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Avevo scritto qualcosa per intraisass
circa l'Appennino, definendolo
la mia "montagna
minore" e non certo per volerlo snobbare o sminuire, ma spiegando le
ragioni del mio pensiero.
Non si trattava quindi di un giudizio "di merito", ma la conseguenza del fatto che all'Appennino guardavo con l'animo dell'alpinista e non con lo spirito dell'escursionista e, infatti, ogni volta che mi è capitato di andare all'Appennino ne ho sempre subito il fascino dei luoghi e dell'ambiente, pur se ci sono andato sempre da "alpinista".
Infatti, la mia frequentazione è stata prevalentemente
invernale, in seguito alle uscite dei corsi di alpinismo, alle uscite di
aggiornamento degli istruttori, e anche come sciatore agonista (si fa
per dire, ovviamente) per la fase regionale del Trofeo delle Regioni al
quale partecipavo con la squadra dello Sci CAI Ferrara. Mi mancava invece l'Appennino estivo, quello dell'escursionista che risale pendii boscosi, vaga per crinali assolati, risale creste erbose e sassose con panorami in cui lo sguardo può spingersi lontano per chilometri e chilometri, ma prima o poi sapevo che avrebbe ben dovuto capitarmi anche questa esperienza....
Ci voleva che due nuovi soci, Roberto e Monica, proponessero una gita proprio sull'Appennino per andare a risalire i Balzi dell'Ora in un giro per i crinali de La Nuda e del Corno alle Scale e siccome questi due soci arrivano da Bologna e sono poco conosciuti in sezione, qualcuno suggerisse la presenza di un accompagnatore "tecnico" in grado di affiancare i due neo direttori di gita nel caso se ne fosse presentata la necessità. Quando me lo avevano proposto avevo accettato volentieri il ruolo di accompagnatore tecnico, poi, abbastanza inaspettatamente, leggendo il bollettino sezionale, mi sono trovato "promosso" a direttore della gita.
C'era da chiedersi se più di una "promozione" per me non
si fosse trattato di una specie di "retrocessione" degli altri due, ma
questo non faceva il fatto: come si fa tra persone che guardano poco
alla forma e più alla sostanza, al momento opportuno, ci siamo dati
appuntamento per l'indispensabile ricognizione del percorso gita, e così, per la prima volta nella vita, mi sono
trovato a girare sull'Appennino in piena estate. Rapidi preparativi e ben presto s'inizia a camminare per strada forestale in un bosco di faggi che sembra non voler finire mai, fino a imboccare il sentiero che indica per La Nuda: si chiacchiera piacevolmente e il passo è lento e cadenzato, in un clima molto rilassato. Guadagniamo quota e il bosco pian piano diventa in prevalenza di aghifoglie e attendiamo il momento di uscirne per finalmente guardarci intorno e lasciare correre lo sguardo. La luce che filtra tra i rami aumenta e annuncia l'imminenza del momento che però arriva improvviso, come se si fosse varcata una porta e, improvvisamente, ci troviamo "all'aperto" e possiamo vedere su in alto la cresta del Fabuino.
La temperatura è gradevole e noi iniziamo a salire la cresta molto tranquillamente, mentre mano a mano l'orizzonte si allarga sempre più, abbracciando le colline circostanti e tutta la pianura intorno. Anche questa è una sensazione abbastanza inedita, caratteristica dell'Appennino, dove l'occhio può correre liberamente per chilometri e chilometri senza incontrare ostacoli, mentre alle Dolomiti questo succede solo per le cime più alte e non sempre arriva ad abbracciare la pianura.
La traccia si snoda su un tappeto verde punteggiato di fiori, stese di mirtilli lo affiancano, mentre nuvole bianche si muovono veloci in un cielo azzurro intenso e, giocando con il sole, lasciano chiazze d'ombra qua e là, ora smorzando, ora esaltando i colori dei fiori e dei prati.
La seconda parte della nostra ricognizione ci porterà a scendere al Passo del Vallone per poi risalire i Balzi dell'Ora
che ci porteranno in vetta al Corno alle Scale, di cui si
legge ancora su Wikipedia.
Concludiamo che in caso di terreno reso viscido dalle piogge ci possa essere un certo pericolo e decidiamo che ci porteremo una corda per allestire un eventuale corrimano nei punti scivolosi. Oggi, intanto, e nonostante la pioggia dei giorni precedenti, tutto sta andando bene e la gigantesca croce di vetta oramai fa capolino alla sommità del tratto. E' veramente gigantesca questa croce e, al di là di quello che può essere il suo significato religioso, si può tranquillamente dire che è un'enorme bruttura.
Sulla vetta ci concediamo un'altra pausa un po' discosti
da alcuni escursionisti abbastanza rumoreggianti, con annesso cane
abbaiante a tutti quelli che si avvicinano, compresi due biker super
accessoriati che arrivano su pedalando con agilità. Qui si sente parlare
molto in toscano, il dialetto veneto è assente, particolare che rende
immediatamente il senso dell'Appennino, luogo "altro" rispetto alle
solitamente frequentate Dolomiti.
Ora scenderemo con calma verso il Passo dello Strofinatoio (ma da dove l'avranno tirato fuori un nome così), e ci fermiamo a discutere perchè il Lago Scaffaiolo sembra lì a portata... di piede.
Cupolino, Spigolino e Cimone sono adesso sovrastati da
una strato di nuvole grigie, ma la pioggia ancora non è incombente. Sorge spontanea la domanda: ma che cosa sarà? "Ci vorrebbe Valeria" - dico agli altri.
Adesso invece penso che, siccome è una affezionata
lettrice di intraigiarùn, leggerà queste note e vedrà la
foto, così sono sicuro che, non appena ci vedremo al CAI, mi saprà dire
il nome dell'animaletto curioso che, per intanto e fino ad allora,
manterrà il nomignolo che gli ho affibbiato provvisoriamente, "Grillone
Verdicchio". Scendiamo per gradoni e le andiamo a vedere una ad una; l'apporto d'acqua è abbondante ("Molto più degli altri anni" - ci dicono Roberto e Monica che vengono spesso da queste parti) e lo scenario è davvero suggestivo
Con il ritorno al parcheggio di Madonna dell'Acero si conclude la nostra ricognizione: siamo stati in giro quasi otto ore, trascorrendo una giornata davvero divertente.
Penso tra me e me che tornerò volentieri anche con la
gita, ai primi di ottobre, curioso di vedere gli stessi luoghi ad inizio
autunno, quando i colori estivi già avranno iniziato a trasformarsi in
quelli autunnali, rinnovando la magia dell'Appennino che, l'ho promesso
a me stesso, d'ora in poi, non chiamerò più "montagna minore".
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