Un selvaggio Viàz sugli Sforniòi del Bosconero
Storia di cenge, ghiaioni, canaloni e altro ancora
di Gabriele Villa
Sopra l'alta Val di Bosconero gli Sforniòi dispiegano a ventaglio le
ampie pareti occidentali e formano come un settore di anfiteatro: le
gradinate sono le banconate rocciose, che lunghe cenge arcuate in serie
disegnano da un estremo all'altro, in parte integre e continue, in parte
diroccate e discontinue, ma sempre con chiara evidenza della
stratificazione del monte. Anche l'increspatura del sipario o
pieghettatura del ventaglio, o - se si vuol continuare la similitudine
ora detta di un anfiteatro - i corridoi e le scalette di connessione fra
un gradone e l'altro, sono in gran numero e il giro del sole le mette
più o meno in luce.
Giovanni Angelini (Alcune postille al Bosconero - Le Alpi
Venete 1978)
Sfornioi: dall'indifferenza alla fascinazione
Tra la fine degli anni '80 e i primi dei '90, avevo fatto qualche
capatina nel gruppo del Bosconero, salendo il Sassolungo di
Cibiana, l'avantorre di Campestrin, concupito l'anti spigolo del Sasso
di Bosconero (senza trovare il compagno giusto per salirlo) e agli Sforniòi
avevo girato intorno da Forcella Cibiana, per Forcella de le Ciavazòle,
per la Forcella del Matt, risalendo il versante di Campestrìn, Forcella
Bella e, infine, ritornando a Cibiana.
Erano per me gli anni "furenti" delle scalate e le montagne le guardavo
da arrampicatore, le valutavo per la verticalità della roccia, per le
linee evidenti di salita, per gli strapiombi; le vie normali erano solo un
passaggio inevitabile e obbligatorio per tornare a valle, avevo imparato
a percorrerle per necessità e non per interesse.
In conseguenza gli Sforniòi, allora, non li avevo considerati granché,
erano stati solo una grande massa di roccia attorno alla quale avevo
dovuto girare, ricordando le forcelle, piuttosto che le rocce
soprastanti.
Chi poteva pensare che sarebbero passati venticinque anni per riuscire a
guardarli con occhi diversi, scoprirne in pieno il fascino, conoscerne i
"tesori" alpinistici nascosti tra quelle loro cenge, sopra i canaloni,
scavalcandone le forcelle più impervie apparentemente irraggiungibili?
Perchè succedesse ci sarebbe voluta la fortunata casualità di un'amicizia recente con un "local",
profondo conoscitore dei luoghi e dei percorsi più selvaggi, di una compagnia
"giusta", anche se casualmente formatasi, e di una parola dal sapore
"magico": Viàz.
L'anfiteatro roccioso degli Sforniòi offre nel suo settore
settentrionale, cioè nella facciata coronata da due cime (Sforniòi Nord
e Sforniòi di Mezzo) e da due esili pinnacoli ornamentali sulla cresta
che le congiunge, un tragitto per una serie di cornici o cenge di grande
interesse anche alpinistico: il Viàz del Fong (o Fonk = fungo).
Il nome deriva da un roccione conformato a guisa di un fungo (visto dal
basso), che è il punto di riferimento più caratteristico per iniziare la
discesa e la traversata, per chi provenga dalla bella agevole cresta
arcuata, con cui lo Sforniòi Nord va declinando a Ovest verso Forcella
de le Ciavazòle. Non è possibile accertare se questa traversata, la
quale congiunge, senza rilevanti difficoltà e con raffinata intuizione,
tre versanti della barriera montuosa (Sforniòi, Bosconero, Campestrìn),
sia stata scoperta in epoca più o meno remota: i cacciatori di una certa
età ed esperienza di Fornesighe conoscono bene il Viàz e ne hanno
sentito parlare dai loro padri.
Giovanni Angelini (Alcune postille al Bosconero - Le Alpi
Venete 1978)
Dal paesino di Fornesighe alle cenge del Viàz del Fonch
Quando Pompeo De Pellegrin mi portò il numero de Le Alpi Venete del 1978 e
cominciai a leggere, iniziai a capire perchè la sua prima proposta di
escursione da fare assieme nel fine settimana fosse proprio il
Viàz del Fonch.
