Colbricon Piccolo, sensazioni grandi

Note circa la via normale al Colbricon Piccolo dei Lagorai

di Gabriele Villa


Visto da Passo Rolle o dai pressi dei laghetti, il Colbricon Piccolo appare davvero tale, ma la prospettiva inganna, perchè con i suoi 2.511 metri ne rende solamente 91 al suo fratello maggiore che appare, per contro, molto più alto e imponente, godendo dei favori del primo piano.
Questo è il motivo principale per cui si è attirati dal Colbricon Grande (personalmente l'ho salito quattro volte), anche perchè con la sua forma piramidale appare "più montagna" del Colbricon Piccolo che essendo invece  "allungato", per gli opposti motivi, è diventato una meta classica molto frequentata dagli scialpinisti.
Eppure ... eppure, proprio quella lunga bastionata rocciosa che pare difendere l'accessibilità alla cima dai desideri dell'escursionista, ne aumenta l'attrazione, o almeno così è successo a me ogni volta che l'ho guardato dalla cima del Colbricon Grande e mi ero detto che prima o poi ci avrei provato e non certo da scialpinista, non essendolo.
Ci voleva una vacanza in Val di Fiemme per riuscire nell'intento, e dopo vari giorni in cui il meteo aveva regalato giornate fredde, con vento, spesso nebbie e tanta pioggia, (in perfetta sintonia con quest'ultima estate anomala) ecco finalmente la giornata buona, proprio l'ultima della vacanza.

Ci sono le premesse per un interessante fuori traccia
La cartina che mi ha lasciato Elisa (la 014 della Tabacco, Val di Fiemme - Lagorai - Latemar) arriva a descrivere la catena dei Lagorai fino alle cime di Bragarolo, lasciando fuori le cime di Ceremana e i Colbricon, ci vorrebbe la 022 con le Pale di San Martino, ma già con la 014 si può notare che alle Buse dell'Oro, dove c'è una baita della Forestale e parte la via normale al Colbricon Piccolo, non vi è segnata alcuna traccia di sentiero.
La cosa è confermata dalla cartina Lagorai - Cima d'Asta di Meridiani Montagne (1:30.000) che contiene tutta la catena dei Lagorai e non riporta alcuna traccia di sentiero e nemmeno la baita della Forestale. 
Ci vorrebbe la guida Lagorai - Cima d'Asta della collana Monti d'Italia di TCI e CAI, firmata da Mario Corradini; quella è del 2006 ma, naturalmente, come succede quasi sempre, l'ho lasciata a Ferrara.
La scarna documentazione di cui dispongo viene integrata da una coppia di amici ai quali avevo confidato le mie intenzioni: lei, scialpinista, conferma di essere salita alla cima con gli sci e che la traccia passava per la baita alle Buse dell'Oro; lui, buon conoscitore dei Lagorai, assicura che una traccia di salita abbastanza evidente dovrebbe arrivare su per la dorsale settentrionale e che lì ci si arriva con un sentiero che parte da Malga Colbricon.
Domattina si parte, nessuna cartina nello zaino, informazioni scarne ma con alcuni punti precisi: partenza da Malga Rolle, passaggio dai laghi di Colbricon, Malga Colbricon, Buse dell'Oro e poi su da qualche parte cercando (e sperando) di trovare una traccia di passaggio. Le premesse per un interessante "fuori traccia" ci sono tutte.  

Diario di escursione: l'avvicinamento al Colbricon Piccolo
Anche ieri ha piovuto, la mattina e una buona parte del pomeriggio; visto che c'è il sole, finalmente, non c'è fretta nell'alzarsi e partire per dare modo ai sentieri di asciugarsi un poco. Ovviamente si farà più fatica a trovare posto nel parcheggio di Malga Rolle, ma alla fine, un po' ai margini e di sghimbescio, ecco sistemata anche l'auto.
Alle 10:50 si parte per il tratto "super turistico" dell'escursione perchè, fino ai laghetti di Colbricon, è un superare una fila di vacanzieri, quelli con i bambini che... "stai attento ai sassi", "non correre che sudi", "fermi che vi faccio una fotografia", passeggini, cani al seguito, bastoni da passeggio (sì, proprio bastoni) e tante altre cose ancora.

