La via normale all’Agner non esiste più
di Luca Bridda
Sabato ho salito l’Agner e ho avuto a che fare con il concetto stesso di
“banalizzazione della montagna”: la via normale, dal bivacco in su, è quasi
ininterrottamente ferrata; non c’è posto per le difficoltà naturali che
oppone il monte, tutto è reso sicuro, a prova di bomba, chiarissimo, ma in
fin dei conti uguale a qualunque altro percorso con cavo metallico su una
qualsiasi altra cima delle Dolomiti.
Ho forse intuito cenge esposte ma mai orride, ho forse intuito passaggetti
di primo grado divertenti, aggiramenti intelligenti, ma non ne sono sicuro…
di sicuro c’era solo un lungo cavo metallico la cui presenza era impossibile
da non notare/usare. La via normale all’Agner non esiste più.
Viviamo costantemente in un mondo antropizzato, tra cemento e acciaio, e ci
tocca ritrovarcelo anche sulla vetta del Gigante di Pietra. Non voglio fare
il melodrammatico, so che l’alpinismo vero ha mille spazi liberi dove poter
crescere e prosperare, anche nelle famose e affollate Dolomiti: se sabato –
ad esempio – avessi salito la dirimpettaia Torre Armena non avrei trovato
cavi.
Ciò non toglie che chi continua a banalizzare le vie normali con
infrastrutture metalliche in nome della sicurezza dovrebbe essere fermato,
perchè non ha davvero capito nulla.
Le montagne in sé sono solo sassi, ma sono lo specchio di ciò che siamo noi,
e in giro vedo tanta ignoranza, superficialità, ambizione, interesse
economico, quindi è probabile che tra 10 anni qualche benintenzionato
attrezzerà anche a valle del bivacco e persino giusto prima della cima…
Non c’è da esser ottimisti.
Vorrei che i cavi metallici non invadessero sempre di più le vie normali,
vorrei che i piantatori seriali di spit non inquinassero le vie classiche,
vorrei che non si tracciassero altre vie ferrate perché quelle che ci sono
bastano.
Non sono pregiudizialmente contrario alle ferrate, anche se in
generale non amo percorrerle: le trovo semplicemente banali e ripetitive, ti
scollegano dall’ambiente in cui sei, mettono tra te e il monte un’eccessiva
presenza dell’elemento umano, antropico, artificiale.
Le ferrate ti rubano la vetta (che non potrai dire di aver davvero salito
con le tue sole forze), ti tolgono la soddisfazione, limitano la fantasia,
sono puro artificio, funambolismo becero per spiriti un po’ poveri.
Ma poiché non sono uno di quei talebani che le eliminerebbe tutte, vorrei
solo che non se ne facessero delle altre e che da esse fossero lasciate
libere le cime.
Soprattutto sono contrario alla banalizzazione delle vie normali con l’uso e
l’abuso degli infissi metallici.
Basta cavi messi qua e là per rendere più “sicura” la salita.
Una salita in montagna deve essere sicura o insicura in base a ciò che il
monte ci presenta e quello solo dobbiamo accettare. Se la riteniamo inadatta
a noi, bene, possiamo RINUNCIARE.
Ci sono così tante cime raggiungibili per sentiero, si vada su quelle! È
così difficile?
Luca Bridda
Tratto da Alt(r)ispazi
(Pubblicato su abcDOLOMITI in data 29 agosto 2016)
Un commento.
Credo che l’unico motivo che induce a
fare tali sentieri attrezzati non sia tanto la sicurezza, ma il poter
richiamare un maggior numero di turisti e quindi dare impulso all’economia
locale.
Se non vi fossero cavi metallici a cui attaccarsi, andrebbe molta meno gente
…
Per l’inverno si tagliano boschi, s'innalzano seggiovie e si inneva
artificialmente, per l’estate si attrezzano i sentieri esposti e le vie
normali. Così come in campagna si fanno piste ciclabili per richiamare
ciclisti o lungo le sponde dei laghi si costruiscono percorsi pedonali,
anche dove non c’era prima la possibilità di passaggio.
Diventerà tutto un parco pubblico come i giardini sotto casa.
E che dire del sentiero per disabili in val di Mello?
Homo oeconomicus!
Avremo comunque sempre migliaia di possibili cose da fare, di cui
entusiasmarci senza deturpare ulteriormente l’ambiente naturale!
Lorenzo Molinari (19 Aprile 2021)