Riflessioni...

di Raffaele Sbarbada



Il buio ci aveva raggiunti all'inizio della malga dominata dall'elegante parete della Grivola, ai piedi della quale era posto il rifugio Vittorio Sella.

Camminavamo in silenzio, aprendo lentamente la nostra traccia nella neve profonda e polverosa, una neve leggera, impalpabile, asciutta come la sabbia del deserto.

Varcando la porta del rifugio, ci lasciammo alle spalle un paesaggio tetro e spettrale, reso ancor più freddo dalla luce biancastra della luna. E noi, al sicuro nel comodo e accogliente rifugio, ci demmo da fare per rendere il nostro soggiorno ancora più confortevole, chi spaccava la legna per la stufa.... chi scioglieva la neve sul fornello a gas....

La gran parte degli uomini che vivono nelle grandi e piccole città, ha perso il gusto delle cose semplici, spaccare la legna, accendere un fuoco in un rifugio in una notte d'inverno, starsene seduti attorno alla fiamma a fantasticare.

Eravamo seduti intorno al tavolo e assaporavamo la meravigliosa sensazione di calore e di sicurezza che danno questi momenti. Davanti alla luce un po' fioca di due candele, non vi era di meglio che gustare lentamente un caldo minestrone fumante.

Allora qualcuno di noi introdusse un discorso molto interessante, chiedendosi che razza di uomini dobbiamo essere se ancora abbiamo il gusto di queste cose, se amiamo isolarci nella grande solitudine della montagna invernale, se ci attirava il freddo, il silenzio, la neve.

Certo, amiamo la natura in tutte le sue espressioni, ma esaminandoci in fondo, non eravamo un po’ avversi verso la razza umana?

A volte resterei delle ore davanti al fuoco senza dire nulla a pensare a me stesso, nella fiamma c'è qual'cosa di ingenuamente primitivo che mi ha sempre affascinato.

Davanti alla luce della piccola candela fu più facile parlare di se stessi...........

......Io, risposi, ero ben conscio di non essermi inserito, di non essermi adattato a questa società che non amo e non approvo. A trentaquattro anni forse non ho ancora concluso nulla di positivo nella mia vita: c'è chi realizza se stesso nello studio, nel lavoro..... no, niente di tutto ciò.

A volte ho incontrato vecchi compagni: eravamo cambiati, diversi da allora, no, forse io sono cambiato molto.

Li guardavo, cappotto elegante, camicia, cravatta, insieme ad una ragazza ancor più elegante.

Loro guardavano me, stranamente, forse con una certa diffidenza.

Per lo più indosso un paio di blu jeans e una maglietta.

Ma quando sentivo che alcuni di loro si erano già laureati, che altri stavano per sposarsi, che altri ancora avevano trovato ottimi impieghi, allora mi ponevo un domanda se per caso non fossi stato io a sbagliare tutto, se non sarebbe stato meglio mettere da parte i sogni e gli ideali e discendere un po’ nella realtà.

E alla domanda....."E tu Lele cosa fai? Non sei andato all'università?"  

"NO, rispondevo, faccio l'operaio e vado in montagna"

"Ah, ho capito - mi rispondevano, con un sorrisetto un po’ sarcastico - ....la montagna".

Pezzo di cretino, cosa ne sai tu della montagna, cosa ne sai tu della mia vita, delle mie idee?

Certo tu ti senti a posto, ti senti sicuro hai raggiunto una posizione, hai il futuro spianato; ma sei proprio sicuro di essere felice, hai tu provato una sola delle sensazioni che io ho provato?

No non ho sbagliato tutto, in montagna realizzo me stesso. Altrimenti mi sentirei alienato, spersonalizzato.
Ma fino a quando avrei potuto vivere cosi????

La luce della candela diventava sempre più debole, gli amici ascoltavano in silenzio.

Lo so un giorno sarò solo davanti a questa grande incognita che è la vita, e non sarebbero serviti a nulla tutti i miei sogni, i miei ideali. Oggi vivi solo se produci, se ti inserisci nel sistema, sei un piccolo ingranaggio di una grande ruota che fa parte di un meccanismo che è ancora più grande.

Noi amanti della montagna siamo veramente dei delusi, dei disadattati, e anche dei presuntuosi.....?

Certo, pensiamo di provare sensazioni uniche, irripetibili, pensiamo di possedere una sensibilità del tutto particolare, siamo certi di vivere in modo completamente diverso.

Ma in fondo a ognuno di noi vi è un fremito di ribellione: ribellarsi a tutte le costrizioni, essere insofferenti a ogni forma di imposizione.....

Per questo cerchiamo la libertà e la troviamo in montagna: siamo liberi di muoverci nell'infinito, liberi di disporre della nostra vita, liberi di affrontare lo sguardo nel cielo libero, non racchiuso fra i grigi tetti delle case.

Nei lunghi colloqui con il sole e con il vento, nella dolcezza un po’ stanca dei tramonti, nelle vibranti e libere corse sulle rocce, ritrovo la serenità e la tranquillità del mio spirito perduto nelle lunghe ore monotone trascorse in città....


Raffaele Sbarbada
31 Maggio 2006
 

 




Breve nota della redazione

La Grivola (3969 metri)

È una delle più belle montagne delle Alpi, e il suo aspetto piramidale la rende riconoscibile da ogni versante.
Il poeta Giosuè Carducci l'ha definita " l'ardua Grivola bella ", e il toponimo
che contraddistingue questa cima sembra derivare dal termine patois franco-provenzale "grivolina" che sta a significare "giovane ragazza", esattamente come un'altra celebre montagna, la Jungfrau.