Il nostro “Alpinismo Resistente"
di Maurizio Caleffi
fotografie di Francesco Pompoli
Molti lo sanno: siamo di città e
abitiamo qui dal 2004.
[Malga Sorgazza - 1450
metri - Val Malene - Pieve Tesino (TN) - NdR]
Fin da subito eravamo pronti ad affrontare quei disagi che sicuramente, in un
posto come questo, si palesano, specialmente nella stagione invernale.
Siamo consapevoli che ogni problematica da noi affrontata e risolta a nostro
favore, non rappresenta una soluzione definitiva , ma solo una piccola
battaglia che, grazie alle nostre esperienze e strategie, riusciamo a
vincere.
E così abbiamo individuato le nostre priorità: l’acqua, che non si deve mai
ghiacciare e la legna che non deve mai mancare in quanto è la nostra unica
fonte di riscaldamento.
Tutto il resto, internet e parabola tv comprese, passano in second’ordine.
Ma sarebbe troppo semplice se ciò bastasse a vivere una vita tranquilla!
Per sostenere questo sogno ci finanziamo con il nostro lavoro: siamo
ristoratori e campiamo facendo da mangiare ai nostri ormai affezionati
clienti.
Diciamo “affezionati” in quanto spesso i rapporti con loro sono legati non
solo dalla qualità dei piatti di Carla , ma anche dal fatto che la nostra
storia di persone di città che lasciano tutto per vivere in montagna, spesso
suscita curiosità e un pizzico di invidia.
Siamo contenti della scelta fatta ormai più di quattro fa e abbiamo la
certezza di essere riusciti nel nostro intento grazie alla nostra passione e
tenacia.
Ma, anche se molti ormai dicono da tempo che "non ci sono più gli
inverni di una volta", questa stagione sta veramente mettendo a dura
prova il nostro delicato equilibrio: non siamo rimasti senza legna e neppure
si è ghiacciata l’acqua, ma abbiamo scoperto una nuova insidia che forse
avevamo intuito, ma che fino ad ora non si era mai concretizzata così a fondo.
Infinite volte si era sognato (… e non solo noi, ma tutti gli appassionati di
montagna!) di rimanere bloccati da una bella nevicata, fra quelle montagne
che tutti amiamo.
Questo è accaduto e, forse perché sospirato da tanto tempo, in modo “totale”.
Una serie di abbondanti nevicate ha lasciato sul terreno quasi tre metri di
neve: noi tanta neve così non l’avevamo mai vista, ma nemmeno i nativi del
paese si ricordavano tutto quel bianco.
Tutto incominciò il 30 novembre
scorso: noi, ironia della sorte, quel giorno non eravamo in malga ma,
consultate le previsioni meteo, avevamo fatto presidiare casa da Roberto e
Daniela.
Il giorno dopo, durante il viaggio di rientro, Roberto ci telefona
comunicandoci che nevicava ininterrottamente da due giorni, che era mancata
la luce e che avevano finito tutta la benzina di scorta nel vano tentativo di
sgombrare la neve con la piccola fresa a motore a nostra disposizione.
Subito dopo ci telefona il vice-sindaco dicendo che si era deciso di chiudere
la strada per il pericolo di valanghe.
Rientrammo al paese solo nel tardo pomeriggio consci del fatto che in un modo
o nell’altro saremo saliti in malga, sia per raggiungere i nostri cari, sia
per portare la benzina necessaria al gruppo elettrogeno di emergenza.
La salita fu una vera avventura: avevamo le scarpe basse (in gita non ci si
va con gli scarponi!), fortunatamente le pile frontali e nevicava fortissimo.
Sulla strada numerosi alberi caduti, sotto il peso della neve, ostruivano il
cammino, già di per sé molto faticoso.
Il momento più critico fu quando, entrati nel “boalòn”alla tenue luce della
frontale, ci trovammo di fronte il muro di neve di una valanga: con il cuore
in gola la superammo sprofondando nella neve fino alle ascelle.
Sembravamo due alpini alla ritirata di Russia; per rompere la tensione
accumulata feci a Carla una domanda:
“… Ghe riveremo a baita?”.
Lei subito mi rispose di si, aggiungendo subito dopo che noi avremo trovato
un posto caldo: gli uomini del sergente maggiore Rigoni… manco quello!
