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SPIGOLATURE.
04/02/2008 - Da "Il venerdì" di Repubblica un interessante breve scritto di Erri De Luca

Ci piace proporvi un breve interessante scritto di Erri De Luca, tratto da una mini intervista rilasciata a Emilio Marrese e pubblicato su "Il venerdì" di Repubblica del 2 febbraio 2008.

 

"Noi che saliamo, ma discreti e in silenzio...
Alcune delle più belle pagine sulla montagna le ha scritte un napoletano svezzato nelle acque di Ischia, Erri de Luca. 
"Pur essendo nato a Napoli, prestissimo mi hanno sbattuto in montagna. La prima fotografia che ho di me è a un anno su un prato in montagna. Mio padre è stato alpino, durante la guerra ha combattuto nella fanteria di montagna. Il mare, certo, è il posto da cui provengo: e mi ha educato alla paura. Ho cominciato tardi a scalare, verso i trent'anni, d'estate. Ho messo le mani sulla roccia e da allora non le ho tolte più".
De Luca ha afferrato la montagna dal suo lato più ostile: quello avventuroso e catartico della parete. Ma non disprezza chi scende dall'altro versante.
"Gli italiani hanno un approccio alla montagna da villeggiatura: i modi sono quelli dell'invasione urbana. Ma trovo che comunque abbiano un atteggiamento più rispettoso che non verso il mare, perchè evidentemente la montagna incute loro un certo timore".
Lui cerca di non lasciare neanche un'orma.
"Mi sento un passante, senza diritto di chiodo e martello. Mi piace salire senza far rumore, anche quando vado per un sentiero. Cerco di essere leggero, di non lasciare traccia. neanche di magnesite: non la uso, ho pelle secca e mani esercitate da quasi vent'anni di vita da operaio, non mi sudano. A volte rinuncio anche alle scarpette, per il piacere di scalare scalzo. Lì, più che altrove, sono un intruso".
La dimensione della scalata è più romantica, spirituale, letteraria. Un modo per viaggiare dentro se stessi. E anche oltre.
"Mi piace tentare cose dure per me, ma prima di tutto vengono l'entusiasmo per l'ambiente, l'intesa con l'atmosfera e i compagni di scalata. Il gusto delle scalate sta nel fatto che il corpo prende il sopravvento sulla testa. Sulla roccia la testa smette di dare ordini. L'arrampicata è il regime democratico del corpo, la sua presa di potere.. Sulla roccia il corpo dimostra che magnifica macchina sia e quanto sconosciuta. E' bello scoprire che ci sono margini impensati di miglioramento, anche tardi. Più m'inoltro e più si rivelano funzioni nuove, comprese quelle di essere più efficiente adesso di quando avevo vent'anni. Mi sento un esploratore delle mie quattr'ossa".
La sua scalata sull'Himalaya con l'alpinista Meroi è diventato il libro "Sulla traccia di Nives". 
La paura quando sei appeso può diventare terrore.
"Ogni alpinista sottoscrive con se stesso una clausola di preferenza: consegnarsi lassù anzichè in un letto di ospedale, in un groviglio di rottami su una strada o giù da un cantiere. Si mette in conto l'incidente una volta per tutte e poi non ci si pensa più".