La via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo

…un’arrampicata  dentro la storia dell’alpinismo …

Mi telefona un amico e mi dice: 
“Ho saputo che ieri avete salito la Comici-Dimai alla Grande di Lavaredo e volevo farti i miei complimenti”.
Mi schernisco un pò, ma lui insiste:
“Non fare troppo il modesto! Guarda che hai messo a segno una salita che ogni buon alpinista vorrebbe avere nel proprio curriculum e a Ferrara sono assai pochi ad averla”.
Lo ringrazio della cortesia e penso che le notizie … volano.
La telefonata mi ha fatto piacere perché mi ha messo una stimolante pulce nell’orecchio.
L’ambizione non è mai stata la molla primaria del mio arrampicare e non è piaggeria la mia: lo dice il mio curriculum che, se è cospicuo per numero di ascensioni (quest’anno arriverò a 1.000, perché oramai me ne mancano solo poco più di una decina), non lo è altrettanto per salite di “prestigio” (una ventina o poco più). 
Ognuno fa le sue scelte di vita (e di arrampicata), ma, a questo punto tuttavia, avere messo nel curriculum una via ambita da tutti e molto quotata mi soddisfa particolarmente.

Scrive Gino Buscaini in “Le Dolomiti Orientali”, (Zanichelli Editore): “Fra le ascensioni di grande fama, la via Comici-Dimai alla parete nord della Cima Grande è certamente conosciuta a livello mondiale. Intanto, per la sua conquista s’erano impegnate le migliori cordate dell’epoca; per alcuni anni, il limite Steger-Wiesinger parve insuperabile e il loro fazzoletto abbandonato fra gli strapiombi sventolava a costituire una storica sfida. Quando, dopo la prima lunghezza, si affronta il grande muro giallo raffigurato anche su tante fotografie d’anteguerra, si comprende che con l’apertura di questa via l’alpinismo dolomitico entrava in una mentalità nuova: non era tanto la difficoltà dei passaggi, quanto la verticalità, l’esposizione assoluta in parete aperta, a costituire un nuovo clima per l’arrampicata”.  

Ancora più dettagliato Spiro Dalla Porta Xidias in "Emilio Comici. Mito di un alpinista", (Nuovi Sentieri Editore):
"La prima salita della Nord della Grande inizia una nuova era nella storia dell'alpinismo. Fino allora, infatti, una via di scalata si appoggiava alle conformità naturali offerte dalla parete: canaloni, camini, spigoli, diedri, ecc. L'attuazione stessa dell'itinerario era quindi condizionata dalla montagna: di fronte ad una facciata liscia, non si ventilava neppure l'idea di un tentativo. Per la Nord della Grande, Comici ed i fratelli Dimai hanno capovolto il concetto: non sono partiti dalle possibilità naturali presentate dalla parete per adattarvi il loro progetto, ma al contrario hanno imposto il loro sogno alla montagna. Per la prima volta l'alpinista ha qui concretato la sua volontà, prescindendo dalla materia. 
Per la prima volta ha segnato la propria traccia sulla nuda parete, realizzando la sua via fuori d'ogni possibilità morfologica. Con la "prima" alla Nord di Cima Grande, l'alpinismo ha raggiunto una nuova tappa grandiosa della propria evoluzione: la creazione si è imposta alla materia, la via è diventata proiezione dell'io sulla roccia".
 

A distanza di 73 anni dall’apertura, la via conserva tutto il suo valore storico e salirla rappresenta un’autentica arrampicata dentro la storia dell’alpinismo. 
Valutata TD+ / ED- (in base allo stato della chiodatura), presenta nei suoi 550 metri di sviluppo, una prima metà di grande continuità ed atleticità, con difficoltà costanti fra il V+ e il VI+, con tre passaggi di VII (se fatta in completa arrampicata libera). 

