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NOTIZIE.
15/10/2008 -
Un ricordo di Daniele Chiappa, salitore del Cerro Torre con i Ragni di Lecco

Daniele Chiappa, “Ciapìn”: l’angelo delle Grigne. Il Soccorso alpino deve molto a Daniele Chiappa, tecnico competente e appassionato.
Che a 16 anni ebbe il “privilegio” di caricarsi sulle spalle la prima barella.

Privilegiati. Questo diceva degli uomini del Soccorso alpino Daniele Chiappa, scomparso a 57 anni a Lecco il 30 agosto 2008.
Tra i pupilli di Riccardo Cassin, alpinista accademico, aveva dedicato una vita al Soccorso alpino.
Una vita passata a portare barelle per recuperare morti e feriti. Con l’idea fissa che fosse un privilegio.
Il soccorso alpino – ripeteva fissandoti con quel suo sguardo dolcissimo – è un’attività affascinante, interessante, gioiosa. Ogni missione è diversa dall’altra, sullo sfondo c’è sempre l’avventura, anche quando tutto sembra appartenere alla più piatta routine.
Come dicono i francesi, noi siamo amateurs specialistes, dilettanti specializzati. La nostra è un’attività che si ammanta di eroismo, suscitiamo ammirazione, perfino invidia. L’attività di chi si dedica agli anziani, ai poveri cristi del Cottolengo è invece ben altra cosa: oscura, sconosciuta, sommersa
”.

Protagonista il 13 gennaio 1974 della prima invernale alla ovest del Cerro Torre con i Ragni di Lecco, tecnico del Soccorso alpino tra i più rinomati, Chiappa era un accademico del CAI come suo fratello Roberto: Ciapìn e Ciapùn erano ribattezzati nell’ambiente dei Ragni (anche se Daniele preferì appuntarsi sul petto il distintivo dei Gamma anziché indossare il rosso maglione dei celebrati rocciatori lecchesi).
I chiodi e il martello di Robi mi davano la sensazione della conquista, dell’impossibile”, raccontava Daniele riferendosi alle sue prime arrampicate dei “tredes ann”. Di anni ne aveva sedici quando si caricò sulle spalle la prima barella.
Dopo essere stato a lungo responsabile tecnico del 118 di Como, come Consigliere nazionale del CNASAS girava scuole, sedi del CAI, circoli per parlare di sicurezza in montagna, di quanto poco basti a evitare una disgrazia. Le sue strigliate lasciavano senza fiato.
Perché se io dico ‘mettetevi il casco’ i ragazzi che arrampicano mi mandano a quel paese. Dicono che fa sudare, che dà fastidio. Beh, glielo faccio vedere io che cosa succede a un ragazzo di vent’anni che cade senza protezione, ne ho dovuti fotografare parecchi e vi assicuro che viene voglia di voltarsi dall’altra parte”.
E’ davvero un’attività gioiosa il soccorso alpino, come sosteneva Chiappa? Con le dovute eccezioni. Ed è stato proprio Daniele a raccontarlo in un esemplare libro uscito alla fine del 2007, quando il suo corpo era già minato dal male.
In questo testamento morale il suo sguardo di tecnico, ma anche di uomo sensibile al quale il destino non ha mai risparmiato colpi bassi, si posa su una serie di disavventure alpine traendone preziosi ammaestramenti. Da tempo chi lo conosceva e lo stimava si attendeva questo libro di testimonianze (“Nell’ombra della luna. Storie di soccorso alpino” – Casa editrice Stefanoni, Lecco – 335 pagine, 13,50 euro).
E forse la più affascinante e sentita delle storie è quella che riguarda un caparbio Ciapìn diciannovenne respinto malamente dalla Civetta. Un’esperienza terribile che avrebbe spento ogni velleità alpinistica in qualunque altro comune mortale. Non certo in un uomo come lui, nato con le ali dentro. Così c’è da augurarsi che siano in tanti a leggere queste pagine da cui c’è molto da imparare, scritte con stile disincantato e diretto. Pagine importanti, il più bel regalo che Ciapìn ci ha lasciato. A ringraziare l’angelo delle Grigne, il giorno delle esequie a Lecco, c’erano moltissime persone. E tutte con gli occhi lucidi, Walter Bonatti compreso.

[Da “Lo Scarpone”, Notiziario mensile del Club Alpino Italiano – N° 10, Ottobre 2008.]
 



Fa piacere segnalare questo libro (Nell’ombra della luna. Storie di soccorso alpino) e nel contempo ricordarne l’autore che ho avuto il piacere di conoscere in occasione di “Cerro Torre Dance”, una sua serata tenuta a Piacenza e che ho raccontato per i lettori di intraigiarùn.
L’ho rivisto ad un anno di distanza, sempre a Piacenza, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede della Sezione del Club Alpino piacentino. Ricordo che quando gli ho chiesto come stava ha scosso la testa e fatto un gesto con la mano, come a dire “lasciamo perdere…”. Ricordo in particolare il suo sorriso triste. Non sembrava più lo stesso di un anno prima...
In seguito ho saputo che il suo calvario, purtroppo, era già iniziato.
A me piace ricordarlo come l’ho conosciuto nel dicembre 2006, pieno di energia, ricco di entusiasmo e felice di raccontare al pubblico del “suo” Cerro Torre.

[Ora è un cinquantacinquenne, con i capelli spennellati di bianco, così come la barba, che dietro agli occhialini con montatura leggera muove due occhi vivaci, ancora pieni di entusiasmo quando racconta dell’avventura al Cerro Torre.
Una delle cose che ricordo del Torre è la fame che ho patito. Bestia, che fame! – dice con la tipica cadenza lombarda – Io non ho fatto la guerra, ma là credo di avere patito quello che ho sentito raccontare da quelli che l’hanno fatta. Per fortuna che c’erano le pecore laggiù in Patagonia: quante che ne abbiamo mangiate! E per fortuna che c’erano”.
Poi racconta di avere realizzato la sua proiezione in occasione della ricorrenza dei trent’anni della salita e ne appare visibilmente soddisfatto.
Mi piace perché ci sono tutte le vecchie immagini di più di trent’anni fa, ma le ho montate con le moderne tecniche digitali e ci ho messo una colonna sonora altrettanto moderna e mi pare di avere ottenuto proprio un bell’effetto. Dev’essere così perché hanno cominciato a richiedermela da più parti ed ho fatto quaranta serate da allora. Questa di stasera è la quarantunesima ed è la prima volta che esco dalla Lombardia, anche se di poco”.
Gli chiedono se ritiene che sarebbe cambiata la sua vita se quella loro salita fosse stata riconosciuta (da subito e fino in cima) come la prima del Cerro Torre.
Credo proprio di sì. – risponde con serenità in cui si avverte tuttavia una punta di giustificato rammarico – Guarda com’è cambiata quella di Lacedelli e Compagnoni dopo il K2, per esempio, vuoi non pensare che sarebbe cambiato nulla solo per noi?

Ma i Ragni non hanno mai voluto spingere sull’acceleratore del dubbio nei confronti di Cesare Maestri e io mi ritengo soddisfatto di essere arrivato in cima come seconda cordata ed a soli 22 anni”.]
Brano tratto da: "
Incontri: Daniele Chiappa e Giorgio Spreafico" - intraigiarùn