Giusta osservazione; dentro di me pensai che forse Mario ci stava guardando
in quel momento così critico.
Stanchi e affaticati siamo arrivati “a baita” dopo tre ore: nell’oscurità più
totale.
Due cose ci diedero la forza di affrontare quelle poche centinaia di metri,
con la neve fino al bacino: una tenue luce di una candela accesa sotto la
tettoia dell’entrata e un colpo d’aria che ci portò l’odore del fumo dal
camino.
Roberto e Daniela ci accolsero con un bel fuoco acceso e un piatto caldo di
pasta; io, grazie alla benzina che mi ero trascinato dietro in una tanica,
riuscii ad accendere il generatore e quindi ad illuminare quella serata cosi
nera!
I frigoriferi e i congelatori si riportarono presto in temperatura e questo
era il nostro scopo.
Nevicò ancora per 24 ore e mercoledì mattina, finalmente, la prima giornata
di sole.
Il sole ci aveva rincuorato: pensammo che al massimo in due giorni avrebbero
pulito la strada e quindi Roberto e Daniela avrebbero potuto finalmente
ritornare a casa.
Non solo passarono due giorni, durante i quali gli esperti della commissione
valanghe locale, a nostro avviso, non seppero prendere la decisione di
liberarci la strada, ma altri tre!
Il lunedì successivo prendemmo
la decisione di fare attraversare la valanga a piedi a Roberto e Daniela, per
dar loro il modo di rientrare finalmente a casa, dopo nove giorni.
Avrebbero utilizzato la nostra auto rimasta a valle della slavina; a noi
sarebbe rimasta la loro, bloccata a monte.
Il giorno dopo, martedì, presi la decisione di scendere a piedi in paese, per
recarmi in Comune a vedere se riuscivo a sbloccare la situazione.
Ero alquanto “alterato”: non era possibile che dopo nove giorni quella
valanga fosse ancora al suo posto!
Pensavo che in una regione come il Trentino, abituata alla neve e quindi
attrezzata in merito, io forse ero l’unico cittadino ad essere ancora
bloccato dalla, seppur abbondante, nevicata di una settimana prima.
Da notare due cose: la luce mi era stata ridata solo dopo due giorni,
testimoniando la bravura e celerità della squadra degli operai ex Enel che
evidentemente non si erano persi in chiacchiere! Il meteo impietosamente dava
in arrivo una nuova ondata di maltempo fin dal giorno dopo; la nuova nevicata
avrebbe sicuramente reso più pericolosa la situazione. La valanga staccatasi
nel “Boalon” non era quella principale: per quanto invadente, era solo una
scarica secondaria e la preoccupazione era per la grande massa di neve che
ancora gravitava in alto.
Autonomamente, ma forse anche perché la mia visita in comune fece “effetto”,
quel martedì la commissione valanghe diede il suo via alla pulizia della
strada; sembrava che finalmente l’incubo potesse finire!
Faticosamente, vista la grande quantità di neve da spostare, la pala
meccanica riuscì ad arrivare alla malga alle 18,00: subito dopo io e Carla ci
fiondammo in Valsugana per riaprovvigionare le scorte.
Le previsioni erano corrette; il giorno dopo riprese a nevicare con la stessa
intensità dei giorni precedenti e nemmeno 24 ore dopo la liberazione della
strada, una seconda valanga, almeno tre volte più grande rispetto alla
precedente, si staccò nello stesso canalone.
Riprendendo le parole di una famosa canzone di Guccini: “…. Era mercoledì 10
dicembre dell’anno 2008!”.
Ora siamo alla vigilia di Natale! Nei giorni scorsi solo poche telefonate
(troppo poche!!) da parte di chi avrebbe dovuto gestire questa situazione,
tenerci informati e darci spiegazioni: tante telefonate da parte di chi aveva
a cuore la nostra situazione, rimanendo anche loro esterrefatti
dall’incredibile lungaggine delle decisioni prese….. anzi, non prese!
Addirittura sembrava, ad un certo punto, che volessero staccare la massa di
neve artificialmente.
Ora sono tre giorni che la commissione valanghe ha dato il via libera allo
sgombero della neve dalla strada: fortunatamente hanno deciso di non
provocare il distacco artificialmente!
