Sapore di
alpinismo alla Torre Dusso del Cernera
di Gabriele Villa
Ho conosciuto il Passo Giau nei primi anni '60 quando vi arrivai per la prima volta sfruttando un "passaggio" sulla Fiat 600 di Luciano, un ragazzo di Pecol di San Tomaso Agordino, il quale andava a trovare la morosa che lavorava come stagionale al rifugio del Passo: c'era ancora la stradina bianca, sterrata, con i caratteristici paracarri, di quella prima volta mi è rimasto un ricordo indelebile, al punto che in seguito ho eletto il Giau a "Passo dei miei sogni" e tale è rimasto negli anni, tanto forte fu quell'emozione giovanile.
Nonostante l'intensità di quell'emozione, sarebbero trascorsi più di vent'anni prima che tornassi al Passo Giau, da escursionista, nel corso di un solitario giro fotografico autunnale a caccia dei colori dell'autunno, infine, verso la metà degli anni '90 iniziai a frequentarlo da alpinista per scalare le vie della Gusèla e le pareti dei Lastoni di Formin.
Proprio dalle pareti della Gusèla e, in anni successivi, da quelle dell'Averau e della Croda Negra, mi capitava spesso di ritrarre il Passo Giau e il gruppo montuoso del Cernera che ne costituisce lo sfondo da quell'angolazione visiva.
Devo dire che sono un po' strani gli alpinisti, (io di certo non faccio eccezione) sempre alla caccia di pareti ripide da scalare, spesso su vie classiche e di solito assai frequentate, godono dell'azione del salire verticale, gustando il paesaggio circostante come fosse la cornice di un quadro nel quale il soggetto è la parete che stanno scalando.
Così è stato per me il Cernera, una cornice bella da guardare nella sua isolata imponenza, mai considerato per la mancanza di scalate classiche e quindi mai salito, nemmeno concupito, ma solamente ammirato da lontano.
Doveva arrivare una freddissima mattina di agosto del 2008 perchè, con l'amico Stefano Toninel, rinunciassimo ad arrampicare, tormentati da un vento gelido al quale non eravamo preparati, e decidessimo di spingerci sulla normale alpinistica che porta alla cima del Monte Cernera, per gustare il piacere di un luogo selvaggio, poco frequentato e il panorama grandioso che si può ammirare dalla cima a quota 2.657 metri.
Fummo ripagati nelle nostre aspettative, avendone sensazioni intense nel respirare una dimensione alpinistica che mescolava il piacere della scoperta, la solitudine che ti fa sentire a contatto intimo con la montagna, anche quel po' di impegno tecnico che possono dare due tratti ferrati (però non difficili) da affrontare senza assicurazione.
Quel giorno, come già qualche altra volta mi era successo, ebbi la piacevole sensazione che si può fare alpinismo anche senza usare la corda, senza legarsi in cordata con un compagno, senza dover eseguire manovre di corda per proteggersi, perchè gli ingredienti dell'alpinismo non sono esclusivo appannaggio delle difficoltà da superare, ma stanno proprio nella voglia di scoperta che è dentro di noi, nel piacere di "conoscere" una montagna guadagnandone la cima passo dopo passo, nel conoscerne meglio le rocce e l'ambiente, assaporando non tanto l'ebbrezza della cosiddetta "conquista", quanto il gusto della "conoscenza".
Più o meno con lo stesso spirito sono tornato in agosto di quest'anno sulla cima del Cernera, proprio il primo giorno di quei dieci che sarebbero diventati le mie "vacanze doloMITICHE", riassaporando il silenzio della montagna selvaggia soltanto poco più di un'ora dopo avere lasciato l'iper frequentato e anche rumoroso Passo Giau.
A volte ci si dimentica di quanta strada si riesca a
percorrere se si cammina di buona lena, soprattutto se ci si è abituati
agli avvicinamenti brevi verso le pareti e alle poche centinaia di metri
percorsi in una giornata di arrampicata; così mi era successo quel giorno e
già alle
14:30 mi ero ritrovato seduto sul prato poco sopra il sentiero che
scavalca la forcella di Col Piombin, non ancora stanco e con gli occhi
che continuavano ad abbracciare vogliosi il panorama circostante.
