Senza
apparente motivo
di Maurizio Caleffi
“LagorICE” è
un’idea, un pensiero, una visione… ora è realtà.
Dietro a Malga Sorgazza la quarta cascata da sinistra,
individuata l’anno scorso durante la salita di “Vertigo”, è stata
scalata!
Sicuramente le condizioni non erano delle migliori:
anzi proprio perché molte volte le “non giuste condizioni”
sono utilizzate come alibi per una tentata salita non riuscita,
io e Checco (Francesco Pompoli) abbiamo deciso di affrontare questa
“prima” proprio oggi,
sotto una copiosa nevicata e con cascata non ancora completamente formata.
Sorgazza
28 dicembre 2005 - telefonata ad un amico:
“Pronto
Doro… disturbo?”
“No Mauri dimmi pure.”
“Volevo comunicarti che è stata fissata la data della nostra serata a
Civezzano.”
“Ah si?!”
“Sarebbe per venerdì 27 gennaio alle ore 20,30. Per te va bene?”
“Sì Mauri va benissimo”.
“Allora posso confermare e avvisare anche Christian?”
“Si va bene!”
"Allora ok! Sai volevo anche dirti che da oggi c’è una nuova
cascata qui in Sorgazza. L’abbiamo chiamata “LagorICE” e si trova a
destra di Vertigo.”
"Ma come? … oggi? ... con un tempo così?”
“Sì Doro, ma stai tranquillo ormai siamo già scesi, e quindi né tu né
la squadra di soccorso dovete venire a recuperarci…”
“No no Mauri: lo so ben che possiamo stare tranquilli se ci sei tu, solo
che oggi nevica da paura e onestamente…. non ne vedo il motivo!”
“Sai Doro hai ragione, ma l’unico motivo valido è che oggi qui
c’era Francesco e proprio non potevamo farne a meno..”
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“Senza
apparente motivo”, ero salito qualche settimana prima per controllare se
Vertigo era già formata e verificare di nuovo se quella colata a destra,
seminascosta, e scoperta per caso quasi un anno fa, era ancora lì.
Quando in malga mi chiedevano informazioni sulle cascate a volte omettevo
di proposito la presenza di una quarta cascata: temevo proprio che
qualcuno potesse soffiarcela e solo a pochi “intimi” ne avevo svelato
l’esistenza.
Poi arrivò Francesco: per due giorni aveva deciso di fermarsi qui
in malga. Il primo giorno si era incontrato con Roberto ed insieme avevano
salito consecutivamente sia “Sorgazza destra” che “Sorgazza
sinistra”. Era per Checco una specie di test: ultimamente, a causa del
lavoro, non riusciva più ad arrampicare con la stessa frequenza alla
quale era abituato. Inoltre erano per lui le prime due salite su cascata
di stagione.
Sia lui che il “barbiere” (Roberto Avanzini) uscivano molto
soddisfatti da quella prova e già io e Checco si incominciava a pensare
su cosa fare il giorno dopo.
Eravamo riusciti a “strappare” un permesso a Carla per la mattina
successiva fino a mezzogiorno e allora, troppo poco per andare a far
cascate in fondo alla valle, ma abbastanza per provare dietro alla malga.
“Checco, andiamo a vedere se ci riesce di salire quella cascata là,
quella in alto dopo Vertigo?”
“Senza apparente motivo”, sveglia alle 7,00: fuori ancora buio, ma si
vedeva che nevicava!
“Accidenti! Sarà una bella fatica tracciare la pista fino alle
cascate!”
L’accesso è un itinerario scovato da Christian l’anno scorso: un
complicato tracciato degno dei migliori cacciatori. Ripidi tratti di
sottobosco con fondo accidentato, diedri di roccia friabile e fango,
passaggi fra arbusti e vegetazioni che spesso ti si impigliano nello
zaino, il tutto condito da un buon mezzo metro di neve inconsistente.
Dopo essere arrivati in vista di Vertigo, rifiatiamo e ripartiamo sul
costone di bosco per circa altri 150 metri.
Avvistata la cascata, che appariva abbondantemente coperta di neve, ci
caliamo nel canale per arrivarne all’accesso. La neve in questo punto
arrivava alla cintola e avanzare era una gran fatica.
Finalmente eravamo all’attacco: un piccolo terrazzino rubato alla neve
(scavando) sotto ad un arbusto sufficientemente saldo per la sosta.
“Senza apparente motivo”, decidevamo di tentare, nonostante tutto.