Se per liberare la strada dall’attuale valanga sono serviti tre giorni con
due pale meccaniche, a liberare una eventuale valanga “totale”, quanti giorni
sarebbero stati necessari? Nel 1986 la grande valanga scesa nello stesso
punto ha richiesto 15 giorni di lavoro ininterrotto!
Per mantenere il nostro sogno, come dicevamo prima, dobbiamo dar da mangiare
alla gente: sono giorni che non lavoriamo e siamo alla vigilia delle festività
che potrebbero, almeno in parte (… e speriamo!?), raddrizzare un mese da
dimenticare.
Sono arrivato a spalare almeno 130 metri cubi di neve (calcoli deliranti, ma
veritieri!), 76 dei quali in un solo giorno: per chi non lo sapesse al metro
cubo la neve pesa parecchio…e la mia neve era bagnata!
Le travi del tetto mi hanno ringraziato e noi abbiamo ringraziato loro per la
tenacia!
Ora speriamo che tutto sia finito e che questa esperienza ci insegni a
superarne altre eventuali: per quello che ci riguarda, siamo stati messi
all’angolo non dal maltempo, ma dall’inadeguatezza delle decisioni prese da
altre persone. Alla fine dei conti noi ce l’abbiamo fatta: ci siamo scaldati,
cibati e …lavati.
Attendiamo solo di poter riprendere a lavorare, e nel frattempo… resistiamo!
Ecco, questo è il nostro “Alpinismo Resistente”!

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…credevamo veramente fosse finita! E invece il bello doveva ancora arrivare.
Era la vigilia di Natale del 2008, ora siamo nella primavera del 2009; di
neve ne è scesa ancora tanta, e con lei su di noi sono caduti altri innumerevoli
giorni come quelli appena descritti.
Un inverno veramente duro, per chi come noi, provenienti da una città di
pianura, di neve ne ha vista poca… almeno mai vista così tanta come
quest’anno.
La redazione (Gabri in testa, ma tutti gli amici di “INTRAIGIARUN”), mi ha
più volte detto di scrivere “due righe” su questa incredibile esperienza, ed
io ho sempre risposto che l’avrei fatto solo quando avrei visto di nuovo
l’erba qui in Sorgazza.
Ieri una telefonata di Gabri mi chiedeva se non ero a far legna e se la neve
era ancora presente; alla mia risposta negativa, lui subito mi ha ricordato
che era il tempo di scrivere di questi 95 giorni di isolamento, di queste 13
valanghe e di questi 10
metri di neve caduti da dicembre a marzo… questi i
“freddi” numeri dell’inverno appena trascorso.
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Il matrimonio
Riuscimmo con l’acqua alla gola…, e la neve al bacino, ad organizzare in
extremis il cenone di capodanno.
Per accedere alla malga, intagliai con la motosega alcuni gradini nella neve
dura e ghiacciata; con il badile era assolutamente impossibile!
Nello stesso modo liberai le due uscite di sicurezza del locale; con il
badile liberai l’accesso alla cucina (più di due metri di altezza), e grazie
all’aiuto del generoso Confu, (Stefano Confusini - NdR) una piccola
piazzola dove far ardere la “stufa canadese”…. un vero lusso!
Passata l’angoscia e i dubbi sulla riuscita di questo primo importante
appuntamento, eravamo già proiettati al prossimo: un matrimonio!!
Due simpatici ragazzi triestini, trasferitesi qui nei mesi passati, ci hanno
chiesto di ospitarli per le loro nozze alcuni giorni dopo. A parte l’orgoglio
di essere stati scelti per questa importante cerimonia, ovviamente era per
noi importante riuscire ad avere questa possibilità di lavoro, specialmente
dopo un inizio di stagione così disastroso.
Tutto filò liscio, grazie al cielo! Il 19 gennaio una quarantina di persone
si addentrarono qui in Sorgazza.
Fra loro, come in tutti i matrimoni, nonni, nonne, bambini, sposa con il
pancione… e un signore con le scarpe da tennis e una t-shirt di cotone a
maniche corte!
Carla era terrorizzata che rimanessero bloccati qui da un’altra valanga!
A fine pranzo, rendendo fede alle previsioni meteo, incominciò a nevicare “di
brutto”!
Prontamente noi invitammo subito tutti gli invitati a scendere immediatamente
a valle, prima che la valanga ostruisse la strada.
Il giorno dopo, la terza valanga del “Boalòn” e la prima del “Maso
di Rodolfetto”, ci isolarono nuovamente.
