Una serata "in salita" con Marco Furlani
di Gabriele Villa
Marco Furlani è nato a Trento il 30/08/1956 ha vissuto nel sobborgo di
Povo fino all'età di ventitre anni e ora risiede a Pietramurata di Dro
nella cosiddetta "valle della luce". Ha iniziato ad arrampicare
giovanissimo, assieme ad un gruppo di amici nelle numerose palestre
intorno al suo paese, Povo di Trento, ma un gravissimo incidente in
palestra di roccia, nel maggio del 1972, mentre si stava allenando,
sembra compromettere ogni possibilità di arrampicata. Grazie ad un
recupero a dire poco miracoloso riprende faticosamente la via dei monti
spinto da una grande passione. I suoi miti sono Cesare Maestri ed il
grande Marino Stenico il quale lo prende sotto la sua ala protettrice, e
dal quale apprende i rudimenti della tecnica. Con compagni diversi,
comincia ad arrampicare prima in Paganella e poi nelle Dolomiti,
dapprima su vie facili poi su altre sempre più difficili, come la via
delle Guide al Crozzon di Brenta ad appena sedici anni, le vie Cassin e
Comici alle Lavaredo a diciassette anni. Ha una visione romantica
dell’alpinismo, ancorata al concetto classico e ha vissuto in totale
libertà senza farsi condizionare da stress prestazionali, che è forse il
segreto di una lunga continuità negli anni.
Per riassumere con i numeri la sua attività nell’arco di quarant'anni:
ripete circa 2500 vie, conta un centinaio di prime ripetizioni, dieci
prime ripetizioni nazionali, venti prime grandi invernali, la disciplina
che più lo affascina è l’esplorazione e l’apertura di vie nuove,
cinquanta circa tra Dolomiti, in Valle del Sarca e ai monti Tatra
Slovacchi.
Nel 1979 è uno dei primi Italiani che, cogliendo i grandi cambiamenti
che sconvolgeranno più tardi l’ambiente alpinistico, con altri compagni
trentini fra i quali i compianti Roberto Bassi e Gigi Giacomelli vola
oltre oceano negli Stati Uniti nel parco di Yosemite (California)
santuario del cambiamento, sperimentando quelle che saranno poi le nuove
tendenze tecniche e filosofiche che tanto influiranno successivamente
sull’alpinismo nel vecchio continente. Tutto quello che riesce a
recepire lo metterà in opera sulle nostre Dolomiti e nella Valle del
Sarca.
È stato un profondo conoscitore dell’alpinismo dell’est europeo, molte
le visite sui monti Tatra Cecoslovacchi e sulle torri di arenaria nel
paradiso di Boemia dove compie diverse prime ripetizioni italiane. Ha
arrampicato con successo nei maggiori centri europei. Verdon, Calanques,
(Francia) Mallos de Riglos (Spagna) Meteore (Grecia) Paclenizza
(Yugoslavia) in Patagonia con un amico cliente compie il giro del gruppo
del Cerro Torre per lo Jelo Continental, ed il giro delle torri del
Paine. Nel 1980 il C.A.I. lo nomina Accademico, il più giovane d’Italia,
nel 1983 le altre due massime onorificenze europee: l’Accademico
D’Austria, e l’Accademico del G.H.M.(Francese), nel 1987 consegue il
brevetto di “Guida Alpina Maestro D’alpinismo”. Nel 1991 vince a Trieste
la prima edizione del premio “Bruno Crepaz”, premio indetto dalla
famosissima sezione del C.A.I. XXX ottobre, come migliore alpinista
italiano che in quell’anno si era distinto nell’apertura di vie nuove.
Nel 1999 il G.I.S.M. (Gruppo Italiano scrittori di montagna) gli assegna
il premio alpinistico Giovanni De Simoni con la seguente motivazione:
“Per l’eccezionale attività alpinistica ed esplorativa”.
Ha tenuto
conferenze in tutta Italia dove gli è sempre stata riconosciuta una
simpatia espositiva non comune. Nel 1995 pubblica con successo un
riuscito lavoro editoriale dal titolo “Arrampicate in Dolomiti” –
Edizioni Cierre – pubblicazione che descrive settanta ascensioni poco
conosciute nelle Dolomiti, dove è riuscito a mettere in evidenza vie ed
alpinisti quasi sconosciuti ma che tanto anno dato al grande alpinismo
con ascensioni grandiose. Nel maggio 2010 il G.I.S.M. lo accoglie come
socio Accademico scrittore di montagna. La sua stimolante vita
alpinistica è stata riassunta nel suo libro, “AMPIO RESPIRO, la vita in
salita di un alpinista trentino”, edito da “Nuovi Sentieri” di Bepi
Pellegrinon. Recentissimamente, assieme all'amico alpinista Alessandro
Gogna, ha firmato il libro: "Storia dell'alpinismo nelle valli della
Sarca e dei Laghi (Prealpi Trentine), dal 1933 al 2018".