La seconda metà è meno faticosa, tuttavia la parete rimane verticale e, pur se più facile, continua ad intercalare a difficoltà prevalenti di IV+, svariati tratti di V e passaggi di V+, nemmeno molto protetti. 
C’è infine, al penultimo tiro di corda, una traversata di oltre una ventina di metri sopra ad un tetto sotto al quale c’è il vuoto di tutta la parete appena salita: 500 metri che si interrompono sui ghiaioni basali. 
Una cosa stupendamente impressionante.
Avevamo fatto un tentativo nel 2003, concluso prestamente dopo i primi 60 metri di zoccolo.
Quella stessa estate, per problemi legati alla salute di mia madre, dovetti sospendere l’attività arrampicatoria e, successivamente, attendere che la situazione si potesse normalizzare.
Seguirono due anni difficili, nei quali pensai di avere perso l’ultima occasione per fare quella salita che, da sempre, era stata tra i miei “grandi sogni”.
Mi sembrava impossibile, vista anche l’età che comincia ad incombere, di riuscire a recuperare le condizioni di forma fisica e di tranquillità psicologica per essere di nuovo in grado di pensare di superare un impegno atletico di così grande portata. Tuttavia, “mai dire mai”.
Il 2006 mi ha portato bene ed una ritrovata serenità (riguadagnata anche grazie ad alcune “rogne esistenziali” da cui sono riuscito a prendere le distanze) mi ha consentito di “rimettermi a lucido”, tanto da riparlarne a Michele “Chicco” Scuccimarra, uno dei due compagni del primo tentativo e trovando in lui una lusinghiera disponibilità di massima.
Martedì sera, 18 luglio, in segreteria telefonica trovo un suo messaggio vocale:
“Tempo splendido, temperatura ottimale per fare una nord come la Comici-Dimai. C’è anche Riccardo Barbieri; sei in una botte di ferro. Che ne dici per giovedì?”.
Cosa si può mai rispondere ad una proposta così?
Certamente sì, anche se il caldo afoso delle ultime settimane mi ha un po’ fiaccato e fatto perdere parte della buona forma primaverile.
E così, giovedì 20 luglio, alle 4,15 precise si parte.
Giornata “atomica”; quando arriviamo alle Tre Cime di Lavaredo, non una nuvola in cielo e temperatura ideale, due zainetti leggeri sulle spalle, due corde da 60 metri, materiale contato, con unica dotazione superflua un prudenziale martello con cinque chiodi da roccia.
Alle 10 attacchiamo; davanti a noi due cordate, una già a metà parete, l’altra tre tiri avanti.
Ma non starò a raccontare di verticalità assillanti, strapiombi continui, vuoti da capogiro che ti lasciano solo dopo aver percorso la cengia anulare che porta alla discesa lungo la via normale della parete sud: quelli sono gesti abituali e risaputi di ogni ascensione.
Dirò piuttosto di Michele “Chicco” Scuccimarra, il capocordata: attento nella scalata, puntiglioso in tutti gli aspetti che riguardano la sicurezza, elegante e preciso nei movimenti, sempre paziente e disponibile, capace di trasmettere sicurezza e tranquillità ai compagni.
Dirò di Riccardo “Gago” Barbieri, un free climber prestato all’alpinismo (l’unico ferrarese capace di salire difficoltà fino all’8a in arrampicata sportiva); un piacere vederlo salire, subito dietro di me, senza uno sbuffo, senza una goccia di sudore, commentando con un “dio mè, che bel”, mentre supera, senza alcuna apparente fatica, un passo di VII grado in arrampicata assolutamente libera.
Due compagni di cordata eccezionali; un vero piacere arrampicare con loro ed è a loro, soprattutto, che devo la grande tranquillità con cui ho affrontato e salito la via.
In quanto a me, Gabriele Obsoleto Villa, ce l’ho messa tutta: il primo passo di VII l'ho fatto con l’aiuto di una staffa e, nei tiri seguenti, “artigliando” qualche chiodo nei tratti più duri, ma, ad onor del vero, non tanto per incapacità tecnica, quanto per velocizzare il più possibile la progressione.
Nonostante ciò sono servite 9 ore per avere ragione della Comici-Dimai e poco meno di altre 3 per tornare a calcare le ghiaie basali, alle 9,55 di sera.

 E' stata bellissima, infine, dopo avere riacceso il cellulare per avvisare casa che la salita era riuscita, la serie di telefonate ricevute durante la discesa da tutti gli amici che sapevano della salita e che facevano sinceri complimenti: una delle cose più difficili della giornata è stata rispondere a tutti, senza perdere l’attenzione alle manovre di calata delle 6 corde doppie.
Alle tre di notte l’auto è sotto casa; alla luce del lampione dividiamo il materiale da arrampicata e ci salutiamo soddisfatti.
23 ore non stop, ma la Comici-Dimai è finita nel curriculum personale.
Uno dei miei “grandi sogni”, forse il più grande di tutti, è stato realizzato.
Il grazie più grande va a Chicco e Gago, impareggiabili compagni di cordata in una delle più indimenticabili giornate della mia vita alpinistica.

Gabriele Villa

Ferrara, 23 luglio 2006