Quasi mezzora dopo, alle 11:20, presso i laghetti, scatto una fotografia all'ultima rappresentanza "turistica", una famigliola tipo con padre che appuntisce il suo bastone con un temperino, mamma grassottella indaffarata a vestire la figlia che... "qui tira vento" e cagnolino bianco al seguito, in perfetto "stile Dudù". Dopo arriviamo prestamente al Passo di Colbricon e poi giù ancora verso la vecchia Malga Colbricon che raggiungiamo alle 11:45, trovando il cartello indicatore del sentiero per le Buse dell'Oro che la cartina Tabacco riporta con tratto nero.

In effetti, è discretamente segnalato all'inizio con tratti e bolli rossi, poi rimane solo la traccia e qualche palo indicatore, tre in tutto fino alle Buse dell'Oro, un pratone verde intriso di acqua, attraversato il quale, si raggiunge la baita della Forestale. Sono le 12:50, abbiamo camminato due ore esatte, guadagnando appena 150 metri di dislivello: siamo a 2.045 metri e la cima si trova a 2.511, cioè a poco più di un'ora e mezza di salita.   

Escursionisti fai da te? Ai Lagorai? ... ahi, ahi, ahi ...
Le due ore di camminata sono servite per aggirare il Colbricon Piccolo, passando dal versante est a quello ovest. Ora siamo all'ultimo punto conosciuto, anche se soltanto per "sentito dire", ma almeno le indicazioni che mi hanno dato corrispondono con ciò che abbiamo incontrato fin qui. Di cartelli che indichino un sentiero per la cima nemmeno l'ombra e, del resto, non c'è nemmeno il sentiero... come fa ad esserci un cartello che lo indichi?
Non conosco la montagna, ma pensando alla bastionata di porfido che si allunga sul suo versante est penso che ci dovrebbe essere un lungo piano inclinato fino alla cima e un valloncello sembra indicarne il punto di accesso.
Le tracce sono abbastanza vaghe, all'inizio solo erba calpestata, ma almeno il cielo è rimasto sereno e sono le 13:00, solo qualche nuvola dall'aspetto bonario macchia l'azzurro: se resta così ci si può provare.

Procediamo sempre per erba, il bosco è rado e una vaga traccia sale tra sassoni di varie dimensioni.
Ci vogliono venti minuti di cammino per trovare il primo ometto di sassi, e pure un po' malconcio, per cui provvedo subito a consolidarlo aggiungendo qualche pietruzza e costruendone a fianco uno un poco più piccolo.
Più avanti si vede una traccia che vira verso destra, probabilmente è fatta da camosci, per cui mi fido a seguirla, certamente porta in alto, tra le rocce che offrono posti per nascondersi per sfuggire alla vista dell'uomo.

Così raggiungiamo una vallettina nella quale la traccia prosegue, anche se in maniera discontinua e, su verso l'alto, si vede qualcosa che assomiglia a una cima, ma è sicuramente troppo presto perchè sia la nostra vetta.
Probabilmente è un'anticima o un rilievo della cresta, però osservo che il tavolato che mi aspettavo di trovare è molto più ampio di quanto pensavo e che forse siamo andati troppo verso destra. 

Comunque il panorama si allarga e compare il massiccio della Marmolada imbiancato dalla nevicata dei giorni scorsi.
Non c'è traccia di anima viva sulla montagna, eppure ... sembra quasi di essere in compagnia.
E la compagnia, in effetti, c'è davvero o, per meglio dire, c'è "qualcuno" che osserva attentamente le mosse di ospiti forse non del tutto desiderati in quel territorio così selvaggio e silenzioso.      
Chissà se ci vuole indicare la via di salita? Di certo da dove si trova lui, capiremmo meglio dove stiamo andando, su quella montagna che appare assai più vasta di quanto ci si sarebbe potuto immaginare.
Dunque, puntiamo alla cresta e poi faremo il punto della situazione: sono le 13:35, c'è tutto il tempo, anche perchè il cielo si mantiene bonario, perchè se così non fosse, senza segnali, senza sentiero, senza punti di riferimento, su una montagna che non conosci... sarebbe dietro front immediato.     

