Che storia è? ... Quella della via che non c'è!

di Gabriele Villa


L'antefatto
Era metà agosto del 2012 quando conobbi Eugenio Cipriani di persona e l'occasione era stata propiziata dall'amico ferrarese Nicola Tartaglione che proprio con il veronese Cipriani aveva scambiato amicizia attraverso Facebook e al quale mi aveva descritto come un assiduo frequentatore delle sue vie di arrampicata.
Proprio in quel particolare periodo Cipriani aveva in mente di tornare alla Croda Negra per ritrovare e segnare con pennarello rosso gli attacchi delle vie aperte da lui a metà degli anni '90 e delle quali aveva ricordi non sicuri, per la qual cosa gli sarebbe stato d'aiuto un "esperto" ripetitore delle sue vie.
L'incontro avvenne presso l'albergo La Baita di Andraz e ci accordammo subito per recarci alla Croda Negra l'indomani, mentre Nicola ci avrebbe raggiunto sul posto.
Mi aveva fatto molto divertire quella cosa per la quale io avrei accompagnato l'apritore a individuare e segnare le vie da lui aperte quindici anni prima, ma la cosa funzionò alla perfezione e individuammo con precisione una quindicina di attacchi che Cipriani segnò diligentemente con il pennarello rosso.
Terminato il lavoro, lui annunciò che avremmo potuto aprire insieme una via nuova e, detto fatto, ebbi modo di vivere questa, per me, nuova esperienza, perché mai avevo arrampicato in montagna con una cordata dotata di trapano per posizionare i fix forando la roccia.
Quel giorno non feci considerazioni di "etica alpinistica", mi accontentai di vivere l'inedita esperienza.

Confezionamento di un prodotto per l'arrampicata
Fu con piacere che due mesi dopo accettai un invito di Cipriani per una giornata di arrampicata alla parete dei Tessari in val d'Adige; si sarebbe andati a "sistemare" una via da lui aperta, la qual cosa mi aveva incuriosito.

Era l'11 ottobre quando scalammo la via che avrebbe dedicato a Davide Pinamonti, lui tolse un chiodo normale sostituendolo con un fix e, su in alto all'ultimo tiro di corda, ripercorremmo una sua variante del 1984 completandone la protezione con l'infissione di tre fix nel tratto più impegnativo del pilastro finale del "Fungo".
Seppi solo più tardi che si trattava di una rivisitazione alla luce dell'imminente uscita di una nuova guida di arrampicata della zona alla quale stava collaborando con Cristiano Pastorello. (Monte Baldo Rock. NdR)
Quel giorno ebbi modo di vedere come si completa la preparazione di un "prodotto per l'arrampicata".

Roda del Canal: la via che non c'è, atto primo
Avevo capito fin da subito quanto fossero parchi di informazioni gli inviti che ricevevo da Eugenio Cipriani.
Non è che lui non avesse un'idea precisa di cosa andare a scalare, è solo che te la faceva condividere, all'ultimo momento ... se tu lo avessi seguito in parete.
Quella mattina del 22 ottobre 2012 disse che saremmo andati alla parete della Roda del Canal dove aveva "pulito" l'attacco di una via nuova sulla quale avrebbe voluto proseguire: alcuni fix indicavano la linea da salire.
Quel giorno completammo insieme il primo tiro di corda e salimmo in vertical / strapiombante buona parte del secondo, in totale circa trentacinque metri che poi scendemmo in corda doppia disgaggiando la parete e tagliando arbusti a destra e a sinistra della linea, in cinque ore complessive di lavoro.
Diciamo che, a sera, avevo capito il significato di ciò che Eugenio aveva inteso al mattino quando, agganciandomi un seghetto all'imbragatura aveva detto, "tieni questo... vedrai che oggi ti servirà.

La via che non c'è, atto secondo 
Era una bella giornata quella del 30 ottobre, ma faceva già un po' freddo, mitigato dal tepore del sole fin che non girò altre la cima della Roda lasciandoci immersi in un'ombra che ci avvolse con un abbraccio freddo.
Anche quel giorno lavorammo duramente sia sul difficile secondo tiro che sul boscoso terzo tiro, sul quale il passaggio era impedito da un leccio che protendeva i lunghi rami a ricoprire gran parte della parete.
Quando Eugenio aveva detto "passeremo di là, in obliquo verso destra" non ci potevo credere e del resto, quella era la linea logica, anche se ... ostruita. Per me dolomitista incallito quella situazione era completamente nuova: stavo passando dalla lotta con l'Alpe alla lotta con la Frasca.