Seguirono altri giorni di solitudine, nell’attesa che tutta la macchina
burocratica si rimettesse in moto: commissione valanghe (… anzi, come dice
Paolini, “l’allegra commissione valanghe”!), l’ufficio tecnico, l’ordinanza
del sindaco, di nuovo “l’allegra commissione” che deve dare il “via libera”
allo sgombro della neve, l’impresa che deve provvedere a tutto ciò, ecc…ecc…
ecc…
Paura!
Una mattina Carla sale alla malga grande con il Bepi: questa si trova un centinaio
di metri sopra la nostra.
Mentre io sono come al solito affaccendato con il badile, sento che con tono
concitato vengo chiamato.
“Presto Maurizio vieni su a vedere!!”
Arrivato su vidi quello che non avrei mai voluto vedere: una valanga di
discrete dimensioni (ma anche quelle piccole fanno un sacco di danni!) era
scesa dl canale di Vertigo, una cascata di ghiaccio situata sopra alla malga.
Doveva essersi staccata durante la notte, ma noi non avevamo sentito nulla,
forse anche perchè la nostra piccola dimora era ormai praticamente sepolta da
tutta la neve che era venuta, isolandoci da ogni rumore esterno.
Fortunatamente, ad una ventina di metri dalla struttura, deviò a sinistra e
si fermò a una centinaia di metri più in basso, nei pressi di un’area estiva
per il picnic.
Qualche giorno dopo esaminandola più in alto, ebbi modo di notare che un ramo
di questa valanga aveva preso una direzione centrale rispetto alla malga
grande. Fortunatamente aveva perso forza e si era fermata a ridosso di alcuni
abeti. Se avesse proseguito avrebbe fatto strike giusto giusto con il tetto
del “barco”.
Questo evento fece vacillare in noi la sicurezza di trovarci in un luogo
sicuro; a valle e a monte della nostra strada di accesso le valanghe erano
già scese.
Davanti a noi il “Coston” e la “Campagnassa” ci avevano regalato spettacoli
incredibili con le loro slavine, ma alle nostre spalle tutto, fino a quel
momento, era restato fermo. Una fitta e imponente boscaglia sembrava, da un
lato proteggerci, e dall’altro era testimone che mai la zona era stata
interessata da grossi distacchi.
In quei giorni, fra l’altro, continuava a nevicare copiosamente e senza
sosta, con temperature relativamente alte.
La neve era pesante, molto pesante e bagnata.
vero, un poco preoccupata ci comunicò che poteva esserci pericolo anche
per il bacino di “Costabrunella”.
Per chi non lo sapesse, la nostra malga sta a “Costabrunella”, come Longarone
sta alla diga del Vajont!
Non per essere pessimisti…. Ma comunque la cosa ci turbò parecchio!
Passai la notte insonne, ma vi
assicuro che il mio pensiero era sul come affrontare l’eventuale sgombero,
cosa portarsi dietro e soprattutto quali danni avrei ritrovato al rientro.
Abbandonare casa era ed è sempre stato un grosso rischio per noi.
È una struttura che necessita di presenza continua e, in quelle condizioni,
il gelo o un black-out elettrico avrebbero creato problemi risolvibili solo
quando la neve se ne fosse andata, vale a dire parecchi mesi dopo!
Verso le ore 13 del giorno successivo, grazie anche ad una pausa del meteo,
alcuni tecnici della Provincia, a bordo di un elicottero del 118, visionarono
tutta la conca di Costabrunella, dichiarando che la situazione poteva
considerarsi sotto controllo.
Telefonando a Christian la sera stessa, per informarlo dell’accaduto, (lui è
il capo-stazione del Soccorso Alpino di zona e durante tutto questo periodo
ci siamo continuamente sentiti… “GRAZIE “CRICCO”!!!) mi disse che nel lontano
1985 una valanga era scesa da questa zona e si era fermata miracolosamente a
una decina di metri dal “Barco”, qui sopra di noi: praticamente la stessa
cosa successa anche quest’anno!
La gara
I giorni trascorrevano fra copiose nevicate e qualche giornata di bel tempo;
sia chiaro che, dopo la paura dei giorni precedenti, dovuti alle valanghe che
ci avevano accerchiato, tutto era tornato tranquillo… anche troppo!
