Bibì & Bibò e l'imponderabile
di Angelo Bolognesi e Michele Pifferi
foto di Gabriele Villa e Leonardo Caselli
L’imprevedibile, l’inimmaginabile, l’impensabile, l’imponderabile,
l’inaudito.
E’ accaduto. E’ successo. E’ avvenuto.
Attoniti abbiamo assistito.
La nostra mente, impreparata ad un evento di questa portata, era uno
schermo nero, un cielo senza stelle, un cassonetto vuoto.
Ci siamo sentiti come dopo un’operazione al cervello.
Ma tentiamo di procedere con ordine, cercando di vincere
l’incredulità, ancora viva.
Domenica 21 febbraio, il nostro torpedone con il suo tristissimo
contenuto di varia e colorata umanità, si sarebbe dovuto dirigere in
Val Badia nella zona di Pralongià.
Il rischio valanghe, oscillante tra il 9 (valanghe da Bisbiglio ) e
il 10 (valanghe da Pensieri Intensi), avrebbe suggerito di andare di
corsa sul posto nella speranza di consegnare alla pace eterna
l’intera comitiva di montagnofili in ebollizione.
Non sempre le
valanghe sono una sciagura.
Qui apriamo una breve parentesi.
Secondo i recenti pareri di autorevoli esperti in materia, pare che
le valanghe si possano contrastare con tanta “formazione “ e/o con
altrettanto “fiuto”.
Interpretando il desiderio di comprensione di quanti, come noi, non
possiedono le stesse altissime competenze, vorremmo, a tal
proposito, ricordare le parole di un affermato allenatore di calcio
di sangue romagnolo circa gli ingredienti necessari per avere
successo nel suo sport.
E non solo, aggiungiamo noi, ritenendoli indispensabili anche nei
riguardi delle Signore Valanghe, per le quali nutriamo un rispetto
pari al volume di neve spostata.
Questi ingredienti sembrano essere: "Occh, pazienza e bus de cul"
.
In sintesi, ci sembra quello che sostengono anche i nostri valenti
esperti.
Chiudiamo la breve parentesi e torniamo “ab ovo”.
Nella Bibbia, nel Libro dei Proverbi, si legge:
“Il cuore dell’uomo fa i suoi disegni, ma spetta al Signore dirigere
i suoi passi.” (Proverbi cap. XVI)
Purtroppo, mancando un’occasione ghiotta e irripetibile, il nostro
Signore Grande Capo (sempre sia lodato), dando prova di scarsissimo
fiuto, e di una discutibile formazione, ci ha dirottati verso un
posto totalmente sicuro e a noi completamente sconosciuto…
Nientemeno che nei dintorni del Castello di Andraz, dove oramai
salutiamo anche i fringuelli chiamandoli per nome. Ovviamente, la
sosta preliminare è stata effettuata al ristorante “la Baita”, dove
i simpatici proprietari, al pari dei marinai del Pequod, vedendoci
arrivare hanno indossato in fretta e furia le incerate e gli stivali
di gomma e, afferrati gli idranti, si sono preparati per ridare un’
immagine di decenza ai bagni dopo il nostro passaggio.
Dato che era la Milionesima volta che il Capo ci portava a devastare
quei territori, il Signore del Castello di Andraz, riesumato per
l’occasione, pare ci aspettasse nascosto tra gli alberi con i suoi
sgherri, allestendo in nostro onore una simpatica caccia all’uomo.
Come dargli torto…?
Ma il Capo, oltre che per le valanghe, per le viole mammole e per il
pesce marcio, ha fiuto anche per gli agguati e, in testa al gruppo,
si è messo a tirare come una stufa a pellet.
Noi tutti, dietro di lui, sfrecciavamo tra gli abeti veloci e
colorati come i gatti tra i bidoni dei rifiuti.
Ecco.
Da quel preciso momento il destino della nostra gita, normalmente e
geneticamente portato verso la catastrofe, ha inspiegabilmente
virato verso un imprevedibile, totale, clamoroso, pieno successo.
Giuriamo che avremmo rinunciato ai diritti civili pur di potervi
raccontare di qualcosa andato storto.
