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a "La via del villaggio" di Gabriele Villa

 

di Luigi Negri

 

 


"Signore deve tornare a valle,
lei cerca dietro di se
ciò che ha lasciato alle sue spalle.
"

                               G. Caproni


Mi sono permesso di citare questi versi poiché il loro significato collima con ciò che nel suo scritto ho creduto di cogliere.

Vorrei ringraziarla per questo e per il garbo e la grazia dei suoi toni.
Ringraziarla per aver fatto riemergere gente e luoghi di montagna chiusi nel fondo del tesoriere della Memoria, dove giacevano le ore quotidiane della mia giovinezza sepolte sotto avvenimenti e fatti che reclamavano per loro le luci dell'attenzione.

Persone che, quando conservano ancora un nome nella mia memoria, non hanno più un volto; e quando hanno un volto spesso non hanno più un nome.

Ma di tutti, proprio di tutti, ricordo la luce di gentilezza e di pudore, un pudore che sapeva di forte etica familiare, un'etica che era anche al contempo, eleganza e nobiltà di portamento.

Muri di case provate dal tempo, dove una povertà dignitosa galleggiava nella penombra.

I volti di coloro che tra quei muri vivevano da sempre.

Muri e facce uguali, in una equivalenza quasi algebrica.

Il senso dell'amicizia che non conosceva il pudore dei sentimenti, tanto quanto l'amore non conoscerà poi, il pudore dei corpi.

L'odore del sottobosco, fatto di muschio, di funghi e di legni marcescenti.

Luci di villaggi, animali da fattoria fermi sotto la pioggia, odore di letame e comignoli fumanti.
Tutto ciò apparteneva ad una terra divenuta ormai gelida e a tratti spietata dopo che quel mondo è morto senza testamento.
Ho letto il suo racconto in una sera di giugno con l'aria scura che stagnava negli angoli umidi.
Sono sprofondato con esso nella notte come dentro un materasso di piume, abbandonando lentamente il significato delle parole lette, per seguirne il suono, quel rumore che misteriosamente le avvolge e le trasforma in lingua vissuta.
E' stato come volare sulla lunga scopa della vecchia Befana su quel mondo che anch'io ho amato, fatto di gente umile, spesso timida, ingenuamente furba e generosa attorno alla quale fiorisce la trama del suo scritto.

Una trama che avvolge e dà la percezione del suo destino.
Un destino, gentilissimo signor Villa, il suo, segnato dalla grande, sincera passione per i suoi monti.
Una patologia senza via d'uscita.

Perchè il malato si è innamorato della sua malattia.

Con i miei più sinceri complimenti.