a "La Via Normale al Sassolungo di Cibiana" di Roberto Belletti
di Gabriele Villa
Devo dire che “La
Via Normale al Sassolungo di Cibiana” mi è piaciuto parecchio, per
almeno tre buoni motivi.
Il primo di questi sta nel fatto che la descrizione dei luoghi in cui si
svolge l'escursione è ben introdotta con quel riferimento al paese di Cibiana e ai suoi
murales che ho avuto modo di vedere e apprezzare l’anno scorso in una visita
pur se un po’ frettolosa; così come è precisa e ben dettagliata la
descrizione dell’avvicinamento al Sassolungo e la sua via normale, sia a
parole che con l’aiuto delle fotografie.
Il secondo motivo sta nel fatto che Roberto ha colto perfettamente lo
spirito del Rock Notes, sezione che abbiamo inserito su intraigiarùn
nell’estate del 2009, proprio con l’intento di fornire spunti per
arrampicate ed escursioni con un approccio non solo tecnico ma
“complessivo”, cioè senza trascurare le informazioni di contorno (culturali,
paesaggistiche e/o storiche) e le sensazioni ed emozioni provate nel
compiere l’escursione.
Il terzo motivo è che pure io ho salito il Sassolungo di Cibiana e non per
caso come è capitato a lui, ma per amicizia, o meglio l’inizio di
un’amicizia con un allievo del corso di alpinismo del 1990 che poi si è rinsaldata
nel tempo e dura tuttora. Me ne è rimasto un ricordo così piacevole da
averne scritto un post per intraisassBLOG, pubblicato nel 2007, uno scritto breve che
mi fa piacere riproporre qui.
[Si
era appena iscritto alla nostra Sezione, il giovane Michele Ghelli, e lo
aveva fatto appositamente per poter frequentare il corso di alpinismo. Gli
si leggeva negli occhi la passione per la montagna e, successivamente,
scoprimmo che era nel suo Dna, avendo la madre originaria di Cibiana di
Cadore, luogo dove ancora abitava la nonna e queste origini spiegavano molte
cose. E lui, proprio là dalla nonna materna, passava le vacanze estive, non
lontano da Pecol di San Tomaso Agordino dove le passavo io, solo una valle
più in là. Al termine di quel corso di alpinismo ci scambiammo i numeri di
telefono e la promessa che ci saremmo incontrati per un’arrampicata, anche
se, nessuno dei due, forse ci aveva creduto molto. Invece, ad agosto, mi ero
ricordato di quel numero di telefono, lo avevo chiamato e, infine, ci
eravamo incontrati a Forcella Cibiana, con lo scopo di arrampicare insieme.
Quando ci trovammo, gli chiesi se aveva qualche idea di dove andare ad
arrampicare e ricordo che mi disse: “Sono cresciuto sotto il Sassolungo
di Cibiana. Per me è una montagna simbolo e da sempre ho desiderato di
salirla. Se sei d’accordo vorrei fare quella …”.
Conoscevo quella sensazione, ripensai al “mio” Civetta, alle estati della
mia adolescenza passate a Pecol sotto a quello “sfondo” meraviglioso della
parete nord ovest e fui d’accordo. Del resto la salita del Sassolungo di
Cibiana non presenta soverchie difficoltà e andava benissimo per noi che non
avevamo ancora arrampicato assieme fino ad allora. Facemmo le cose per bene,
andando all’attacco con tutto il materiale d’arrampicata, martello e chiodi
compresi e iniziammo a salire con l’accordo che alla prima difficoltà ci
saremmo legati in cordata e così, passo dopo passo, arrivammo in cima senza
averlo fatto. Ricordo la foto che gli scattai sulla vetta, quel suo sorriso
di felicità stampato sul volto incorniciato da una zazzera di capelli alla
Angelo Branduardi. Mi confessò con semplicità e una punta di commozione:
“Oggi mi hai
aiutato a realizzare un sogno che avevo fin da bambino e ne sono felice”.
In effetti, io non avevo fatto gran che; semplicemente lui era cresciuto,
acquisendo la capacità di fare ciò che per anni aveva sognato. Quella fu la
prima di tante scalate che lo fecero diventare oltre che un bravo alpinista
anche un ottimo istruttore di alpinismo del Cai. Credo che quel giorno lui
avesse provato qualcosa di molto simile a ciò che avevo provato io
nell’ormai lontano 1976 quando ero arrivato (e potei dire… finalmente!)
sulla cima del “mio” Civetta. Entrambi avevamo subito l’imprinting di una
montagna che aveva riempito le nostre fantasie e saputo accendere in noi una
grande, inesauribile passione.]
A questo punto posso aggiungere un quarto motivo, cioè il piacere di avere rinnovato,
grazie a Roberto, questo bel ricordo e concludo aggiungendo che non avrei
mai potuto immaginare, allora, che quel giovane, oltre che un buon amico,
sarebbe diventato uno dei più forti alpinisti ferraresi.