Il curriculum di un alpinista, la sua biografia alpinistica sono spesso
l'incentivo principale che spinge gli organizzatori di Inseguendo i
profili, rassegna annuale della sezione di Ferrara del Club Alpino, a
prendere contatti con chi si vorrebbe come "ospite" all'incontro
dedicato all'alpinismo. Nel caso di Marco Furlani c'è stata anche una
conoscenza personale che ha indirizzato verso la scelta sul suo nome, sicché lo
avevo proposto all'attenzione della Commissione Culturale del CAI
Ferrara, cosa che avevo fatto altre due volte negli anni
passati, senza successo.
Ho conosciuto Marco Furlani di persona in una serata da lui tenuta ad
Argenta in occasione della presentazione del suo libro autobiografico
"Ampio respiro - La vita in salita di un alpinista trentino", doveva
essere quindi il 2006, anno di stampa del libro.
Mi aveva fatto una buona impressione e avevo anche scoperto in
quell'occasione che, come Guida Alpina, aveva tra i suoi clienti anche
un mio caro amico ferrarese. In quegli anni ero un assiduo frequentatore
delle Placche Zebrate,
una stupenda parete di arrampicata in valle del
Sarca e così capitò successivamente di incontrare e riconoscere su
quella parete Marco Furlani e di scambiare due chiacchiere "al volo": io
mi presentavo come "quello di Ferrara" e lui ci presentava i suoi
compagni di cordata, una volta era con Dante Colli (che conoscevamo di
fama), un'altra con Giuliano Giovannini, suo amico di gioventù.
Quello
che colpiva era la sua allegria estroversa e la disinvoltura che aveva
su quella parete, non proprio verticale, ma abbastanza liscia da far
tenere alta l'attenzione, almeno a noi.
Mi era anche capitato, in seguito, di vederlo sul palco di una serata
del Trento Film Festival, brillante conversatore e sempre sorridente,
appariva molto a suo agio anche di fronte al pubblico. Nel 2011, invece,
mi imbattei in una locandina di una sua serata in quel di Treponti di
Teolo, a due passi da casa, (appena novanta chilometri) e andai con
amici a riascoltarlo; era con l'inseparabile amico Giuliano Giovannini e
incontrai un altro vecchio amico di arrampicate a Rocca Pendice,
Giuliano Bressan, organizzatore della serata che risultò assai
piacevole. Proprio per quelle mie esperienze positive lo avevo proposto
all'attenzione, ma ci è voluto un po' di tempo perché arrivasse il momento
di averlo a Ferrara, ospite di Inseguendo i profili. Ma, meglio tardi
che mai.
Eccomi così, alle cinque e mezza di mercoledì 23 ottobre stringere la mano a
Marco Furlani, in Piazza Municipale, poi arriva anche Laura, sua moglie,
e c'è il tempo per due passi tra Piazza Trento Trieste, Piazzetta
Savonarola, attorno al Castello Estense, via degli Adelardi e via Bersaglieri del Po.
Mi fa strano
essere in centro a Ferrara a parlare di montagna e di alpinismo, in
attesa che si aprano le porte della Sala Estense.
Furlani entra per fare le
prove tecniche relative alla proiezione, mentre vado al parcheggio con
Laura a recuperare dal bagagliaio dell'auto i libri che saranno messi a disposizione del pubblico
della serata.
Intanto arriva anche Laura (quella "nostra") Benini e, quando tutto è
pronto, ci si concede un bicchiere di "quello buono", mentre arriva
anche Alessandro e si continua a chiacchierare piacevolmente in attesa
di andare a mangiare qualcosa alla trattoria del Savonarola. La cena
risulta molto
piacevole, con ancora tante chiacchiere di montagna, così per
cambiare, ma quando ti trovi con qualcuno "che ne sa" ed è disponibile
al dialogo, non si finisce mai di proporre domande e argomenti e con
Marco Furlani è stato proprio così.
Succede poi (e questo quasi tutti gli anni) che si arriva in Sala
Estense e la si trova semi deserta anche se si sa che, a fronte
dell'orario di inizio fissato per le ore ventuno, è almeno venti minuti
dopo che puoi fare una conta realistica dei presenti, ma dicono che i
ferraresi siano fatti così.
Inoltre per le nostre serate di montagna abbiamo constatato che non si
arriva alle cento persone presenti a fronte di 1300 soci iscritti, ma ci
abbiamo fatto il callo; spiace un po' per l'ospite di turno, ma non
rinunciamo a portare avanti la nostra passione, sperando di riuscire ad
alzare il livello di partecipazione culturale.
Tutto ciò premesso, si dà inizio con puntuale ritardo, cominciando con la
mia inizialmente stentata
presentazione, ma mi pare di riuscire comunicare al
pubblico, oltre ai dati salienti del suo curriculum alpinistico, una
riflessione sul fatto che un personaggio come Marco
Furlani non andrebbe presentato per lasciare agli spettatori il piacere
di scoprirlo immagine dopo immagine, storia dopo storia del suo racconto
di vita alpinistica.