Con determinazione il capocordata si fece largo a colpi di seghetto, lasciando precipitare a valle i rami tagliati e, quando toccò a me salire, completai il lavoro con altri tagli per allargare e rifinire la nostra linea.
In pratica avevamo ricavato il terzo tiro della via, approdando in un camino/canale decisamente fuori dalla verticalità, decidendo, anche a causa del freddo, di scendere per pulire il tratto di parete che avevamo percorso.
Altre cinque ore di lavoro (e forse più), ma la via era oramai tracciata e Cipriani mi disse che l'avrebbe chiamata "Lungo il fiume e sull'acqua" e anche che non avrei dovuto parlarne con nessuno.
Probabilmente la privacy era motivata da altri progetti sulla stessa parete?
Era assai probabile.
Sapevo di quanto gli alpinisti fossero gelosi delle loro intuizioni e quanto grande fosse il timore di vedersi "soffiare" l'idea di una via nuova: la storia dell'alpinismo era piena di episodi eclatanti che addirittura avevano rotto amicizie consolidate o aumentato rivalità tra alpinisti di spicco.
Non era il nostro caso, probabilmente, ma il principio ispiratore del "segreto", mi parve essere proprio questo.   

Lungo il fiume e sull'acqua, atto terzo e conclusivo  
Dal mio diario di arrampicata di mercoledì 7 novembre 2012.
"Oggi giornata da incorniciare con un meteo veramente eccezionale e conclusione della nuova via con Cipriani alla Roda del Canal (zona Tessari), in Val d’Adige: “Lungo il fiume e sull’acqua”.
Era il terzo giorno di “lavoro” sulla parete e già Cip ci era andato un’altra volta nella quale aveva attrezzato la parte iniziale del primo tiro (circa dieci/dodici metri con cinque spit).
Abbiamo completato il terzo tiro di corda e ancora tagliato un paio di piante del boschetto pensile lungo la rampa, poi proseguito con un altro tiro che ci ha portato fuori, anche quello ripulito di alcune pianticelle e di vari sassi pericolanti (gettati a valle).
Siamo così arrivati ai piedi della palestra soprastante e, spostatici di alcune metri verso sinistra, abbiamo salito un tiretto di corda molto bello, con difficoltà contenute.
Cipriani oggi ha fatto non solo il primo tiro tutto pulito ma pure in bella libera anche il secondo che è decisamente duro, pur se breve. Ho arrampicato meglio anch’io (ma oggi non c’era il freddo della volta precedente) facendo bello pulito il primo tiro e la parte iniziale del secondo, prima di azzerare un paio di rinvii.
Certo che lo zainetto sulla schiena con dentro il trapano, gli spit e le batterie di ricambio non sono una “bella compagnia” da portarsi appresso ma sono riuscito lo stesso a fare in libera anche il tratto iniziale del secondo tiro che presenta un paio di passaggi niente male.
Sono contento di essermi mosso bene e anche del discreto stato di forma che ho raggiunto, di certo grazie anche alle “ginnastiche” infrasettimanali che faccio da quando ho conosciuto Cipriani
."
A lavoro finito, Cipriani aveva regolarmente lasciato la scritta con il pennarello rosso, ma la consegna era rimasta quella del silenzio in merito a quella realizzazione e così per me quella diventò la "via che non c'è" e di cui si doveva tacere. E così fu.

Me ne ricordai oltre un anno dopo quando ne proposi la ripetizione a Obelix e David, in una bella mattina di fine aprile e l'anno era il 2014. Quella mattina mi scoprii in buona forma e la tirai tutta da primo e in libera.
Era anche un poco da ripulire perché con ogni probabilità nessuno l'aveva più ripetuta in quell'anno e mezzo che era trascorso dalla sua apertura.
Pensai che era un peccato, ma quella era "la via che non c'è" e così rimasi fedele alla consegna del silenzio.


Dopo tre anni le cose sono cambiate completamente e il come e il perché è stato scritto e spiegato su una guida che si chiama "Trapezio & dintorni", firmata dallo stesso Eugenio Cipriani, di recentissima pubblicazione.

Ve lo racconto con le parole dello stesso Cipriani che scrive: "Era solo questione di tempo. Prima o poi l'aggiornamento alle vie sul Trapezio dei Tessari e sulle strutture adiacenti sarebbe arrivato. E piuttosto che a redigerlo fosse un altro ho preferito scriverlo io. Pur essendo poco propenso, in realtà. A volte, però, bisogna sapersi contraddire. ... non era più possibile nascondere l'esistenza di altri itinerari d'arrampicata oltre a quei cinque descritti nell'ultima pubblicazione ufficiale, vale a dire Monte Baldo Rock."

Cosa era successo, dunque in questo lasso di tempo?
Altri avevano "messo mano" alle pareti della zona e, scrive ancora Cipriani - "... grazie al passaparola tra coloro che frequentano la Val d'Adige e molto grazie agli apritori che comunicano "in tempo reale" le loro realizzazioni mediante la rete, la voce che Tessari offrisse ben più degli arcinoti itinerari ha cominciato a girare con insistenza."

