Le emozioni di "Cinquanta sfumature di ghiaccio"
di Gabriele Villa
Come c’era scritto sulla locandina?
“Una serata emozionale alla ricerca e scoperta dell'affascinante ed
effimero mondo ghiacciato”.
Un appuntamento per il quale avevo ricevuto due inviti, il primo da
Paola Lugo, vecchia amicizia risalente ai primi anni di “intraisass”,
che ora ha a che fare con l’Associazione “Ai Lumi” che organizza le
serata.
Il secondo invito arrivato da parte di Maurizio, via e-mail con la
locandina allegata e un messaggio:
“Ciao Gabri … ecco la cosa di qui divevo parlarti! Sei fortemente
invitato…”.
Proprio così aveva scritto di getto, “di qui divevo”, senza controllare
errori di battitura.
A me era piaciuto più di tutto quel “serata emozionale”.
Attorno a Maurizio, qui a Ferrara, ruotano parecchie amicizie, non
sarebbe stato difficile trovare compagnia per il viaggio a Lumignano e,
alla fine, eravamo in otto con due auto e il nono lo avremmo trovato già sul
posto.
Infatti è lì, all’interno della chiesa entro cui si svolgerà la serata,
sta smanettando su di un computer assieme a Maurizio perché c’è
qualcosa che non va, il solito intoppo dell’ultimo momento.
La sala è già piena, ma Franz mi indica un posto che aveva tenuto per sé
in seconda fila prima di tornare a smanettare nel posto dove rimarrà
per tutta la serata.
Tre ragazzi stanno intanto suonando con due chitarre e un’armonica a
bocca, intorno è un gran fermento, un via vai di persone a provare,
controllare, ripassare i testi, perché sono parecchi ad avere il foglio
in mano.
Alcuni li conosco, altri sono amici di facebook, come Ettore, qualcuno
incontrato una sola volta in Sorgazza, come Daniele, la più parte
sconosciuti o magari visti solo in fotografia attaccati con le piccozze
a una qualche cascata di ghiaccio.
Dall’altro lato della sala c’è Carla, vicino a lei l’inconfondibile Bepi
con il pelo fulvo e gonfio del suo abito invernale, lì vicino un tavolo
con libri e uno scatolone con magliette colorate e una ragazza seduta su
una carrozzina… chi sarà?
Non so nulla, lo saprò più tardi, immagino …
Intanto scatto foto, memorizzo, accumulo curiosità nella mente e penso
che le risposte arriveranno nel corso della serata.
La sala è piena, valuto che saranno centocinquanta più o meno, c’è
Christian, lui non manca mai quando c’è di mezzo Maurizio, sorride con
la sua solita espressione che trasmette simpatia; più dietro intravvedo
Alberto Peruffo, immaginavo che non potesse mancare a una serata come
questa.
Intanto il computer che faceva le bizze viene sostituito e si può
cominciare. “Buonasera a tutti, scusate il ritardo causato da problemi
tecnici …” – è Paola che fa gli onori di casa.
Vicino a lei Maurizio è microfonato (come i bravi conduttori), sguardo
concentrato, la serata che si è immaginato deve frullargli nella testa e
mi immagino il vespaio….
Dietro a me, foglio in mano, Daniele Bonato, uno di quelli che conosco:
ci siamo visti una sola volta in Sorgazza, ma saranno passati dieci anni
da allora, la nostra conoscenza è cresciuta attraverso intraigiarùn a
cui ogni tanto invia un racconto, di scalate, in cascata di ghiaccio
naturalmente.
“Sei il primo a leggere?”
“Sì!”
“Lo immaginavo dall’emozione che traspare.”
Però qui emozionati devono essere in parecchi, chi più chi meno, perché
è una serata “ruspante” nella quale pare che tanti dovranno sperimentare
qualcosa di inedito. Cominciano le letture, racconti di cascate, di
piccozze, di freddo, presentate da un dialogo tra Maurizio e Monia
Gaibotti, filo conduttore di introduzione ai vari racconti.
I volti si susseguono, le foto sono sullo schermo in secondo piano:
ghiaccio, cascate, neve, piccozze, viti da ghiaccio … e un microfono che
attraversa lo schermo, me ne sono accorto soltanto quando mi sono seduto,
di quella interferenza.
Non ci faccio caso perché non sono venuto qui per guardare le foto, ma
per ascoltare soprattutto.
Arriva il turno di Ettore, di Vicenza per l’esattezza; ci siamo dati la
mano per la prima volta nel bar di Lumignano neanche un’ora prima, amici
di facebook, riconosciutisi dalla fotografia del profilo.
Legge di una sua esperienza in cascata, mentre i tre ragazzi suonano
chitarra e armonica.
C’è qualche problema di bilanciamento dei suoni e a volte la musica
sembra prevalere sul parlato, ma forse è solo un problema del mio posto
di osservazione un poco defilato.
Dettagli.
