Sul monte Petorgnòn, tra alberi sradicati e con la neve di maggio

di Gabriele Villa


Si può salire su una montagna facendo del "fuori traccia" anche se la traccia c'è ed è numerata come sentiero?
La mia risposta è affermativa e mi basta fare un nome, Petorgnòn e dire un numero: 535.
Il Petorgnòn fa parte di quelle cime che vengono definite con il termine "montagne minori", arriva nemmeno a quota duemila perchè si ferma a 1.914 metri, fa parte del Costòn de la Gardesana e in essa si confonde.
Ma non bisogna farsi ingannare, anche perchè il sentiero n° 535 che porta alla cima partendo dal Col de Michiel, è per la seconda metà a puntini rossi, ovvero "sentiero difficile con segnavia" (per esperti).
Chi ha un poco di esperienza escursionistica sa che significato dare alla classificazione, aggiungo solo che è un percorso da non prendere sotto gamba, ma che vale tutta la fatica necessaria a guadagnare la cima.
Mi è piaciuta una frase che ho trovato in rete a descrizione del Petorgnòn: "Vista la modesta elevazione non è una montagna imponente o maestosa, ma ha molto da offrire, infatti, è uno splendido pulpito dal quale si può godere un panorama incredibile sulle vette circostanti. Inoltre essendo poco frequentato è ancora selvaggio o forse è vero il contrario ... essendo selvaggio è ancora poco frequentato." L'ultima riga, per me, è perfetta.

Sabato 1 giugno 2019. Dopo un mese di maggio che qualcuno ha scherzosamente ribattezzato "maggembre" per il clima invernale che ha elargito a piene mani, finalmente si annuncia un fine settimana con clima di stampo estivo, infatti, inizia il mese di giugno. Perchè ho scelto la salita al Petorgnòn? Intanto per il fatto di averla già fatta e ricordare di avere provato una bella soddisfazione, poi perchè sono sicuro che non troveremo nessuno, non solo perchè è una zona selvaggia ma anche perchè non è passata ancora alcuna squadra di "manutentori" di sentieri per liberare il percorso dopo la tempesta Vaia di fine ottobre 2018, infine perchè la cuspide sommitale presenterà ancora abbondante neve e ci complicherà la salita, probabilmente regalando però qualche stimolo in più nel cercare la traccia in mezzo ai mughi che caratterizzano la cuspide della montagna.

Ci portiamo alla Casèra del Pian dove lasceremo l'auto per scendere (perdendo 70 metri di dislivello) fino al Pian de la casèra Vegia da dove parte il sentiero n° 535 che porta al Col de Michiel. Riusciamo a raggiungere la traccia superando un zona alluvionata che è stata ripristinata con escavatore e ruspa, superando un paio di guadi.
Il terreno è allentato ma non fangoso, così arriviamo ad imboccare il sentiero che si impenna entrando nel bosco.

Sappiamo che i primi 400 metri di dislivello ci porteranno ai 1.491 metri del Col de Michiel senza riservare sorprese di percorribilità perchè a Zoldo ai primi di giugno si correrà il Dolomiti Extreme Trail, una gara della lunghezza di 103 chilometri sui cui sentieri hanno lavorato squadre di volontari a liberare il tracciato dagli alberi caduti e sradicati. Personalmente non ho grande simpatia per queste gare, ma questa almeno quest'anno avrà avuto il pregio di contribuire al ripristino e manutenzione di gran parte della rete sentieristica zoldana. 

Il Col de Michiel è un balcone perfetto sugli Spiz de Mezzodì, gruppo appartato in ambiente selvaggio.

Percorriamo un breve tratto del sentiero n° 536 che abbandoneremo alla tabella che indica di salire direttamente verso il Petorgnòn. Anche qui alberi sradicati che però sono stati tagliati e rimossi, ovviamente il sentiero passa in un ambiente decisamente sconquassato dagli eventi atmosferici di fine ottobre.

Il sentiero del Petorgnòn ci dà subito il benvenuto mostrando evidenti i segni della forza degli elementi che qui hanno sfogato la loro forza devastante. Abbiamo portato con noi due seghetti, un paio di forbici da potatore e i guanti da lavoro, ma ovviamente senza pretese, se non quella di seguire il sentiero e arrivare alla vetta.  
Aggireremo gli schianti più imponenti e taglieremo eventuali alberetti piccoli o rami che impediscono di scavalcare o passare sotto i tronchi grossi per rimanere il più possibile sulla traccia di sentiero.