Dal punto di vista personale io e Carla stavamo vivendo un’esperienza
incredibile, una di quelle che solo qualche anno fa poteva essere un sogno,
per noi cittadini “malati di montagna”: bloccati dalla neve in una malga di
montagna.
Ci preoccupava invece la situazione lavorativa: pochissima gente era disposta
ad avventurarsi qui dentro, lasciando l’auto a circa un chilometro di
distanza e affrontando prima, l’attraversamento della slavina, e poi
un’oretta di faticosa salita.
A fine febbraio finalmente ci riaprirono la strada: la cosa era per noi
importante in quanto a metà marzo era in programma la Gara Scialpinistica
di Cima d’Asta, una manifestazione molto importante che ci vede coinvolti da
quando abitiamo qui in Sorgazza.
Tutto sommato a Capodanno e per il matrimonio dei triestini Roberto e Katia
eravamo, seppur a fatica e con molte preoccupazioni, riusciti a lavorare:
l’evento della gara ci avrebbe permesso di prendere una “boccata di
ossigeno”, dal punto di vista finanziario.
Sabato 7 marzo, per la nona volta, la valanga del Boalòn si svegliò alle otto
di mattino: non era passata nemmeno una settimana da quando ci avevano pulito
per l’ultima volta la strada!
Addio gara! L’accesso alla malga era nuovamente interdetto e oramai non c’era
più il tempo necessario per pulirlo e renderlo transitabile.
Pochi giorni dopo riceviamo una telefonata di Franco, principale
organizzatore dell’evento, che come previsto ci avvisa che la gara si farà in
ogni caso, ma non qui da noi: partirà da Malene e salirà per la Val Tolvà e noi saremo
rimasti tagliati fuori.
Ironia della sorte, ma in ogni caso fortunatamente, il giorno della
manifestazione il tempo era bello: ventiquattr’ore prima era salito a
trovarci, dopo molto tempo “Kaiser Franz Pompoli”.
Partito da Ferrara, aveva lasciato l’auto a valle della slavina ed era salito
con gli sci fino da noi.
Anche lui, per quanto avvisato, rimase colpito dall’imponenza della massa
nevosa che oramai aveva quasi completamente riempito il canale.
La sua visita fu molto gradita in quanto, già consapevolmente amareggiati sul
fatto di non riuscire a lavorare in quella occasione così importante, avevamo
almeno compagnia e ci siamo sentiti un pochino meno soli .
Ricordo con piacere quando, nel pomeriggio, noi tre eravamo seduti al sole
all’esterno della malga osservando il volo di due aquile, sopra la nostra
testa, che per niente intimorite dai voli dell’elicottero di assistenza, ci
hanno deliziato con le loro acrobazie aeree.
“… e non venite a dirmi che siete stressati!!!”, esclamò Franz con un
boccale di birra in mano.
E in effetti, nonostante tutto, quel momento era veramente la dimostrazione
di come lo spettacolo della natura sappia sempre stupire.
“Che se ciàve la valanga e il lavoro… questo è un paradiso!”, gli
risposi.
A proposito di rimanere stupiti!
Ad un certo punto Franz, suo malgrado, decise di rientrare a valle.
Dopo i saluti, inforcò gli sci e, non prima di averlo pregato di avvisarci
telefonicamente non appena avesse riattraversato la valanga, sparì nel bosco.
A dire il vero ci mise un po’ di tempo a chiamare: conoscendo la sua
velocità nell’affrontare qualsiasi itinerario, rimanemmo un poco perplessi.
“Ciao Mauri, sona già alla macchina. Sai, credo che ne sia venuta giù
ancora di neve nel canale! Non mi sembrava che ieri fosse così tanta! Vi
saluto e grazie di tutto”.
Oramai era quasi buio; sicuramente Franz non si era sbagliato in quanto è un
ottimo osservatore.
Sarei sceso la mattina dopo a controllare con il Bepi.
Così fu, e in effetti era scesa un’altra slavina sopra alla precedente e
questa volta
con parecchi detriti, terra sassi e anche alberi.
Nel pomeriggio ridiscesi con Carla, per farle vedere quanto fosse grande e
imponente la valanga.
Non ci crederete, ma quando arrivammo ci rendemmo conto che una terza scarica
era scesa sulle due precedenti, nera come la pece e piena di piante e sassi.
Ci salii sopra per osservarla: era alta almeno una dozzina di metri rispetto
al piano stradale!