Tra le pagine della rivista c'era la storia delle montagne del
Bosconero, ma anche racconti di cacciatori, proprio quelli che, alla
ricerca di animali da cacciare, camosci in particolare, avevano scoperto
quei percorsi di avventura, contribuendo fattivamente alla conoscenza
delle loro "crode" e, perchè no?, allo sviluppo dell'alpinismo.
Personaggi divenuti quasi mitici, dai soprannomi spesso curiosi,
testimoni di una vita risalente ad oramai due secoli orsono, uomini
protagonisti, come scrive intelligentemente Giovanni Angelini, "di
una caccia ai limiti fra bisogni e istinti ancestrali e impulsi di una
vita libera e ardimentosa, spesso solitaria, in territorio e circostanze
di straordinari disagi e non lievi pericoli, comunque spesso senza
rapporto con l'entità della preda".
Cosa c'entrasse con tutto questo il mio amico Pompeo, creativo
falegname-restauratore, talentuoso mascheraio intagliatore del legno,
dall'aspetto mite e riflessivo, non mi era ben chiaro, fino a che,
mostrandomi la rivista, aveva fermato la punta dell'indice su una
foto in bianco e nero, dicendo: "Questo è il mio bisnonno, Andrea."
Avevo colto, finalmente, il filo conduttore della sua passione e conoscenza dei Viàz,
al resto ci avrebbe pensato il caso nel corso della settimana: lui che
invita Mirco, un amico di Padova, escursionista solitario con cui aveva
fatto conoscenza pochi mesi prima; io che invito Teddy, amico bellunese
assieme al quale ci eravamo ripromessi di compiere un'escursione insieme
proprio in quei giorni di vacanza e che, in seguito, con il consenso di
Pompeo, aveva aggregato altri due amici, al momento della partenza
divenuti tre. Ora mancava solo la giornata giusta di tempo stabile e,
dopo alcuni giorni di piogge quotidiane, arrivò anche quella, e proprio
il sabato. Era fatta!
Tanto per cominciare sono 700 metri di dislivello in salita
Gli orari li stabilisce Pompeo e tutti arrivano puntuali, uno da Padova,
quattro da Belluno e tre da Fornesighe.
Si lascia un'auto a Pontesèi, al parcheggio da dove parte il sentiero
per il rifugio Bosconero e, con le altre due auto, ci si porta alla
Forcella Cibiana, alle ore 7:45 tutti con gli zaini in spalla.
La tabella CAI indica un'ora e quindici minuti per Forcella Ciavazòle ma,
nonostante i miei tentativi di fare un passo "normale", (anche in virtù
del titolo di "più anziano" del gruppo prontamente affibbiatomi da
Pompeo), arriviamo in un'ora alla forcella e in un'altra mezzora alla
croce di cresta dello Sforniòi Nord a quota 2.250 metri o poco più.
Ero conscio che lì era terminata la parte più faticosa, stava però per
cominciare quella più impegnativa.
La conferma arriva poco dopo, nel momento in cui
Pompeo, nei pressi di un evidente ometto di sassi, ci dice:
"Ecco, si
scende da qui." Sotto, si vede un'esile traccia tra erba e
ghiaietto e tanta ripidità.
Si scende obliquamente verso Sud; solo un corto salto richiede vera arrampicata ...
Il primo tratto di discesa è assimilabile a tracce di un sentiero ripido e sassoso, poi compaiono roccette con detriti e da ultimo ci si affaccia su un salto di roccia dentro una specie di camino-diedro che, visto da sopra, fa un poco pensare, poi gli si prendono le misure e, sfruttando buoni appigli, ci si cala per qualche metro per ritornare sul tracce di sentiero. Come dice correttamente la relazione, il salto richiede "vera arrampicata".
Dopo circa 200 metri di discesa si incontra una serie trasversale di cenge ...