E' oramai da novembre 2018 che mi è capitato spesso di girare per i sentieri della Val di Zoldo, assieme agli amici volonterosi che mi hanno di volta in volta accompagnato e anche aiutato, cercando di districare grovigli e liberare il passaggio, pur con i limiti stabiliti da un seghetto (a mano) dalla lama di sedici centimetri.
Una cosa che ho capito chiaramente è quanto sia facile perdere la traccia e smarrire il percorso nelle zone più tormentate che costringono ad aggiramenti ampi o dove i segnali non sono ravvicinati e magari si trovavano su alberi che sono caduti a terra. Il Soccorso Alpino è già intervenuto più volte nei mesi scorsi per soccorrere qualche sprovveduto che aveva perso l'orientamento e sono stati lanciati vari avvertimenti invitando all'attenzione.
Nei mesi trascorsi dall'evento un gran lavoro è stato fatto dalla Protezione Civile e da tanti volontari dei vari Club Alpini locali, ma è un dato di fatto che per affrontare sentieri sconosciuti non sarà sufficiente avere una cartina.
Intendo dire che serve esperienza e attenzione, non portare con sé cani sciolti ma al guinzaglio, come anche essere pronti a tornare indietro se si hanno con sé bambini non in grado di affrontare passaggi pericolosi.
Al Petorgnòn il nostro team ha funzionato alla perfezione e in sinergia, unendo diverse esperienze e attitudini, tra chi è abituato a seguire le tracce di sentiero a terra e chi ha buona vista per individuare i segnali direzionali.

Abbiamo quindi cercato il più possibile di evitare di aggirare gli schianti più estesi, rimanendo sulla traccia del sentiero, sia tagliando gli alberetti più piccoli, sia scavalcando i tronchi grandi e le loro ceppaie.

Abbiamo così guadagnato la quota dei mughi, ma non abbiamo potuto tirare nessun sospiro di sollievo: c'è ancora tanta neve e del sentiero nessuna traccia, occorre individuare il percorso tra i mughi e comprenderne la direzione.
Mi sono portato le ghette, ma non saranno risolutive perchè i miei scarponi oramai sono "permeabili" alla neve.

Sono quasi le tre del pomeriggio e fa anche caldo. La cima pare a portata ma, in quel labirinto di mughi, c'è un momento in cui probabilmente a tutti viene un pensiero ... "potremmo far finta che...".
Resisto alla tentazione di rinunciare perchè non è così tardi da dover rientrare e so quanto brucerebbe, una volta rientrati, avere mollato senza avere assaporato la cima. E' una questione di volontà e bisogna sapere insistere.

Una fascia di roccette ci fa guadagnare dislivello in fretta ma, soprattutto, disvela l'ultimo tratto che porta alla vetta. Riprendo slancio e mi metto a pestare neve badando solo che non ci siano "buche" nascoste, dal momento che, non più di cento metri sotto, mi ero trovato infilato fino al torace dentro ad una buca assolutamente nascosta da uno strato uniforme di neve. I piedi penzolanti nel vuoto mi avevano trasmesso un grosso disagio.

La salita al Petorgnòn finisce all'improvviso su un baratro che si apre su Val Pramper e sembra togliere in fiato.

Abbiamo impiegato due ore e quaranta minuti per salire da Col de Michiel e ci concediamo solo un quarto d'ora sulla vetta prima di tornare a calcare le nostre orme in senso contrario e scendere velocemente.
In discesa faremo solo un intervento "boschivo" per ricavare un passaggio in un tratto che all'andata avevamo aggirato, rischiando però di perdere i riferimenti a causa della deviazione.

Scendiamo chiacchierando allegramente, soddisfatti non solo di essere riusciti ad arrivare in cima, ma anche di avere contribuito a migliorare la percorribilità della traccia per salire al Petorgnòn: un monte che deve il suo fascino all'ambiente selvaggio e per questo regala sensazioni fuori dall'usuale.

Gabriele Villa
Sul monte Petorgnòn, tra alberi sradicati e con la neve di maggio
Val di Zoldo, 1 giugno 2019


I numeri del Petorgnòn



Monte Petorgnòn

Altezza: 1.914 metri

Fa parte della Catena del San Sebastiano,
inserito nel Costòn de la Gardesana,
separa, nello Zoldano, la Val Pramper dalla Val della Malisia.


Raggiungibile da Pralongo per sentiero n° 535

Dislivello: 830 metri  (da casèra del Pian)

Dislivello: 930 metri da Pralongo

Tempo di salita: 2 ore (tabelle sul posto)
 
Tempo di salita: 3 ore (tabelle CAI)

Discesa: 2 ore e mezza


Caratteristiche del percorso:
Sentiero nel bosco, relativamente comodo, fino al Col de Michiel;
meno evidente e poco segnalato dal Col de Michiel alla cima.
Un paio di passaggi su roccette (valutati di 1° inferiore in relazione).
Cuspide sommitale con sentiero tra i mughi.