Niente.
Nell’ammetterlo ci sentiamo confusi come due extracomunitari
nell’ufficio permessi della questura.
Quello che è successo è che ne è nata la gita perfetta: ‘La Gita’.
Il meteo è stato meraviglioso; un magnifico sole, per buona parte
del percorso, ha reso facoltativa l’assunzione per via orale di
antigelo.
La neve fantastica, gelata, soffice, fresca, antica, a strati, a
cumuli, a statue, insomma per tutti i gusti.
Il pericolo valanghe, attestato intorno a – 20 (valanghe da U.F.O.),
ha richiesto comunque che fosse alto non tanto il livello della
nostra “formazione” quanto, trovandoci dietro al Capo, quello del
nostro "fiuto".
Abbiamo ciaspolato per sei ore in un ambiente via via sempre più
aperto fino al raggiungimento di un crinale che, come tutti i
crinali, faceva il suo sporco lavoro separando un al di qua da un al
di là con tutte le sue belle montagne innevate intorno, con i suoi
picchi, i suoi pendii, le sue cime baciate dal sole e l’enrosadira e
il paesaggio mozzafiato e la rava e la fava ecc…ecc…ecc…
Tutto meravigliosamente meraviglioso.
Unico, trascurabile neo, non si trovava Mario.
Quisquiglie.
Inoltre, udite, udite: NON C’ERA CIASPOLO.
Di fronte a questo avvenimento che già da solo rende inverosimile la
gita (come pensare all’Inquisizione senza Torquemada o alla
Transilvania senza Dracula), scaraventandoci di fatto nel Paese
delle Meraviglie, qualcuno ha vacillato non essendo preparato a
esperienze e gioie di tale natura e intensità.
Gli unici a manifestare una civile protesta sono stati i lupi cui,
nel caso fosse stato fra i presenti,avevamo promesso il Troll per
cena.
Nel frattempo, le ricerche di Mario non davano frutti.
Inezie.
Il ritorno alla “Baita”, avvenuto roteando allegramente nella neve
fresca, scomposti come orsi ubriachi, ci ha riservato un
confortevole ristoro in un ambiente accogliente e caldo dove le
nostre povere ossa hanno potuto ritrovare una temperatura
compatibile con la vita.
Quando si era abbandonata ogni illusione di ritrovare Mario in vita,
si è scoperto che lui era tranquillamente nel gruppo.
Aveva
solamente cambiato la giacca a vento con una di un altro colore,
rendendosi d’incanto irriconoscibile agli occhi degli attenti e
vigili accompagnatori.
Quindi, smentendo la tradizione, tutti i partecipanti hanno fatto
ritorno al pullman.
Durante il viaggio di ritorno, avvenuto senza alcun tipo di sermone
ortopedico, l’autista si è rivelato inaspettatamente e
inspiegabilmente sobrio.
Abituati ad una guida degna di un indiano sbronzo in cerca di un
altro whisky, abbiamo pensato fosse stato sostituito con un clone
analcolico.
Ora, tutto ciò è veramente troppo anche per noi, abituati, nostro
malgrado, dopo anni di CAI, quasi a tutto.
Accovacciati nel torpore semioscuro del torpedone sentivamo le
immagini della gita tornare a galla nelle nostre menti come gnocchi
messi a bollire…
1) Giornata splendida
2) Neve fantastica
3) Valanghe in ferie
4) Totale assenza di Ciaspolo
5) Esemplare ristoro alla “Baita”
6) Nessun disperso (record). Neanche Mario.
7) Mancanza di sermoni ortopedici
8) Autista incredibilmente sobrio
Sbigottiti e silenziosi, mentre aggiornavamo la nostra “formazione”
e limitavamo il nostro “fiuto”, guardavamo disorientati fuori dal
finestrino, dove correvano i fili della luce e le linee del telefono
con le loro voci che andavano e venivano.
Lentamente, nel vuoto di tanto smarrimento, un pensiero prendeva
corpo, ridandoci il sorriso.
Ci sono momenti in cui tutto va bene; non spaventiamoci, non dura.
Vamo là!
Bibì & Bibò
Domenica, 21 febbraio 2010