Forse stasera è neve
di
Gabriele Villa
C’è una bella
canzone cantata dal Coro del Cai Ferrara, che ho imparato a conoscere.
Una canzone che descrive l’imminente arrivo della neve colto nei segnali
premonitori di chi conosce le nuvole, l’evolvere del tempo e i suoi
sviluppi pratici. Quei segnali, scrutati con attenzione, fanno dire che
sta per arrivare la neve, ma non solo come evento atmosferico, quanto come
rito pacificatorio, come se quel velo bianco che si stenderà su tutte le
cose dovesse portare conforto, pace, tranquillità. Probabilmente
è per questo che la frase risuona così dolce e, nel canto, viene
ripetuta quasi fosse un’evocazione: forse stasera è neve …forse
stasera è neve …
Noi non abbiamo avuto bisogno di guardare fuori dalla finestra per
capire i segnali che annunciavano l’arrivo della neve; molto meno
romanticamente ci eravamo seduti davanti al computer collegandoci ad
internet, al solito sito che dà le previsioni del tempo nella maniera più
dettagliata e precisa possibile. E non era “forse è neve”, ma
“certamente è neve”, prevista sia il sabato che, dopo una breve pausa
nella mattina, pure nella giornata di domenica.
Ma siamo partiti ugualmente, venerdì pomeriggio, perché avevamo un
appuntamento a Civezzano di Trento, dove l’amico Maurizio avrebbe tenuto
una serata presso la sala polivalente delle scuole elementari, organizzata
dalla locale sezione della SAT. Una serata a cui non potevamo e non
volevamo mancare: non tanto per vedere le immagini (in gran parte
conosciute) o per ascoltare raccontare la passione per le cascate di
ghiaccio (risaputa e in gran parte pure condivisa), quanto per vederne e
verificarne quella specie di “investitura” che la serata gli avrebbe
conferito, a lui, ferrarese trapiantato nel Tesino per gestire una
malga/trattoria, chiamato a parlare di arrampicate su ghiaccio e cascate a
dei trentini. Ed è stato come ci eravamo, più o meno, immaginati; con
una cinquantina di persone interessate al discorso ghiaccio e cascate, ma
anche incuriositi da questa esperienza di vita che lui e la compagna Carla
(imprescindibile cuoca di Malga Sorgazza) hanno saputo affrontare con
tanta convinzione e passione.
Con questa piacevole sensazione ci siamo addormentati, più tardi, dentro
al sacco piuma nel sottotetto di Malga Sorgazza, per risvegliarci al
mattino rilassati e ritemprati.
Mentre fuori, pian piano, tutto stava diventando bianco, perché, come
dicevano le previsioni del tempo, stamattina … è neve. E così ci siamo
apprestati a fare colazione con calma, realizzando però, ben presto, che
non saremmo potuti stare una giornata inoperosi a guardare dalla finestra
la neve cadere attorno.
Del resto Mauri era stato chiaro: “Nevica, ma le condizioni delle
cascate sono ottime. Dovete andare assolutamente”.
Il tempo di prepararci, scegliere il materiale e via: Franz davanti, io a
seguire e Obelix in coda, con meta la cascata Lagorice, per farne la
seconda ripetizione assoluta, dopo l’apertura avvenuta il 28 dicembre
scorso.
Che bello inoltrarsi nel bosco sotto la fitta nevicata, seguire il
sentiero battuto fino alla cascata Sorgazza destra e poi proseguire su
terreno più impervio, per pendii ripidi e sottobosco fino a calare, con
l’aiuto di una corda fissa, nel canale entro il quale sono celate
Vertigo e Lagorice. Vertigo, 120 metri di ghiaccio azzurro, sembra il
sogno materializzato di un ghiacciatore, veramente un gioiello nascosto
nelle pieghe della montagna.
Lagorice, è “solamente” 50 metri, ma ugualmente bella, perché ancora
più lontana, ancora più nascosta, in quello stesso canale che solo una
“caccia appassionata” avrebbe potuto scoprire.
Ed è stato bello anche quel “giocare all’alpinismo”, quello in cui
non conta solamente la prestazione tecnica, la difficoltà da superare, ma
gioca un ruolo preponderante quello spirito di scoperta e di avventura
che, più di ogni altra cosa, dà sapore e valore a quello che fai. Così
Lagorice è stata salita in seconda ripetizione con Obelix capo cordata,
Gabri e Franz a seguire, su quei cinquanta metri di ghiaccio duro ed
abbondante e quella candeletta finale di ghiaccio trasparente e verticale
che ti obbliga ad uscire sbilanciato e ti fa seccare la saliva sul palato.
Una corda doppia ci ha poi riportato nel canale e da lì, ricalcando le
nostre tracce, siamo ritornati indietro, salvo farci attirare da Sorgazza
destra, non appena ci siamo arrivati sotto. Il ghiaccio bagnato e più
arrendevole, in conseguenza del rialzo termico, ha agevolato l’infissione
delle piccozze, velocizzando di molto l’ascensione compiuta sempre sotto
la neve che non accennava a smettere di scendere copiosa.
Nel pomeriggio, al rientro le nostre tracce dell’andata erano già state
coperte, il camino della malga fumava indicando una stufa accesa e un
tepore accogliente, mentre un pennacchio bianco rivelava l’opera della
fresa da neve con cui Mauri stava liberando il cortile dal bianco strato
accumulato durante la giornata.
Poco dopo una calda zuppa placava i nostri stomaci affamati, mentre la
luce della giornata cominciava a scemare e nella sera incipiente fuori…
ancora è neve.
Gabriele Villa
Malga Sorgazza, 18 febbraio 2006
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