Continua l’improbabile dialogo di Maurizio con Monia che deve essere
ancora più emozionata di lui, ma intanto si susseguono i lettori, tutti
emozionati, si ripetono le storie, diverse tra loro eppure uguali nel
loro raccontare esperienze comuni ed emozioni.
Poi ne arriva uno più rilassato, la parlata non è affrettata e Maurizio
aveva pregato i musici di lasciare gli strumenti nel corso della lettura
e si sente molto meglio.
E' Claudio Inselvini, nome che conoscerò solo a fine serata.
Dopo ritorna in lettura una ragazza e legge uno scritto di Monia che
racconta di una malattia combattuta con la passione per le cascate e il
loro mondo ghiacciato, una storia di volontà da parte di chi non si
arrende di fronte ad una diagnosi “cattiva” e la sua vita non la vuole
lasciare in mano ad un rassegnato sconforto.
Segue un ragazzo, e chi sarà?, con quel microfono in mezzo allo schermo
ho perfino smesso di guardare le scritte che appaiono.
La sua è una storia che scuote i nervi, racconta di una scalata finita
male, con la sua ragazza che perde la vita mentre lui lotta per salvare
la sua e non lasciarsi andare tra le braccia della morte.
Una voce fuori campo irrompe nel suo raccontare, è Paola che gli chiede
come ha fatto ad andare avanti, come sia potuto rimanere così freddo e
razionale di fronte alla morte nel momento in cui tutto pareva dover
finire e soprattutto nel dopo, con la perdita del suo “amore”.
La voce del ragazzo risponde decisa alle domande, pare non tradire
emozioni, piuttosto determinazione e tanta consapevole razionalità.
L’unico modo per combattere la morte è vivere, nel momento in cui ti
vuole portare via e soprattutto dopo, quando avanti devi andare e lo
puoi fare solo continuando a vivere senza condizionamenti da paura.
Maurizio e Monia cambiano posto e meno male, altrimenti nemmeno la si
sarebbe vista, sarebbe rimasta solo la voce di un dialogo smozzicato
dall’emozione.
Si capisce che qualcosa sta per succedere ed è quando la ragazza in
carrozzina si avvia verso il microfono per fare la sua lettura e le cose
mi diventano più chiare.
Ora ricordo l’immagine e la scritta che avevo visto su facebook e la
tragedia che ci stava dietro: tre persone che arrampicano in val Daone e
un terrazzino che frana trascinandoli in una caduta rovinosa.
Hai voglia di mettere “mi piace” su facebook … ma quando sarà che
aggiungeranno un semplice “ho visto”, per storie come questa?
Alla fine se la sono cavata tutti e tre, ma Eleonora Delnevo, ora è qui
sulla carrozzina in attesa di raccontare la sua storia, la sue scalate
antecedenti, la passione per la montagna e, da ultimo, l’avventura che
non avrebbe mai voluto vivere.
Scorrono le immagini di un volto felice e carico di voglia di vivere,
poi ritorna quel ricordo, la frana, il precipitare, il dopo, le
operazioni chirurgiche, la presenza e la vicinanza di tanti amici, la
necessità di reinventarsi un’altra vita per continuare a vivere, non solo
sopravvivere.
Il ricordo è doloroso, la voce si incrina, si fa tremula, poi diventa
pianto, ma non si ferma, continua ad andare avanti, come la vita che
devi riprendere per mano partendo da una convinzione che ti dia forza.
Ecco allora spiegato quel titolo che avevo letto sullo schermo:
“Diventare sasso, ma senza rotolare”.
Allora bisogna asciugarsi le lacrime, continuare il racconto anche se fa
male, arrivare in fondo per sé e per gli altri che sono intorno.
L’emozione in sala è palpabile, poi arriva la conclusione, un applauso
liberatorio, ma anche solidale.
Maurizio e Monia hanno terminato la loro conversazione, caricano gli
zaini sulla schiena, prendono le corde e si incamminano verso la loro
immaginaria arrampicata.
I tre musici continuano a suonare, adesso senza limitazioni di volume,
mentre i lettori vanno sul palco con una maglietta di colorazioni
diverse, ma con lo stesso logo.
Maurizio fa la dedica della serata ad Oskar Piazza, morto quest’anno
sotto una valanga dall’altra parte del mondo:
Poi parla della maglietta, dell’idea di solidarietà che ci sta dietro,
di altre cose che si vorrebbe accadessero e che si farà il possibile
perché si realizzino … di un possibile libro da scrivere insieme a chi
lo vorrà, della voglia di fare questo pezzo di strada insieme.
Si dispongono per la foto di gruppo, in mezzo a quelli che hanno letto
le storie c’è anche una carrozzina, e tutti sorridono dopo avere
raccontato le loro “50 sfumature di ghiaccio”.
Ora rimane da fare il resto, rimane una storia ancora da scrivere, o
meglio … ancora tutta da vivere, anche con occhi nuovi o forse solamente
diversi.
Gabriele Villa
Le emozioni di "Cinquanta sfumature di ghiaccio"
Lumignano, sabato 5 dicembre 2015