare a Prato Latemar
(quota 1900 metri), verde alpeggio con bei panorami su Masarè e Roda de Vael.
Si attraversa il prato su sentiero in direzione di una croce con
panchina, in corrispondenza della quale c’è un bivio.
Qui si prosegue
sul sentiero 18A che rientra nel bosco, attraversa un cancelletto e con
una breve discesa in obliquo porta al canalone che scende dalla Forcella
Piccola.
Ora inizia la salita a destra del canale (sentiero 18, indicato come
“Sentiero difficile”).
Il sentiero risale con numerosi zig-zag un
costolone erboso e roccioso, con pendenze mai eccessive.
Ogni tanto
qualche breve salto roccioso invita all’uso delle mani, comunque il
percorso rimane privo di particolari difficoltà.
Mano a mano che si sale avvicinandosi alla forcella, l’ambiente muta il
proprio aspetto e si fa sempre più aspro. Devo dire che il tracciato è
veramente ben concepito. Sfrutta tutti i punti “deboli” in modo da
passare per i tratti più agevoli e sicuri.
Circa un centinaio di metri sotto alla forcella c’è il passaggio più
impegnativo, una divertente paretina di qualche metro di arrampicata di
I grado.
Superata la paretina si incomincia a intravedere la parte finale della
salita sotto alla Forcella Piccola del Latemar e in breve si raggiunge
la forcella (quota 2526 metri).
Qui, finalmente, lo sguardo è libero di spaziare in tutte le direzioni.
L’aria cristallina e la totale assenza di nuvole di questa giornata sono
condizioni ideali per ammirare e fotografare il panorama da questo punto
privilegiato. Dalla forcella si prosegue seguendo sempre il sentiero 18.
Si risale un ghiaione obliquando verso destra per aggirare uno spigolo,
al di là del quale il versante sud del Latemar si svela in tutta la sua
interezza.
Qui inizia la lunga traversata, in leggera salita, che porterà fino alla
cima dello Schenon.
La parte iniziale è molto semplice, niente di più che un sentiero a
mezza costa, solo a tratti leggermente esposto. Ma la reale
conformazione del versante, fatto di un susseguirsi di canalini e
costoloni, le Gole Negre, che vanno attraversati uno a uno, non tarda a
manifestarsi.
Ogni attraversamento è caratterizzato da brevi passaggi di arrampicata
in salita e in discesa di I grado o al massimo di I grado superiore,
intervallati da tratti di sentiero più o meno esposto.
I passaggi più
pericolosi sono attrezzati con un cavetto metallico dall’aspetto
decisamente “nuovo” e della cui presenza non avevo letto nelle
relazioni.
La difficoltà resta sempre abbastanza contenuta, ma c’è spesso
esposizione sufficiente a non lasciare dubbi sull’esito di una
scivolata. Quindi questa traversata va affrontata con il giusto livello
di attenzione e di prudenza.
La traccia è ben segnalata da bolli rossi e ometti e segue un percorso
molto logico, per cui, in condizioni normali, non presenta particolari
problemi di orientamento.
Canalino dopo canalino si giunge infine a una forcelletta nei pressi
della cima, con vista notevole degli strapiombi sottostanti.
Ancora alcune roccette un po’ esposte, evitabili, volendo, al prezzo di
una sensibile perdita di quota, e si raggiunge la facile dorsale di
ghiaie che porta all’ampia vetta dello Schenon (quota 2791 metri).
Dalla cima vale la pena di fare una breve digressione seguendo una larga
cresta che porta alla croce.
Qua c’è il libro di vetta protetto da un contenitore con curioso
meccanismo di chiusura e si può godere di una bella vista sui Campanili
e sul bivacco Rigatti, che si trova proprio qua sotto.
Di fronte a noi, oltre la Forcella Grande, c’è il Cimon con la sua forma
caratteristica.
Rientro alla cima, che è una distesa di ometti di sassi con ogni forma e
dimensione, tanto da dare l’impressione, da lontano, di essere affollata
di gente.
Invece ci sono solo io, e me lo godo in completo silenzio questo Schenon
del Latemar. Bella cima di questo gruppo che ho per così tanto tempo, e
a torto, trascurato di visitare.
Il ritorno avviene seguendo lo stesso itinerario dell’andata e con il
medesimo livello di difficoltà.