Sono le 13:50 e, finalmente, arriviamo sulla cresta: facciamo un ometto va', nel punto dove siamo sbucati.
Possiamo vedere la catena dei Lagorai che si snoda verso occidente; ne sono uno scarso conoscitore, ma penso che dovremmo avere di fronte le cime di Ceremana, ma soprattutto da qui possiamo e renderci meglio conto della nostra posizione sulla montagna, che non è così certa come vorrei che fosse.
C'è da salire ancora ad una sommità che però non può essere la cima: è troppo verde per essere 2.511 metri.
Mi sono chiesto tante volte perchè non mi sono mai comprato un altimetro, di certo non da polso, visto che non porto nemmeno l'orologio, ma almeno uno di quei "cipolloni" che, in situazioni come questa, sarebbero tanto utili!

La traccia prosegue a fil di cresta ed è anche un poco esposta, di sicuro fatta dai camosci; continuo a salire, però guardo sempre più spesso verso sinistra per valutare la possibilità di traversare, perchè sarebbe inutile arrivare su una anticima e dovere poi tribolare per scendere, magari anche per un terreno scosceso.
Alle Buse dell'Oro mi ero dato le 15:00 come orario di arrivo in vetta e le 16:00 come massimo del tempo oltre il quale invertire la rotta in ogni caso. Ora sono le 14:00 e il cielo rimane sereno, solo cosparso di nuvole bonarie che lo chiazzano di bianco, ma io vorrei sapere dove mi trovo esattamente e se ce la farò ad arrivare sulla cima, perchè mi si insinua qualche dubbio. Lo spettacolo intorno e all'orizzonte è davvero magnifico.

Mi decido a traversare decisamente verso sinistra e non devo spostarmi nemmeno tanto per vedere oltre il colle erboso che copriva la vista ed ecco apparire la cima, questa sì sassosa, spoglia di vegetazione e ... lontana.
La prima reazione è di delusione e non ho nemmeno la voglia di fotografarla, tanto appare lontana.
Tra noi e la nostra agognata meta c'è un largo vallone, giù in basso e ora mi appare finalmente chiara la conformazione della nostra montagna: è fatta come un grande ferro da stiro che finisce a punta, con una base molto ampia. A differenza dell'attrezzo per stirare non ha la gobba convessa, ma una pancia concava formata dal vallone e così mi rendo conto che non avremmo dovuto traversare verso destra per salire alla cresta, perchè le creste sono due ed abbiamo di certo allungato il percorso per la cima.

Decido di traversare decisamente e, a malincuore, perdere quota verso il vallone, anche arrampicando a ritroso sui massoni più grandi in una specie di labirinto, ma alla fine risulta anche divertente, soprattutto quando, alle 14:30, metto i piedi sull'erba del vallone principale, quello che conduce, dritto dritto, alla cima. 
Ora è tutto chiaro e c'è solo da camminare con la voglia di arrivare al punto culminante del Colbricon Piccolo.

Che emozione affacciarsi sopra la bastionata est e guardare verso Passo Rolle, individuare Malga Rolle da dove siamo partiti, i laghetti di Colbricon incalzati dalle nuvole che risalgono dalla valle del Primiero. 
Sono gli ultimi metri di salita, già si intravvedono gli ometti della vetta e da dietro emergono le cime del Colbricon, quello più alto e importante, ma al quale il Piccolo non ha molto da invidiare in quanto a panorama.

Sono le 14:50, quattro ore giuste dopo la partenza da Malga Rolle e nonostante la "deviazione" sulla cresta occidentale, ma non rimpiango la mezzora probabilmente persa, anzi, consiglierei a chi sale di prendersi il tempo per quella variante sicuramente più spettacolare della salita in fondo al vallone che porta alla cima.

