La Via Normale a Cima Falkner

di Roberto Belletti


Questa bella e slanciata cima, è la vetta più alta del massiccio del Grostè, sottogruppo settentrionale delle Dolomiti di Brenta. Riguardo alla sua quota, sembra impossibile ai giorni nostri, ma pare vi siano ancora dei dubbi: alcune fonti parlano di 2.989 metri, altre (fra cui la mia cartina Tabacco) di 2.990 metri, ma la maggioranza sembra concordare sui 2.999 metri.
La cima sarebbe quindi esclusa dai Tremila delle Dolomiti per un solo metro.

Comunque, diatriba sulla quota a parte, Cima Falkner presenta una facile via normale con difficoltà non superiore al I grado e questo, unitamente al nome un po’ esotico che mi ricorda un grande scrittore, mi fa decidere di provare a salirla.
Per raggiungere l’attacco alla via normale, occorre necessariamente percorrere il sentiero Benini, splendido percorso attrezzato che si snoda su uno spettacolare sistema di cenge fra Passo Grostè e la Bocca del Tuckett.

Vi sono due possibilità.
La prima è partire dal rifugio Tuckett a quota 2275 metri, percorrere il sentiero attrezzato Dallagiacoma che sfocia sul sentiero Benini circa a quota 2700 metri e seguire quest’ultimo in direzione Passo del Grostè fino a raggiungere l’attacco alla via normale.

La seconda, più veloce, consiste nel partire dal rifugio Stoppani a quota 2438 metri e seguire direttamente il sentiero Benini. Si passa prima sotto a Cima Grostè, quindi si attraversano la Bocchetta dei Camosci e la Bocchetta alta dei Camosci, per giungere a quota 2900 metri dove parte la via normale per Cima Falkner.

In entrambi i casi è necessaria l’attrezzatura da ferrata.
A quota 2900 metri, la via normale è indicata da una scritta in vernice nera che riporta “Cima Falcner” (…certo che almeno il nome della cima potevano scriverlo in modo corretto…).
Da qui la salita si sviluppa per circa un centinaio di metri, lungo un canalone detritico abbastanza ripido sul versante S/SE della montagna, seguendo tracce di passaggio, qualche raro ometto di sassi e piccolissimi segni rossi che hanno tutta l’aria di essere stati dipinti di recente.

Inizialmente occorre mantenersi sulla destra del canalone, cercando la via più semplice, con qualche passaggio di arrampicata di I grado su massi instabili.
Raggiunta una sella che rappresenta la congiunzione con un altro canalone proveniente da est, occorre spostarsi sulla sinistra.
Sempre salendo per sfasciumi e roccette, si arriva a un valloncello dove la pendenza si fa meno ripida.
Qui si seguono le tracce di passaggio fino a intravedere la cima (a sinistra) e l’anticima (a destra), separate da una selletta nevosa.
Giunti sotto il nevaio, si sale verso sinistra su roccette dove si traversa su un passaggio un po’ esposto ma con roccia buona (I grado). Ancora qualche piccolo passo di arrampicata e si raggiunge la esile cima.

Qui la croce non c’è e nemmeno il libro di vetta, ma in compenso c’è un bell’ometto di sassi, un panorama notevole sulle altre cime del Brenta, sull’Adamello e la Presanella e, non ultima, una completa solitudine.

Non so perché, ma non è mia abitudine firmare i libri di vetta.
All’ometto di sassi aggiungo però volentieri anch’io un sassolino.
Il tempo è splendido, anche se un po’ freddo e ventoso, con il cielo limpido tipico delle giornate settembrine nonostante la strana estate di quest’anno.
Non ho nessuna fretta di prendere la via del ritorno e, dato che la cima è tutta mia, me la assaporo in totale silenzio. Ma alla fine bisogna pur scendere e Monica mi aspetta al rifugio, quindi mi rimetto lo zaino in spalla e mi incammino.
La discesa segue la stessa via della salita.
Alla confluenza dei due canaloni è fondamentale seguire quello giusto, cioè quello che si trova sulla destra scendendo. Benché anche dall’altro si scorga al di sotto la traccia del sentiero Benini, esso presenta dei salti di roccia nella parte terminale.
Altra cosa fondamentale è non smuovere sassi, dato che la parte iniziale della via transita proprio al di sopra del sentiero Benini, relativamente affollato di escursionisti.

Adesso, il punto più alto di Cima Falkner è il sassolino che ho aggiunto io all’ometto di vetta e mi piace pensare che, proprio in virtù di questo ometto, la cima abbia raggiunto finalmente quota 3000 e sia entrata a buon diritto a far parte di questo splendido club.

Roberto Belletti
Madonna di Campiglio, 1 settembre 2014

 


La Cima Falkner (2.999 metri), nota in precedenza come Torre di Vallesinella, prende il nome dal suo primo salitore, Alberto de Falkner che, insieme con Antonio Dallagiacoma, l'ha salita nell'estate 1882.
La via risale il canalone SE, e quindi il versante S/SE della montagna, con difficoltà comprese tra EE e il grado I+ della scala UIAA (valutazione complessiva: F+).
Partendo dal Rifugio Graffer al Grostè, la salita richiede 2.00-2.30 ore per un dislivello di 680 metri.

La cima Falkner è la vetta più alta del massiccio del Grostè, sottogruppo settentrionale delle Dolomiti di Brenta, e uno dei "grandi esclusi" (per un solo metro) tra i Tremila delle Dolomiti.
Molti altri itinerari di carattere alpinistico sono stati aperti in seguito su questa montagna, a partire dalla via Garbari sulla parete E (aperta nel 1884 da Carlo Garbari, II grado), fino alla severa via Detassis sulla parete O/SO (Bruno Detassis e compagni, 1947, V grado).
Attrezzatura necessaria per salire la via normale: calzature da alta montagna, casco, imbragatura e set da ferrata per l'avvicinamento attraverso il sentiero Benini.