Ed eccola apparire quella montagna turrita osservata tante volte, anche quella mai considerata come possibile meta.
La si vede oltre la forcella, giusto dietro i cartelli indicatori dei sentieri, e fa voglia di salirla proprio per la sua forma slanciata.
Stavolta non ci sono corde e pesanti materiali da arrampicata dentro lo zaino e subito il computer di bordo si mette in azione per fare un po' di conteggi mettendo in raffronto la cima sconosciuta con il Cernera appena salito: dislivello più o meno lo stesso, difficoltà escursionistiche con forse qualche breve passaggio in roccia, sentiero non segnalato e quindi da trovare, probabilmente con ometti segnalatori e tracce di passaggio; se il Cernera ha richiesto quattro ore e mezza (però con più di un'ora di sosta in cima), qui si può preventivare quattro ore, quindi 14:30 più quattro fa 18:30 e rimane giusto il tempo di tornare alla Baita e pure di fare una doccia prima mettersi a tavola per la cena.
Deciso: in piedi, si parte.
Peccato che il sentiero perda di quota andando in direzione della forcella Giau, però bisogna raggiungere il vallone pietroso lungo il quale certamente si deve trovare il percorso più facile per arrivare prima a una dorsale erbosa e da qui proseguire verso la cima.
Ci si dimentica pure di quanta fatica costi risalire una pietraia senza traccia, soprattutto là dove si fa più minuta e i piedi tendono a scivolare a ritroso ad ogni passo, per fortuna vengono in aiuto delle rocce bianche e solide, anche piacevoli da arrampicare, sulla destra del vallone.
Si vorrebbe fare in fretta, accelerare il passo, ma il respiro si fa affannoso e bisogna darsi una regolata puntando sulla regolarità e sul controllo della respirazione.
Intanto la dorsale erbosa si avvicina e fa da richiamo, chissà che si vede dall'altra parte?, ma pure la ripidità aumenta e non ci sono rocce da arrampicare, ma ancora zolle erbose miste a sassi, è proprio una faticaccia.
Sono le 15:55 quando mi sdraio, sudato e affaticato sulla dorsale erbosa, abbastanza esile, quasi una cresta; dall'altra parte un altro vallone selvaggio scende verso la Val Fiorentina, nessuna traccia di sentiero che lo percorra e nemmeno che salga verso la cima della "mia" torre sconosciuta.
Poco dopo arriva anche la mia compagna di escursione e mi dice che si fermerà lì ad aspettare, così riprendo la salita verso la vetta, devio un po' verso sinistra per andare a sbirciare oltre la cresta di un'altra dorsale e mi appare la ripida parete sud della torre sconosciuta, veramente un'immagine da vertigini.
Vedo tracce che portano ad una forcelletta di cresta, ma preferisco ridiscendere un po' per contornare la parete sul lato nord, poi risalgo il pendio di pietre affioranti ed erbe e mi ricollego alla scarna traccia che scende dalla forcelletta che avevo visto poco prima dalla dorsale e ciò mi conferma di essere sulla giusta via.
La cima
è a poco più di cinquanta metri, un ultimo pendio ancora più
ripido mi attende, ma oramai sento la "calamita" della vetta che mi
attrae e proseguo anche attaccandomi ai ciuffi d'erba con le mani,
infine arrivo nel punto più alto dove attende un ometto di considerevoli
dimensioni.
Sarà anche il fatto di essere arrivato sulla cima da solo, ma provo davvero forti sensazioni, quelle dell'alpinista esploratore che ha raggiunto la sua meta e pensare che ... nemmeno conosco il nome della torre su cui mi trovo.
Mi
viene l'idea di un autoscatto e lo faccio allungando il braccio e
girando l'obiettivo della digitale verso di me, il caso vuole che ne esca un effetto
buffo perchè l'ometto di sassi dietro di me sporge sopra la mia testa
con la sua punta, sembra che pure io sia diventato ometto di sassi a mia
volta; tento anche un sorriso ma più che altro ne esce una smorfia di
fatica perchè ancora non ho recuperato e sto ansimando.