Credo che questo sia ciò le lo differenzia da altri personaggi che
raccontano le loro imprese (più o meno importanti che possano essere),
lasciando trasparire poco del loro aspetto umano e anche caratteriale.
E' come se allo spettatore, nell'arco di un'ora, fosse letto il libro
autobiografico "AMPIO RESPIRO, la vita in salita di un alpinista
trentino", in un racconto lineare che testimonia una vita alpinistica
"omogenea", intendendo dire una serie di esperienze che si sommano, in
sintonia con i tratti caratteriali della persona, consolidandone via via
anche la crescita umana e personale.
Una sensazione che mi è venuta al
termine della serata, facendo (forse anche a livello inconscio) il
paragone con la serata cui avevo assistito nell'abbastanza lontano 2011.
Credo che questa mia sensazione sia dipesa dalla presenza di sua moglie
Laura, peraltro marginale rispetto ai contenuti della serata, pur se presente
in molte immagini, ma di certo influente nella sua vita, probabilmente
con l'effetto di quietarne alcuni aspetti caratteriali e renderlo più
tranquillo e "ponderato".
Non è mia intenzione raccontare la serata di Marco Furlani, aggiungo
solo due riflessioni personali.
La prima la faccio usando le sue stesse parole che si trovano all'inizio del
suo libro "Ampio respiro" in cui scrive:
"Il libro sulla mia vita di uomo e alpinista è nato parlando con la
gente che conosco, che ha ascoltato il mio vorticoso modo di esprimermi
magari davanti ad un buon bicchiere di vino o durante qualche proiezione
di diapositive, dove con le luci spente, senza gli occhi del pubblico
puntati addosso, riesco veramente a lasciarmi andare raccontando
avventure e aneddoti, mettendo in evidenza le sensazioni provate quasi
mai soffermandomi in sterili discorsi tecnici."
Il libro è come
fosse un'estensione di una sua serata, nel quale la sua vita viene
raccontata con più completezza, come è ovvio che sia, ma lo stile
semplice e lineare sono coincidenti. Questo, a mio parere, è un grande
pregio delle sue serate e credo sia quello che più lo avvicina al pubblico
che lo ascolta.
La seconda considerazione è legata all'età di Furlani che, non essendo
più un ragazzino, ha fatto sì che la sua esperienza di
alpinista abbia attraversato anni di grandi cambiamenti del mondo
dell'alpinismo e dell'arrampicata.
Lui non si atteggia a storico, tutt'altro, ma le esperienze che racconta
e fa vedere in immagini sono un excursus storico che, a chi guarda con
occhio attendo e ha una certa età, come il sottoscritto, non possono
sfuggire.
Del resto, lo stesso Furlani, spiega qualcosa di simile
nell'introduzione del suo libro, scrivendo così:
"... un viaggio attraverso la mia storia, quella di un bambino che
come tanti nasce negli anni Cinquanta in una dignitosa povertà, cresce e
diventa ragazzo e poi si fa uomo. Elemento preponderante è la montagna,
vera e propria scuola di vita, che mi aiuta a non rassegnarmi, a non
perdermi mai d'animo, a cercare sempre di migliorarmi e parallelamente
mi insegna a controllare la mia indole irruenta ..." - e
ancora - "... se nella mia vita
non avessi provato questo sconfinato
amore per i monti sarei anche potuto finire male; negli anni della mia
gioventù molte le 'altre' strade che avrei potuto imboccare nel degrado
e nella povertà in cui vivevo ..." - per concludere così - "...
da osservatore prima e da protagonista poi ho visto cambiare l'universo
'Alpinismo'...".
C'è un forte senso di realtà nelle sue parole, uno stare con i piedi ben
ancorati per terra, una passione per l'alpinismo che è fatta sì da
prestazioni e/o "imprese", ma è percepita consapevolmente come forma di
riscatto nei confronti della vita, una forza propulsiva per realizzare
se stessi, per "risalire" qualche gradino nella scala sociale.
Non si tratta di retorica, anche se forse non è facile da capire perchè
l'esperienza della "dignitosa povertà" (come scrive Marco Furlani) non è
una cosa che si possa spiegare, ma che rimane indelebile in chi l'ha
vissuta.
Posso aggiungere che questa consapevolezza dell'alpinismo vissuto come
forma di riscatto, anche sociale, l'ho potuta ascoltare dalle parole di
altri due alpinisti che, come Furlani, sono partiti "dal basso" e hanno
raggiunto se non fama alpinistica, quantomeno una certificata notorietà:
Bruno De Donà e Franco Miotto.
Per questi pensieri e le riflessioni che ho cercato di esternare, forse
disordinatamente, dico che la serata di Marco Furlani mi è piaciuta
molto perchè ha raccontato un alpinismo denso più di vita vissuta che di
gradi di difficoltà.
Gabriele Villa
Una serata "in salita" con Marco Furlani
Ferrara, 23 ottobre 2019