SPIGOLATURE. 30/07/2019 - Da Il Fatto Quotidiano, blog di Paolo Martini: Everest, sangue e merda
Everest, dimenticatevi Jake Gyllenhaal. Su quegli Ottomila c’è solo sangue
e merda.
Non
lasciatevi ingannare dalla bella faccia di Jake Gyllenhaal: la realtà
delle scalate alla cima più alta del mondo è ancora più prosaica di come
la racconta Everest, il film che in questi giorni passa in televisione.
Quest’anno su entrambi i versanti di salita, in Nepal e in Cina, sono
stati necessari grandi lavori di pulizia. I nepalesi hanno appena
riportato a valle le prime tre tonnellate di rifiuti, delle undici che
si sono ripromessi di pulire: lattine, scatolette, bombole d’ossigeno,
bottiglie di plastica, corde, attrezzi d’arrampicata e pure i primi
quattro cadaveri. Lo scioglimento dei ghiacciai dovuto al riscaldamento
globale sta aggravando il problema, riportando in superficie di tutto,
persino braccia e gambe di corpi intorno ai campi base. Si calcola che
siano più tra 200 e 300 i morti rimasti nella neve e nel ghiaccio, dei
quattromila che hanno sfidato l’Everest. Alcuni corpi sono stati usati
cinicamente come punto di riferimento per chi sale: è il caso del
cadavere più famoso, soprannominato “Green Boots” per via del colore
verde dei suoi scarponi, che per anni è stato scavalcato con una certa
soddisfazione, prima che qualche sherpa pietoso si decidesse a
spostarlo. Un corpo congelato arriva a pesare anche 150 chili e a quelle
quote ci vogliono otto persone per sollevarlo.
Il primo uomo a scalare gli Ottomila senza ossigeno, Reinhold Messner,
che più di 40 anni fa ha dato il suo eccezionale contributo alla
mitologia alpinistica, si chiedeva in uno dei suoi libri più intensi, 13
specchi della mia anima (Garzanti 1995):
“Non so risolvere il dilemma se sia diventato anch’io un distruttore del
sublime delle montagne, un veicolo pubblicitario involontario per il
turismo di massa. Mi sento corresponsabile se anche sull’Himalaya si
perde il sublime e il silenzio. La moltiplicazione delle esperienze
riduce il contenuto, l’esplorazione dell’estremo viene tradita e
stravolta nel suo contrario”.
Per dirla senza parafrasi, altro che sublime: sangue e merda sono oggi
la realtà di questa allucinante versione consumistica dell’alpinismo. Il
problema più grave viene dalla quantità di deiezioni umane disperse in
ambiente. Sul versante cinese, dopo le grandi pulizie che hanno
richiesto la chiusura di tutta la via salita per mesi, è stata
installata una toilette al campo più alto, a quota 7.028 metri, che
raccoglie gli escrementi dentro un barile con appositi sacchi della
spazzatura. Anche il governo nepalese sta cercando di correre ai ripari,
c’è in progetto un impianto a biogas da installare vicino al campo base,
dove al momento il liquame grezzo viene trasportato al villaggio più
vicino con un’ora di cammino e rilasciato in fossati, contaminando le
acque che scendono a valle.
Ma niente sembra poter fermare il business che puntualmente torna a
inquinare gli Ottomila, e lascia giusto qualche spicciolo in tasca alle
popolazioni locali, ridotte a fare da servi della gleba a signorotti che
vengono da un altro mondo. Il mountain blogger della Gazzetta dello
sport Alessandro Filippini riporta dati dell’unico pilota italiano di
elicotteri, Maurizio Folini, che in cinque voli al campo 2 ha depositato
ventimila metri di corde (sono di nylon trattato con sostanze chimiche,
dunque altamente inquinanti), 36 bombole, 96 viti da ghiaccio, 100
moschettoni e 100 picchetti, ovvero il materiale con cui gli sherpa
attrezzano la via normale.
Il Nepal quest’anno ha rilasciato 375 permessi di salita (indiani,
americani, cinesi e inglesi fanno la parte del leone), la Cina 364 (di
cui 220 solo per gli sherpa, perché ormai sono in vendita pacchetti
extra-lusso con una guida e due accompagnatori per “scalatore”).
Ma, se si considera anche il personale di servizio, si sono assiepate in
questi giorni più di un migliaio di persone nei cosiddetti campi base
dell’Everest, ovvero gli immondezzai più alti del mondo. E chissà se un
qualche ‘meme’ di maledizioni di Greta arriverà fin lassù.
[Da Il Fatto Quotidiano, blog di Paolo Martini - Ambiente & Veleni - 6
Maggio 2019]