Sono le 16:15 e ci sarà tutto il tempo per scendere con calma e attenzione, anche perchè qui è proibito inciampare.
Rifaccio il percorso a ritroso, senza fretta, buttando l'occhio sul pendio ripido che sprofonda verso la valle, poi mi riporto verso la dorsale erbosa ritornando per questa in cima al canalone che abbiamo risalito faticosamente, in fondo al quale ritroveremo il sentiero che arriva da forcella Giau e ci riporterà al Col Piombin e quindi al Passo Giau.
Lo raggiungiamo alle 17:00 mentre la stanchezza comincia a farsi sentire, ma ce ne sono tutte le ragioni: sono stati circa 1.300 i metri di dislivello in salita e altrettanti in discesa, non male come primo giorno di vacanza.
A sera, alla Baita, chiederò a Walter e a sua madre Paola se conoscono il nome della mia cima sconosciuta, ma niente da fare, mi toccherà aspettare di tornare a casa perchè la cartina della zona, come al solito, non l'ho portata con me.
Sul mio diario di giornata quella sera scriverò: "salita al Cernera e a seguire al Corno del Cernera"; un nome fittizio, giusto un promemoria.
Al mio rientro in città ho poi guardato la cartina ma il nome non era
riportato, però ci ha pensato un'attenta ricerca in internet a
dare risposta alla mia curiosità e finalmente ho saputo: Torre Dusso,
quota 2.618.
E' quello il nome della torre dal sapore di alpinismo.
Personalmente non amo tanto compilare relazioni di scalate o escursioni,
preferisco raccontarne le sensazioni provate, descriverne gli ambienti,
magari allegando qualche immagine a descrivere momenti e luoghi più
caratteristici.
C'è però anche chi lascia buone relazioni che possono aiutare chi volesse andare nei luoghi che ho descritto, magari alla ricerca delle stesse sensazioni, per provare le stesse intense emozioni.
Ecco allora le indicazioni tecniche e ambientali che ho trovato sul sito vienormali.it
Torre Dusso - 2618 metri
Regione: Veneto (Belluno) - Dolomiti - Gruppo
Dolomiti di Zoldo
Punto di partenza: Passo Giau (quota 2236 m)
Versante di salita: NE
Dislivello di salita: 800 m
Dislivello totale: 1600 m
Tempo di salita: 2,30 h
Tempo totale: 3,30 h
Difficoltà: EE - A - I - F+ (scala difficoltà)
Periodo consigliato: luglio - settembre
Libro di vetta: no
Cartografia: TABACCO N. 015 - Marmolada, Pelmo, Civetta, Moiazza
Relazione di Claudio Pra
Introduzione:
La Torre Dusso è un vero e proprio solenne torrione che visto dal Passo
Giau sembrerebbe inaccessibile. Lo è (inaccessibile) dal versante di
Selva di Cadore in realtà, almeno per gli escursionisti e per gli
alpinisti senza grosse pretese.
Questi ultimi, sorprendentemente, riusciranno in modo relativamente facile a raggiungerne la sommità proprio dal versante del Giau. Ci troviamo quindi in una zona a cavallo tra Passo Giau e Selva di Cadore, nei pressi di Mondeval e dei Lastoni di Formin.
Accesso:
Lasciata la macchina a Passo Giau ci avviamo per il sentiero numero 436
che in breve e praticamente senza dislivello ci porta alla Forcella de
Col Piombin, metri 2239. Tralasciamo le indicazioni per il
Monte Cernera e continuiamo per il sentiero 436 scendendo un po’ e poi
continuando in piano. Notiamo lassù in alto una prima evidente forcella
(Forcella Loschiesuoi). Andiamo avanti e abbandonando il sentiero
infilando invece un secondo canalone piuttosto largo, che si restringe
in alto portando a una forcella. D’ora in poi non troveremo più nessuna
traccia, ma per arrivare alla forcella non ci si può sbagliare.
Cercheremo invece di scegliere il terreno di salita che ci parrà più
facile, evitando per quanto possibile dei massi franati nella parte
bassa. Più in alto il terreno si fa erboso. Il pendio è molto ripido ma
costa solo fatica. Arriviamo così alla forcella.