La sosta in cima dura solo quindici minuti, perchè sembra che le nuvole da sud stiano montando e scurendosi ed è meglio essere prudenti. Se dovessi dare un consiglio a chi sale al Colbricon Piccolo, direi proprio di non farsi prendere dai panorami e nemmeno di farsi attrarre dai tanti ruderi e fortificazioni di guerra, ma per primissima cosa, dalla vetta guardare verso valle e individuare il percorso di discesa prendendo dei riferimenti precisi.

Solo dalla cima, infatti, si vede bene tutto il percorso di discesa ma, soprattutto, si ha il riferimento preciso delle Buse dell'Oro, la conca prativa dalla quale siamo partiti e alla quale bisogna puntare per ritornare indietro. 
Appena scesi di una cinquantina di metri già la conca non è più visibile e si rischia di smarrire la direzione.
Per il resto la discesa è molto godibile, varia e con angoletti idilliaci, anche con tante conchette erbose piene d'acqua presso le quali vi potrebbe capitare di incontrare i camosci che vanno ad abbeverarsi.

Io ho avuto la fortuna di vederne una coppia, ma non avevo la macchina fotografica pronta e mi sono dovuto accontentare di guardarli un attimo prima che scomparissero con un'agilità che sempre sorprende.
Ho camminato continuando a guardarmi intorno, ma ... nulla, eppure mi pareva di sentirne la presenza, un poco come era successo in salita con quello che ci osservava dall'alto.

Alla fine l'ho visto e fotografato, seppur da molto lontano, immobile sul profilo della cresta orientale.
Il caso ha voluto che una piccola nuvoletta bianca fosse proprio dietro la sua sagoma, facendola risaltare.
Effetto bellissimo, quasi fosse un fotomontaggio.

Completiamo la nostra discesa ritornando sui prati delle Buse dell'Oro, in un paesaggio da cartolina.
Tiro fuori i bastoncini dallo zaino perchè oggi il mio ginocchio ha battuto il record di durata dopo l'infortunio di fine maggio e non vorrei abusare. La stanchezza comincia a farsi sentire, ma bisogna non darle retta.

Una passeggiata di due ore e un quarto ci riporta a Malga Colbricon, poi al Passo Colbricon, poi ai laghetti e, infine, all'auto presso Malga Rolle in un silenzio che, paragonato alla confusione di gente della mattina, fa sembrare i luoghi perfino diversi. E' stata davvero una bellissima giornata e un'escursione "fuori traccia", anche per scelta, che mi ha regalato intense sensazioni.
Penso proprio che continuerò a non usare l'altimetro, a non portare le cartine topografiche, a "impossessarmi" del territorio con gli occhi e l'attenzione di tutti i sensi e, dovesse capitare di essere costretto a rinunciare o a mancare una meta, so che, ugualmente, non sarà stata una giornata buttata via, ma ugualmente assaporata.

Gabriele Villa
Colbricon Piccolo, sensazioni grandi
Malga Rolle. (Lagorai), domenica 24 agosto 2014


Qualche nota tecnica a cura dell'autore

Colbricon Piccolo (2.511 metri)

Culmina presso la Forcella di Colbricon e si dirama verso NNE e NW con due dorsali rocciose che precipitano, con evidenti pareti, all'esterno dell'ampio, roccioso e sassoso piano inclinato settentrionale.

Vista dall'alto questa cima è simile all'ampia prua di una nave che spinge la sua punta contro gli scogli del Colbricon.

Via normale da Nord.
Dalla Malga Colbricon (1.838 metri) per sentiero (prati) alle Buse dell'Oro e di seguito per il pendio settentrionale del monte stando sul ciglio orientale. Difficoltà EE.

Guida dei Monti d'Italia
LAGORAI - CIMA D'ASTA
(Marco Corradini)
Edita dal TCI-CAI nell'anno 2006.