Un itinerario "fuori traccia" alla cima Loschiesuoi del Cernera

di Gabriele Villa


Era arrivato il mese di ottobre e i colori dell'autunno cominciavano timidamente a farsi vedere. La giornata pareva bella, ma l'estate ci aveva insegnato a diffidare, perchè troppe volte eravamo partiti con il sole per trovarci dopo poche ore in mezzo alla nebbia, o sotto la pioggia o sotto il ticchettio dei chicchi di grandine sulle ghiaie.
Gli amici, invece, erano arrivati puntuali sul piazzale del rifugio Fedare, poco prima delle dieci, e dall'auto avevo visto spuntare più teste di quante me ne aspettassi: erano in cinque invece di due, doveva esserci stato un buon passa parola.
Il caffè al rifugio Fedare è diventata una consuetudine che si è andata consolidando in anni di arrampicate nei dintorni, vuoi sulla Croda Negra, o sull' Averau, sul Nuvolau, Passo Giau e zone limitrofe. Dopo ci eravamo trasferiti in auto al Passo Giau, iniziando i preparativi per arrivare alla nostra meta di giornata, la cima Loschiesuoi nel gruppo del Monte Cernera, montagna poco conosciuta, ma che nasconde itinerari appartati per chi ama andare fuori dai sentieri frequentati e non gradisce il sovraffollamento degli itinerari più famosi.
Quest'anno, in particolare, è rimasta la neve a riempire quasi tutto il canalone che sta tra la cima Loschiesuoi e il massiccio del Cernera, una strato che arriva a superare anche i due metri in certi punti e che, con le temperature basse della strana estate appena trascorsa e anche del periodo di inizio autunno, si è mantenuto compatto e ben ramponabile. L'avevo salito la settimana precedente, poi le foto messe in rete avevano fatto da "esca" per un paio di amici e così, a distanza di soli sette giorni ... eccomi pronto a rifarlo con loro.

Nella preparazione per l'escursione questa volta era compresa anche la regolazione dei ramponi, ma tutto pareva procedere velocemente, così ben presto siamo stati pronti a partire.
Il primo tratto di sentiero, fino ad arrivare alla forcella Col Piombin, al mattino di certi giorni d'agosto sembra accogliere una processione di escursionisti, di gruppi variegati e vocianti, di famigliole con bambini al seguito.

Adesso non c'è nessuno, ma ugualmente anche in agosto, una volta imboccato il sentiero alpinistico del Cernera, basta procedere per cento metri e già ci si trova nel silenzio, anche perchè il sentiero si presenta subito con qualche roccetta oltre la quale va soltanto l'escursionista che ha cognizione di causa e una meta ben precisa.
Dopo si procede più speditamente, anche se non proprio con le mani in tasca, senza perdere né guadagnare dislivello, solo con qualche piccolo sali scendi, qualche ghiaione da scavalcare e una traccia abbastanza evidente.
Bisognerà avere preso qualche riferimento dal Passo Giau al fine di iniziare a salire verso il canalone nel punto giusto, perchè non ci sono né cartelli, né segni, ma solo qualche labile traccia di passaggio.

Comunque non bisogna avere fretta di iniziare a salire e un riferimento potrebbe essere un grande arco naturale verso il quale si sale per poi lasciarlo sulla destra e salire verso sinistra su una traccia ora più evidente.
Traccia che porta all'imbocco del canale vero e proprio, per subito scomparire, dopo avere indicato la direzione.  

Oramai però non si può più sbagliare e, salendo per sassoni e pietrisco, si arriva al canalone vero e proprio che ora si allarga e ci accoglie con un bel ghiaione di stampo classico; se si è fortunati lo si vedrà tutto fino su alla forcella, altrimenti ci si accontenterà di intravvederlo tra le nebbie come abbiamo dovuto fare noi. 

Beh, a questo punto, se vi siete portati i ramponi sarà ora di metterli e al contempo vi scapperà un pensierino di ringraziamento sia alla nebbia che al freddo (c'erano sei gradi sopra lo zero quel giorno) perchè la consistenza della neve sarà perfetta per regalarvi una salita di grande divertimento e nessun patema d'animo, anche se non siete gran che esperti o, come qualcuno tra noi, avete preso i ramponi a prestito.    

A metà canalone c'è il punto dove abbiamo trovato il maggiore spessore di neve, ma non bisogna dimenticare che, in estati normali solitamente la neve si scioglie tutta; infatti, quest'estate è la prima che ha lasciato intatta questa bella possibilità di salita con piccozza e ramponi, già l'anno scorso il canale era innevato solo in qualche tratto.
Sul bordo del pendio di neve si può provare a "giocare" un poco superando il margine ripido in salita e discesa, un modo semplice per aumentare la confidenza con i ramponi e provare i vari utilizzi della piccozza. 

Il pendio ora diminuisce la sua pendenza, poi man mano che si riprende a salire torna a farsi ancora ripido e la lingua di neve si restringe, cambiando in maniera significativa la sua inclinazione.

Prima di arrivare sul tratto più ripido i meno esperti si faranno spiegare il passo incrociato e così, man mano che la ripidità aumenta avranno modo di sperimentarlo in modo da non tentennare sulle ultime decine di metri.

Se avete fatto tutto bene arriverete all'ultima lingua di neve sorridenti e un po' vi dispiacerà che stia per finire.