Il canale ora era colmo e c’era veramente da chiedersi quanto tempo, questa
volta, ci avrebbero messo per sgomberare la strada! Eravamo a quota undici…
undici volte che quel canale aveva scaricato!
Sonia, Leonardo e Sebastiano
A chi ci dice che viviamo in un posto solitario, io spesso rispondo che si è
più soli in un condominio di città o mentre si fa la fila alle casse dell’
Ipercoop.
Spesso quassù si fanno incontri speciali!
Durante questo interminabile inverno, fra le tante, riceviamo anche le
telefonate di Sonia.
All’inizio la sua richiesta ci sembrò veramente singolare: voleva organizzare
una festa per la comunione di Leo e Seba i suoi due figli.
La prima volta che ci sentimmo,
le spiegammo che eravamo isolati, c’era un casino di neve e che se anche
questa festa era per maggio, era molto probabile trovare ancora neve.
Con una determinazione incredibile ci chiamò ancora diverse volte per sapere
se eravamo finalmente raggiungibili, ma ogni volta la risposta era che
eravamo ancora isolati.
Ad un certo punto ci sentimmo veramente a disagio; sembrava che la valanga
fosse una scusa per rimandare la sua visita.
In effetti da quel 7 Marzo la strada rimase chiusa ancora per una quarantina
di giorni!!
Stava arrivando Pasqua e l’incubo di non riuscire a lavorare neanche in
questo periodo si stava concretizzando. I lavori di sgombero a dire il vero
erano iniziati a fine marzo, ma dopo cinque giorni di lavoro le due pale
meccaniche erano riuscite ad avanzare solo una decina di metri!
Panico!! L’amministrazione comunale interruppe i lavori e decise di aprirci
una stradina secondaria per aggirare l’ostacolo. La stradina però era alla
fine percorribile a malapena con il nostro fuoristrada: un vero e proprio
concentrato di “Camel Trophi” con il fango che arrivava al mozzo della ruota!
Una quindicina di giorni dopo, ormai alla vigilia delle feste pasquali,
quando le telefonate dei clienti che volevano salire incominciarono a
fioccare e noi sconsolatamente gli spiegavamo la situazione, oltre che ad
essere disperati, eravamo soprattutto incazzati da una condizione che non si
sbloccava.
Una seconda lettera al Comune (la prima la feci alla vigilia di Natale .. non
ci si venga a dire che abbiamo rotto le scatole!!), certo con tono risoluto,
e incredibilmente alla vigilia di Pasqua, sabato 11 aprile alle ore 20, le
ruspe ci aprirono la strada.
Il giorno dopo riuscimmo finalmente a fare i primi, e unici, quattro coperti
di quel giorno di festa!
Lunedì di Pasquetta, mentre eravamo seduti a pranzo, entra al bar una ragazza
e ci disse che era Sonia.
L’accogliemmo con grande gioia, finalmente la sua determinazione l’aveva
premiata. Vedendo che la giornata era bella, aveva ben pensato di salire in
Sorgazza e aveva trovato la strada aperta. Ci accordammo per la festa e
vedemmo subito in lei una persona solare e piena di vita.
Incredibilmente confessò a Carla che nonostante la giovane età, un destino
infame le aveva tolto il marito da poco più di un anno lasciandola sola con
due meravigliosi figli e per nulla al mondo avrebbe rinunciato a festeggiare
la loro comunione qui in Sorgazza, dove aveva fatto numerose gite con il suo
caro.
Il 3 Maggio arrivò e con lui conoscemmo Leo e Seba e tutti i loro amici;
c’era ancora la neve, ma la giornata era bellissima . Fecero a palle di neve
e uno di loro aveva un bob per far giocare i ragazzini.
Fu anche per noi una festa bellissima, diventata toccante quando i nostri due
principali ospiti ci omaggiarono di un piccolo ricordo: un rinvio con due
moschettoni nei quali era inciso il loro nome, simbolo che il loro legame
sarebbe sempre stato forte e duraturo.
L’inverno, quell’inverno del 2008/09 era passato: un grazie a Sonia e ai suoi
bellissimi figli per averci donato questo indimenticabile traguardo!
A mia madre, quando tenacia e coraggio superano ogni ostacolo.
Maur.ICE
Sorgazza - Inverno 2008/2009
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