Avevo letto la relazione del percorso del Viàz del Fonch su "Pelmo e Dolomiti di
Zoldo", di Giovanni Angelini e Pietro Sommavilla, sulla guida dei Monti
d'Italia del CAI/TCI: otto righe per descrivere il percorso fino
all'attacco del Viàz e dieci righe per raccontarne la prima metà fino
alla Forcella dantre Sforniòi.
Sufficienti appena a capire l'ambiente in cui ci si può trovare, a
intuire l'esistenza di un percorso più o meno logico, alla necessità di stare concentrati
e localizzare gli ometti di
sassi che indicano la direzione.
Proprio per questo il venerdì sera avevo sottoposto Pompeo ad una specie
di terzo grado per capire di più, non delle difficoltà tecniche quanto
del rapporto del percorso con il "vuoto diretto", perchè un conto è
arrampicare su roccia solida e legati con la corda, altro è muoversi su
roccette e cenge friabili slegati e senza possibilità di errore.
Alla fine, nonostante il suo ripetuto "ma non ci sono problemi",
avevo deciso di portarmi nello zaino uno spezzone di corda e il minimo
indispensabile per poter improvvisare un'assicurazione per eventuali tratti
esposti.
Lungamente in direzione SE passando per la forcelletta a monte di una
torretta ...
Forcelletta e torretta
le ho messe a fuoco, una volta tornato a casa, guardando le foto scattate, perchè in
escursione ero attento soprattutto a dove mettere i piedi e alla
solidità del terreno sul quale li posavo.
Una sensazione strana, inusuale ... scattavo le foto attratto
dall'inquadratura, ma senza farmi coinvolgere più di tanto per non
allentare la concentrazione, prendendo atto della disabitudine a questo
tipo di difficoltà, tipica di noi arrampicatori della pianura oramai
troppo abituati alle palestre di arrampicata e alle falesie di bassa quota.
Con lievi saliscendi ... fino al canalone occidentale di Forcella
dantre Sforniòi
Avere in questi luoghi un accompagnatore è certamente assai meglio
che avere una relazione cartacea, oltretutto di poche righe, e la presenza di Pompeo tranquillizzava
tutti, anche i più esperti bellunesi, adusi a questo tipo di percorso
che rientra nella loro abituale attività di escursionismo, spesse volte
esplorativo.
A dire il vero mi stavo tranquillizzando pure io, non solo per avere una
valida guida, ma perchè in quei primi tre quarti d'ora di percorso non avevamo
trovato passaggi esposti da impressionare e nemmeno discontinuità
delle cenge e nei tratti con roccette, finché ecco Pompeo, di là di
una cengia interrotta, che mi chiede: "Cosa dici qui?"
Do un'occhiata sotto e, anche se qualcuno di noi è già passato, tiro
fuori la corda, cordini e moschettoni dallo zaino, àncoro un capo della
corda e la lancio al di là dove gli amici penseranno a fissare l'altro
capo.
Passiamo più tranquilli quel passaggio che si rivela un poco "rognoso" e
senza nemmeno perdere troppo tempo.
La relazione è finita ... andate in pace alla Forcella dantre Sforniòi
Non ci sono altre parole nella relazione su "Pelmo e Dolomiti di Zoldo" a descrivere l'ultima parte del percorso per
arrivare alla forcella, non resta che procedere individuando gli ometti e
seguendo le tracce, in un saliscendi di cenge quasi sempre friabili, risalendo un canalone per un centinaio di metri con
all'inizio un tratto di arrampicata di II grado, poi con altri
passaggetti più facili e, infine, calandosi per sfasciumi alla
forcella.
Ci si trova nel cuore della montagna esattamente tra lo Sforniòi di
Mezzo e
lo Sforniòi Sud, nel punto in cui si passa dall'avere attraversato il versante occidentale
dello Sforniòi Nord (lato Bosconero) al versante orientale dello
Sforniòi Sud (lato
Campestrìn).