Descrizione della salita:
Dalla forcella si sale a destra per un pendio ripido di zolle portandosi
fin sulla cresta. Da lì si individua un curioso e breve canalino erboso
che si insinua tra delle rocce e che porta proprio sul filo di cresta.
Lo si sale individuando poi parte del seguito del tragitto che ci era
nascosto. Dalla sommità del canalino comunque, si apre la voragine della
Val Cernera, che potrà fare una certa impressione. In ogni caso
scendiamo dalla parte opposta, ancora per zolle e roccette, facendo
attenzione per la forte pendenza, tornando sotto alla cresta. Si
contornano poi le pareti che si alzano sopra di noi sfruttando una
cengia erbosa proprio sotto le rocce. Si arriva così ad un pendio erboso
molto ripido da risalire con fatica. Più sopra avremo ormai individuato
il culmine della Torre Dusso e dovremmo semplicemente portarci
leggermente più a destra e risalire le ultime zolle e roccette, montando
infine sulla nostra cima su cui dovremo accontentarci della compagnia
dei gracchi.
Note:
La Torre Dusso, pur non presentando particolari difficoltà ed essendo
abbastanza veloce da raggiungere, riesce a dare le sensazioni e
soddisfazioni di una cima davvero solitaria e selvaggia. Non ho trovato
praticamente traccia di passaggio durante la salita, a parte l’ometto di
vetta. Direi che è da evitare con terreno bagnato vista la ripidezza dei
suoi pendii erbosi. Dalla cima la vista è davvero grandiosa. Ci viene
preclusa solo la Marmolada, occultata dall’incombente Cernera,
altrimenti spazieremo ovunque. Impressionanti i dirupi che si aprono
dalla parte opposta a quella di salita (attenzione). Credo anche che la
cima sia raggiungibile in un altro modo, per evitare il canalino erboso
che porta in cresta e la breve ma ripida discesa dal versante opposto, è
perdere quota aggirando più in basso delle rocce per poi risalire
arrivando ancora una volta sulla via descritta. [Nota di Gabriele:
questo è il percorso che ho seguito io e ritengo che sia più facile
dell'altro descritto.]
Monte Cernera - 2657 metri
Regione: Veneto (Belluno) - Dolomiti - Gruppo Dolomiti di Zoldo
Punto di partenza: Passo Giau (quota 2236 m)
Versante di salita: N-SW
Dislivello di salita: 430 m
Dislivello totale: 860 m
Tempo di salita: 1,15 h
Tempo totale: 2,10 h
Difficoltà: EEA - I - F
(scala difficoltà)
Periodo consigliato: primavera - autunno
Libro di vetta: si
Cartografia: TABACCO N. 015 - Marmolada, Pelmo, Moiazza, Civetta
Relazione di Marco Tonello
Introduzione:
Bella cima (parzialmente visibile dal passo Giau) in posizione molto
panoramica verso tutti i principali gruppi dolomitici
Descrizione della salita:
Dal Passo Giau seguire il sentiero n. 436 che si stacca dalla strada
asfaltata in direzione opposta al Rif. Passo Giau, proseguire in tratto
pianeggiante per 10 minuti fino a forcella Col Piombin. Da qui
abbandonare il sentiero seguendo le indicazioni Monte Cernera -
sentiero alpinistico. Si prosegue per circa 30 minuti per tracce e
ometti salendo leggermente. Si incontrano in successione due tratti
attrezzati brevi, al termine del secondo rimontare il pendio erboso per
traccia fino ad un largo solco pietroso risultato dello scavo
dell´acqua.
Si nota sulla destra una targa gialla subito a sinistra
della quale c'è l'ultimo tratto attrezzato: facile ma su roccia spesso bagnata.
Risalire il pendio prima erboso poi detritico fino alla vetta (circa 20
minuti).
Note:
Cima molto panoramica di facile accesso dalla strada, ideale per una
breve escursione. Da notare che in carta il sentiero non è segnato come
attrezzato. L'attrezzatura EEA può essere ridotta in base alle
esperienze e competenze personali in quanto i tratti attrezzati non
presentano difficoltà.
Gabriele
Villa
Sapore di alpinismo alla Torre Dusso del Cernera
Ferrara, novembre 2011