 

A quel punto noi siamo saliti in ordine s(com)parso per l'ultimo tratto di ghiaione e poi per l'abbastanza evidente traccia di sentiero fino a raggiungere la forcella Possoliva, mentre ancora la nebbia la faceva da padrona.

La forcella si affaccia sulla Val Fiorentina, ma noi non vediamo nulla, però è meglio così in modo da non farsi impressionare dal ripido versante mentre si traversa per roccette e si risale un ripido pendio fatto di sassi ed erba, una specie di grande cono verde che costituisce la cuspide sommitale della cima Loschiesuoi.
Come ombre nella nebbia facciamo l'ultimo tratto verso la cima e, ancora una volta, il panorama è a 0° gradi.

Naturalmente non mi ero dimenticato dell'iniziativa del CAI Ferrara "Quota 3000 ... e dintorni", così mi ero portato il piccolo treppiede e la "secondaria" cima Loschiesuoi, con i suoi 2.623 metri, è entrata di buon diritto in bacheca.
Siamo al freddo e in mezzo alla nebbia che non ci fa vedere nulla di quello che c'è intorno, ma si respira ugualmente soddisfazione e si vedono facce sorridenti perchè questa volta, più ancora di altre, si è apprezzato il "fuori traccia", ovvero il "come" si è arrivati piuttosto che il "dove". E' da un anno che questo gruppetto di amici, più o meno numeroso, ama cimentarsi con quello che, all'inizio scherzosamente si era definito "fuori traccia"; se n'era parlato molte volte di un escursionismo che andasse oltre i sentieri segnalati, un po' con la voglia di scoprire, un po' con quella di mettersi alla prova e se possibile migliorare.
La salita alla cima Loschiesuoi, nella sua varietà di terreno affrontato, neve compresa, ha finito con il rappresentare una specie di banco di prova o, per meglio meglio dire, una conferma della reale "crescita" di capacità ed esperienze che tutti i componenti del gruppetto hanno dimostrato di avere avuto.
Visto che un appassionato di questi luoghi e di queste montagne ha avuto di recente la bella idea di portare un contenitore e un quadernetto di vetta su questa cima, è venuto spontaneo scrivere proprio sulle sue pagine anche per dare "ufficializzazione", con la salita a cima Loschiesuoi, della costituzione del nostro gruppetto che in amicizia va per monti.
Ma è presto il tempo di riporre quadernetti, treppiedi, digitale e ammennicoli vari per concentrarsi sulla discesa.
Ripercorriamo il ripido prato, ritraversiamo con prudenza alla forcella, scendiamo la parte alta del ghiaione e, con un certo piacere, rimettiamo i ramponi per ripercorrere il tratto innevato del canalone.

Arriva per noi il premio di una schiarita che durerà comunque assai poco, ma almeno ha il pregio di farci capire e vedere dove siamo stati e cosa c'era intorno e sopra e sotto di noi.

In un'ora e mezza siamo fuori dal canalone e ritroviamo le labili tracce di sentiero percorse al mattino e torniamo a congiungerci con il sentiero per il Monte Cernera che, visto adesso dopo tutto quel "fuori traccia", appare ai nostri occhi comodo quasi come una strada forestale.
"Volendo - butto lì quasi con indifferenza - la cima del Cernera è a poco più di un'ora da qui...".
Non se lo fanno ripetere; cinque minuti per legarsi un cordino in vita in modo da avere una prudente possibilità di assicurarsi sui tre brevi e facili tratti ferrati e siamo già in marcia carichi di entusiasmo.

Poco più di un'ora e arriviamo in cima, subito dietro ad un ragazzo che ci ha superato di passo svelto con il quale scambiamo quattro chiacchiere: ci dice che pratica scialpinismo ed è di Selva, paese che, se non ci fosse la foschia, si vedrebbe giù sotto in Val Fiorentina dalla cima su cui siamo.
Così capiamo la ragione del suo passo svelto, un poco meno ci spieghiamo il motivo per il quale più volte si complimenta con noi; forse è perchè qualcuno gli ha detto che siamo stati anche su cima Loschiesuoi e di certo gli sembrerà strano la nostra voglia di salire le sue montagne di casa, solitamente ignorate dagli escursionisti che prediligono il più vicino e comodo richiamo del Piz del Corvo e dell'amena valle di Mondeval.
Gentilmente si presta a scattarci una foto, mentre il diradarsi della foschia ci regala un poco di sole.

Non rimane che scendere e rientrare al Passo Giau dopo questa giornata davvero intensa e varia: abbiamo calcolato di avere superato almeno 900 metri di dislivello in salita e altrettanti in discesa, abbiamo percorso sentieri di tutti i tipi e anche lunghi tratti senza tracce, abbiamo risalito e disceso il bel canalone pieno di neve con ramponi e piccozza, abbiamo raggiunto due cime appartate e un po' selvagge.
Ci sono mancati i panorami, nemmeno il tramonto ci ha regalato un'immagine limpida, ma non siamo malati di estetismo, oggi si mirava principalmente a fare un'esperienza "fuori traccia" e l'ambiente ammantato di foschia ha creato maggiore suggestione, così forse abbiamo guardato meno in giro, ma abbiamo potuto ascoltare noi stessi, assaporando meglio le tante sensazioni vissute.

Gabriele Villa     
Un itinerario "fuori traccia" alla cima Loschiesuoi del Cernera
Passo Giau, domenica 12 ottobre 2014


Nota della redazione
Le foto che accompagnano il testo sono di Gabriele Villa, Chiara Tivelli e Alessandro Zerbini.