L'ambiente è di una bellezza selvaggia e ci si può considerare a metà
della nostra escursione, sempre che non si sia dei "locals" bene allenati, ma
penso che è meglio non pensarci e rimanere concentrarti che da fare
ce n'é ancora.
Intanto ci si cala nel canalone tra sassoni, roccette e qualche
piacevole ghiaione regolare, a guadagnare la cengia mediana dello
Sforniòi Sud, prosecuzione ideale del Viàz del Fonch.
Sulla cengia orientale mediana dello Sforniòi Sud
All'inizio, uno sperone panoramico dà la sensazione di uscire dai meandri
rocciosi della montagna, ma basta fare pochi metri per vedere con
cosa si avrà ancora a che fare, probabilmente per un altro paio d'ore.
E si riprende il saliscendi di cenge con un lento ma continuo declinare
verso il verde della valle; se nella prima metà del percorso si aveva la
sensazione di "entrare" nella montagna, ora si ha la sensazione (o la
speranza?) di poterne uscire, anche perchè "qualcuno", (sarà l'età?)
comincia ad essere stanco e il ritmo un poco rallenta.
I bellunesi (Denis, Teddy, Rudi, Mariano) scalpitano, sono ben allenati,
Mirco, Rita e io siamo in coda, mentre Pompeo continua nella sua ricerca
del percorso che, in alcuni tratti, risulta tutt'altro che evidente.
Ci pensa un ometto "traditore" ad attirarlo in un canale che risulterà
interrotto: Pompeo non riconosce il luogo, non vede la traccia, né una
cengia; cerchiamo insieme senza trovare la soluzione.
In due risalgono
il canale ed è Denis ad intravvedere più in alto alcuni ometti di pietra.
Come un segugio Pompeo torna indietro a sua volta e riprende la traccia
giusta, mentre Rudi demolisce l'ometto ingannatore, i cui sassi rotolano
a valle con gran fragore, giù per il canale.
Riusciamo a vedere in lontananza la forcella che ci consentirà di andare
verso il canalone della Val del Matt, dove il Viàz del Fonch va a
terminare, ci rimane da superare un'ultima cengia esposta e non
banale e una paretina di bella roccia dal sapore di III grado, per quel
che vale la misura della difficoltà in un contesto del genere.
Il premio per noi consisterà in dieci minuti di pausa per poter, finalmente,
mettere qualcosa sotto i denti.
A mezzogiorno e un quarto ripartiamo scendendo l'altro versante della
forcella del Col Alt, sulla quale abbiamo sostato, poco sotto superiamo
un ultimo saltino di roccia e andiamo ad imboccare una cengia prativa,
ricca di mughi, che punta dritta al canalone che sale alla Forcella del
Matt, la quale separa il Sasso di Bosconero dagli Sforniòi che abbiamo
attraversato con il Viàz del Fonch. Dal canalone ci rimarranno 150 metri
di dislivello da risalire per arrivare alla Forcella del Matt, 600 metri
in discesa per poter arrivare al Rifugio Bosconero e altri 600 metri
sempre in discesa per raggiungere il parcheggio di Pontesèi dove abbiamo
lasciato l'auto stamattina.
Alla fine saranno nove ore esatte per l'escursione, comprensive di un
totale di cinquanta minuti di soste.
Te vedarà ... el sarà un ricordo che el te durerà tutt l'invèrn, ladù a Feràra
Devo un grandissimo e affettuoso grazie a Pompeo De Pellegrin senza il quale
non avrei potuto vivere, né raccontare, questa bellissima e appagante
esperienza alpinistica ... "fuori traccia di sentiero, alla ricerca
delle tracce degli antichi cacciatori che cercavano a loro volta di
seguire le
tracce lasciate dai camosci per sfuggire, nascondendosi all'interno
della montagna, tra le cenge, gli anfratti, i canaloni che abbiamo
visto, conosciuto e attraversato".
Gabriele Villa
Viàz del Fonch (attraverso gli Sforniòi) sabato 22 agosto 2015
Nota a cura dell'autore. Un ringraziamento particolare a
Mirco Benvenuti per alcune sue immagini a completamento e
integrazione della documentazione fotografica.