Giunti nuovamente a Forcella Piccola, per il rientro conviene imboccare
il sentiero 517B, molto più agevole da percorrere in discesa rispetto al
sentiero 18.
La parte iniziale è piuttosto ripida su zolle ed erba, fino a un vallone
dove la pendenza diminuisce.
Superato un breve salto roccioso (I grado) si raggiunge il versante est
della Cima delle Pope.
Il sentiero ora traversa in obliquo, consentendo
di ammirare proprio sopra di noi una distesa di ardite guglie di roccia
chiamate “Le Pope”, ispiratrici di una curiosa leggenda locale.
La discesa continua su prati fino alla Baita Valacia, simpatica
costruzione di tronchi. Qui si entra nel bosco e in breve si raggiunge
la strada sterrata che riporta al Passo Costalunga, chiudendo così il
giro.
Alla fine sono soddisfatto di questa salita e di aver fatto per la
prima volta la conoscenza con il Latemar.
L’ambiente selvaggio che ho
trovato alla Forcella Piccola, i panorami, la lunga traversata fino allo
Schenon e la discesa sotto alle “Pope” hanno riempito la giornata di
belle sensazioni.
Ma la cosa che più mi ha colpito di questo gruppo è il senso di
isolamento che mi ha trasmesso per tutta l'escursione.
Ed era esattamente
quello che cercavo.
Roberto Belletti
La via Normale allo Schenon del Latemar
Alba di Canazei, settembre 2015
Nota della redazione.
Le fotografie del Labirinto sono di Giovanni Londei.
Le altre foto sono di Roberto Belletti.
La leggenda delle bambole (le “Pope”) del Latemar
C’erano una volta alcuni pastorelli che portavano il loro gregge a
pascolare sulle verdi distese di Prato Latemar.
Una sera d’estate, ormai stanchi dalla giornata, iniziarono a radunare
il bestiame per rientrare a casa, ma proprio in quel momento passò di lì
un uomo anziano che aveva perso il suo coltello.
Questi chiese ai bambini se l’avessero trovato, ma loro non avevano
visto nulla.
Allora l’uomo si allontanò triste verso il Latemar.
Ma da lì a poco, la più piccola, Minega, vide tra i fiori un coltello
dal manico dorato e si affrettò a rincorrere l’uomo per ridarglielo.
La gioia del vecchio fu così grande, che promise alla bambina di
soddisfare un suo desiderio.
Minega allora disse che desiderava tanto
una bambola.
“Bene. - disse il vecchio - Torna qui domani insieme agli altri bambini e
io vi mostrerò una schiera di bambole. Potrete scegliere la più bella.
Ora non c’è più tempo, devi andare in fretta a casa perché si fa sera e
con il buio le streghe cattive scendono giù dalle rocce”.
La bambina s’incamminò veloce verso casa, ma per strada incontrò una
forestiera e le volle raccontare la sua avventura.
Al termine del racconto, la strana donna le disse: Sei una bambina
fortunata! Conosco quel vecchio, è molto ricco e ha tante bambole con
vestiti di seta e altre con vestiti di broccato e con le corone d'oro.
Se domani dovesse presentarti soltanto le bambole con i vestiti di seta,
non devi accontentarti, ma devi dire,
“Pope de preda con strazze de
seda, ste lì a vardar el Latemar!”.
Il giorno dopo, Minega e gli altri pastorelli ritornarono al Latemar e
appena arrivati all’alpeggio udirono un forte rumore provenire dalle
rocce.
Alzarono gli occhi e videro aprirsi un pesante portone, dal quale
improvvisamente uscì un corteo di bellissime bambole con abiti di seta
bianca, gialla e rossa.
I bambini rimasero a bocca aperta a guardare, cercando la bambola più
bella, ma Minega non seppe accontentarsi e iniziò a recitare la frase
suggerita dalla forestiera.
Non appena ebbe terminato di pronunciare la parola “Latemar”, sentì un
sibilo provenire dalla montagna e dal bosco giunsero risate cupe.
Le bambole s’irrigidirono all’istante, trasformandosi in pietra.
Oggi sono ancora lì, e nei giorni d’estate si possono veder brillare
alla luce del sole gli splendidi vestiti di seta colorata delle bambole
di pietra del Latemar.
(Tratto dalla rete a cura dell'autore).