E’ una specie di rito: imbrago, ramponi, casco, ferraglie varie, corda e
infine piccozze. Un tempo necessario anche per scambiare battute, a volte
scherzose, sul da farsi. In questo caso avevamo anche sorseggiato un
goccio di the caldo e morso alcuni pezzi di cioccolata, la cui marca non
posso dirla per non fare un torto ad un amico.
Salivo in diagonale i primi metri fino a raggiungere il centro della
colata: prima vite… così così!
“Speriamo migliori in seguito”
pensavo.
La seconda vite infatti… era ancora peggio: ghiaccio inconsistente come
una grande forma di emmental. Più cercavo di ripulire con la piccozza lo
strato superiore del ghiaccio e più trovavo bolle d’aria. Il massimo
l’avevo ottenuto con la terza vite: quasi avvitata completamente, avevo
avuto la netta sensazione che gli ultimi due giri fossero a vuoto. Segno
evidente che la vite aveva trapassato lo strato di ghiaccio sotto al quale
correva l’acqua. Tempo di agganciarci il moschettone e passarci la
corda, e dal foro della vite, dove solitamente si trova la carota,
incominciava a zampillare acqua. Sembrava un vero e proprio rubinetto e
non vi dico quando Franz si trovò da lì a poco per svitarlo: doccia
gelida!
“Senza apparente motivo”, continuavo a salire affrontando un diedro di
alcuni metri: a sinistra ghiaccio fragile, a destra una lama di roccia. Su
questa mi ero girato di schiena per scaricare le piccozze. Erano infisse
su candele fragilissime dietro alle quali sentivo correre l’acqua e,
ancora peggio, quando battevo da lì dietro sentivo rumore di vetri rotti
precipitare in basso. Era evidente che mi trovavo su uno strato di
ghiaccio non propriamente portante e ma uscire da quella situazione dovevo
necessariamente montarci sopra.
“Senza apparente motivo”, ero riuscito a farlo, spaccando con il
rampone destro sulla roccia e con la piccozza sinistra piantata più in
alto possibile. Ora almeno mi trovavo su una placca coperta di neve ma
molto più appoggiata. Sopra di me, a pochi metri, un bel piastrino di
ghiaccio azzurro dove finalmente potevo avvitare una bella vite da 20
centimetri, la prima decente di quella salita!
“Senza apparente motivo”, avevo già deciso di salirla tutta quella
cascata. Sopra ormai rimaneva una piccola candela di un paio di metri con
ghiaccio lucido e trasparente come il vetro. Come il vetro era
fragilissima e salirci sopra con i miei quasi 90 chili era a dir poco
preoccupante!
“Senza apparente motivo”, ero riuscito a superare anche quell’ultimo
ostacolo portandomi alla base di una pianta sulla quale avevo preparato la
sosta. Recuperato Checco, non rimaneva che scendere e tornare di corsa in
malga… già con un’ora di ritardo!
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Riporto
fedelmente ciò che il “piranha” ha annotato sul libro di malga:
28
– 12 – 2005 “LAGORICE “- Nuova salita
Avvistata nella primavera scorsa durante un’uscita di “grass-climbing”,
tenuta nascosta fino ad ora per non farcela soffiare, convinta anche Carla
a darci la libera uscita… finalmente l’abbiamo salita!
AVVICINAMENTO: una vera ravanata galattica! Neve fino al bacino… dalla
malga nuova si sale verso destra superando il torrente e rimanendo in alto
sul versante dx. Da qui si sale per il “Marchetto route” (solo lui
poteva trovarla!) per diedro fangoso, prati verticali ecc. fino ad
arrivare in vista di Vertigo. Continuare stando alti per ulteriori 150 Mt.
fino ad una cengia che permette di calarsi nel torrente (LagorICE si vede
già).
Risalire per pochi metri il torrente fino all’attacco.
P.S. forse è meglio se aspettate la segnaletica di Mauri…
SALITA: ghiaccio scarso e un po’ precario ma … non potevamo farcela
sfuggire! Mauri sale circospetto fino ad un diedro-camino. Breve tratto
verticale con spaccata su roccia (Bubu schiatta d’invidia!!) poi placca
appoggiata e salto finale! Sviluppo circa 50 m, sosta su alberino (Molto
“ino”)
DISCESA: doppia di 40 m e rientro per via di salita.
L’amico
Doro aveva proprio ragione! Tutto questo era senza motivo… ma solo
apparentemente!
Maurizio
Caleffi (M.ICE)
Gennaio
2006
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