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Il Corriere della Sera.  10/07/2010 - Articolo di Paolo Conti
 

L'Italia ferita: la speculazione selvaggia nelle Alpi Apuane
I monti di Michelangelo sventrati per i dentifrici

 


«Noi tutti qui a Carrara chiediamo pietà. Pietà per il marmo, che da secoli è la vita della nostra gente.
Pietà per le Alpi Apuane. Per i nostri paesaggi sconvolti e sventrati. Tra poco non parleremo più di montagne ma di bassopiano apuano.
..».
Mario Venutelli ha un repentino cedimento nella voce quando parla delle «sue» montagne.
Lì affondano le radici della sua famiglia. Della sua gente. Venutelli è figlio di una delle più antiche famiglie di cavatori di marmi di Carrara, quei Magistri Marmorum che solo dopo un attento vaglio del pezzo estratto lo «certificavano» e lo affidavano agli artigiani e ai grandi artisti, per esempio Michelangelo Buonarroti.
Ha nel sangue l'amore per le belle Apuane che nelle viscere custodiscono quel candido splendore sinonimo di ricchezza: il marmo pregiato, ricercato in tutto il pianeta.
Ma da dieci anni tutto è cambiato: «Si estraeva il marmo e si metteva da parte le scaglie e gli sfridi, cioè i
frantumi. Finché non è stata scoperta una facile fonte di ricchezza: proprio gli scarti. Quindi il carbonato di
calcio utilizzabile nelle industrie cosmetiche, nelle cartiere per patinare. Ottimo per fabbricare dentifrici,
mangimi, coloranti, colle, persino filtri destinati alle centrali idroelettriche per evitare le piogge acide. E quel
filtro, dopo l'uso, restituisce gesso nobile. Ovvero la base per il cemento
».
Scoperto l'affare, è partito l'assalto. Le Apuane oggi, per ogni estrazione, producono il 20% di marmo e l'80% di carbonato di calcio, come prevede una regolamentazione della Regione Toscana:
«Siamo a un ritmo di cinque milioni di tonnellate estratte ogni anno nel distretto lapideo compreso tra Carrara e la Lucchesia, ma la gran parte riguarda Carrara. Mille camion ogni giorno partono dalle montagne, attraversano la città, la inquinano e scendono verso i porti. Sono sempre più numerosi i casi di silicosi, di chi si ammala respirando la polvere. Il beneficio per la collettività locale è nullo: tutto viene estratto e portato via dalle multinazionali».
Italia Nostra ne farà un caso non solo nazionale.
Annuncia la presidente Alessandra Mottola Molfino: «Ci rivolgeremo ai grandi artisti del mondo, agli scultori. Faremo un appello per salvare questo luogo straordinario. È tempo di contingentare gli scavi. Non vogliamo che le cave vengano chiuse, sappiamo dell'occupazione. Ma qui c'è solo speculazione selvaggia e distruzione».
Conferma Venutelli: «Capitozzano le vette e distruggono un patrimonio di flora unico».
Basta studiare i documenti che appaiono su due siti (www.lapietravivente.it e www.alpiapuane.com) per valutare la portata del fenomeno. Sulle Apuane le cave di marmo sono ormai miniere di carbonato di calcio.
Fino alla metà del '900 l'escavazione era a quota 800 mila tonnellate annue e garantiva lavoro a 15 mila addetti.
Oggi gli addetti non superano il migliaio.
Spiega Elia Pegollo, autore del volume Emozioni apuane, ecologista:
«Qui da noi muoiono e scompaiono prima i luoghi dei ricordi. Arrivano direttamente con le benne e si frantuma la montagna, tanto serve solo il carbonato di calcio. Se mettessimo insieme tutto il materiale che sparisce ogni anno potremmo costruire un parallelepipedo quadrato di 600 metri di base e cento metri di altezza. Continuando così andiamo verso la catastrofe sicura, il marmo non è eterno».
E qui Pegollo aggiunge un altro dato legato alla vita cittadina:
«Questo tipo di escavazione molto spesso non tiene conto delle falde acquifere, delle vene, quindi delle sorgenti che alimentano il fiume Frigido a Massa e il Carrione a Carrara. Le tagliano, vene e falde, e addio acqua».
Meno allarmista il sindaco di Carrara Angelo Andrea Zubbani, socialista:
«Per vent'anni c'è stato squilibrio sul rispetto della produzione. Ma adesso la crisi si è fatta sentire anche in questo settore, nel 2008 era calata quasi del 40%. Poi non ci sono concessioni per frantumare il marmo, autorizziamo solo l'uso degli scarti provenienti dall'escavazione. E il giro di affari non è tale da giustificare la polverizzazione del marmo pregiato».
Quanto all'inquinamento, al passaggio dei camion?
«Stiamo provvedendo alla realizzazione della strada dei marmi, che collegherà le cave direttamente ai porti con 7,5 chilometri di percorso di cui sei in galleria».
Conclude Fabio Baroni, storico locale, uno degli animatori del gruppo «Salviamo le Apuane»:
«Per secoli le popolazioni hanno "coltivato" il marmo rispettandolo come si fa in campagna col grano. Quei terrificanti metodi vanno in conflitto con gli scavatori tradizionali e gli stessi industriali del settore cominciano a chiedersi quanto ancora si potrà andare avanti così, per quanto tempo ancora sarà possibile scavare marmo»