Tra tutti i nuovi apritori, uno in particolare è quello che dà la spallata decisiva al disvelamento.
Lascio ancora allo scritto di Eugenio Cipriani il compito di spiegare gli avvenimenti: " ... Mario Brighente butta l’occhio, oltre che sul Trapezio, sulla parete a fianco. Lusingato dall’idea di aver trovato un nuovo terreno di scoperta, Brighente dapprima si accosta al settore a destra del Trapezio realizzando la “Via dei Boce” e “Tres fàcile” (due facili itinerari per principianti “strappati” letteralmente alla vegetazione) e poi affronta la parete più a destra, da lui battezzata “Parete rigata”. Nascono così “Ali di Farfalla”, “Lacrime di Madonna” e “delle formiche” itinerari di media difficoltà la cui linea di salita risulta ben visibile anche da lontano grazie all’intenso lavoro di disgaggio e pulitura da piante ed erbe effettuati dal primo salitore. Soddisfatto del risultato, Brighente pubblica su internet le relazioni delle sue vie che iniziano presto ad essere frequentate.
Sposta quindi la sua attenzione sulla Roda del Canal che era già percorsa, come scritto nelle righe precedenti, da diversi itinerari la maggior parte dei quali aperti dal sottoscritto ma non resi noti.
Brighente si innamora immediatamente della parete che, a due passi dall’auto, ripida e di roccia sostanzialmente buona, offre ancora diverse possibilità. Nel giro di pochi mesi inserisce così, nel reticolo di itinerari preesistenti, una mezza dozzina di vie di difficoltà medie e con passaggi fino al VII (“Datti una mossa”, “Fessura Kiki”, “Linea grigia”, “Occhi di Falco”, “Via del Bafo” e “Zig zag”) che, ben chiodati, ripuliti dall’erba e su roccia generalmente solida, grazie ad una capillare ed immediata diffusione delle relazioni sul Web diventano in men che non si dica frequentatissime. Peraltro giustamente, vista la bellezza di alcuni di questi itinerari
."

E' fin troppo facile capire il motivo per cui Cipriani, che frequentava abitualmente fin da ragazzo le pareti di quella zona possa avere vissuto (e sofferto) l'arrivo di Mario Brighente come una autentica "invasione di campo".
Ma torniamo a noi e da dove siamo partiti per arrivare all'inevitabile strappo di quel velo di silenzio che era stato fatto calare sulle vie aperte in precedenza sulla Roda del Canal e in particolare su "Lungo il fiume e sull'acqua".
Mi aveva dato una strana sensazione leggere sulla guida la piccola storia della "via che non c'è".
Scrive Cipriani: "Nell'estate del 2012 conobbi, in Dolomiti, il ferrarese Gabriele Villa che già da tempo frequentava il Trapezio dei Tessari. Stringemmo subito amicizia e, nell'autunno dello stesso anno, realizzammo sulla Roda del Canal la via "Lungo il fiume e sull'acqua" al bellissimo pilastro centrale (120 metri circa, dal III al V+). Poi sempre sulla Roda del Canal ma sulle spettacolari placche  grigie e gialle del settore sinistro, salimmo le vie "Di là dal fiume tra gli alberi" e Tessari River. In entrambi i casi si tratta di vie di due tiri di corda di tipo "sportivo" con difficoltà dal IV al VI+." 

Dunque, avrei dovuto scrivere delle "vie che non ci sono" e invece ripeto che solo una era e rimane la "via che non c'è" perché è quella che mi ha dato le sensazioni più intense, perché era la prima (probabilmente) ma anche per il suo carattere alpinistico e non meramente sportivo. E poi perché è rimasta "la via che non c'é".

Era il suo destino e, infatti, nel momento in cui è venuta alla luce è quella che ha subito lo "sgarbo" più grande: un errore nella stampa ha consegnato ai lettori della guida una foto assolutamente illeggibile, proprio quella del tracciato della via "Lungo il fiume e sull'acqua".
Siccome amo questa via e soprattutto le forti sensazioni che mi ha dato, ho voluto raccontarne la storia e anche rimediare ai "torti" che ha subito, per consigliarne la ripetizione e dare "le dritte" per farlo informati.

Gabriele Villa
Che storia è? ... Quella della via che non c'è!
Ferrara, 8 giugno 2017



Ecco la relazione pubblicata sulla guida
"Trapezio & dintorni".

Le valutazioni sono di Eugenio Cipriani e Sergio Coltri che l'hanno ripetuta nell'autunno 2015 per farne una pulizia e sistemare la chiodatura.

Ha avuto di recente altre ripetizioni da parte di cordate che ne hanno confermato la bellezza dell'arrampicata e del tracciato.

Come dicevano i latini "ubi maior, minor cessat" e quindi concordo sostanzialmente con la gradazione espressa nei gradi massimi, consiglio piuttosto di calcolare un mezzo grado in più sia sul primo che sul terzo tiro di corda.  


Aggiungo un dato mancante:

Apritori: Eugenio Cipriani con Gabriele Villa.

Data apertura: 7 novembre 2012

 

Nota dell'autore: Roda del Canal. Via Lungo il fiume e sull'acqua. Il tracciato che avevo disegnato prima ancora di completare la via. Infatti, questa esce dritta e non piega a destra come rappresentato nell'immagine.