Brutti tempi
di Angelo Bolognesi
Era l'imbrunire.
Il sole era calato dietro le montagne e mi trovavo a passeggiare nel
bosco candido di neve.
In lontananza, sulle piste da sci, gli striscioni colorati urlavano
pubblicità nell'inutile attesa delle mandrie di sciatori. Le note de “La
montanara” versione metal, uscivano dai diffusori e cavalcando le
raffiche di vento invadevano l'intera vallata deserta. Spettrali, i
seggiolini di vecchi skilift arrugginiti dondolavano nel vuoto.
Era il capodanno del 2020.
All’improvviso, un sensore bluetooth a campo avvolgente magnetico diurno
e notturno del mio Set Security, acquistato per soli 2000 euro su
Amazon, rivelava la presenza di estranei a meno di tre metri, mandando
il segnale di pericolo. Immediatamente ho attivato il selezionatore
etnico del bersaglio e il revolver Stuntgun modello ENEL 6000. Se
qualcuno si avvicinava troppo, anziché sparare con i proiettili di gomma
come al postino o mettere una tagliola sotto il camino per Babbo Natale,
questo pratico e utile acquisto elettrificava il bersaglio con una
scossa di 6000 volt.
Facendosi largo tra gli abeti carichi di neve, si stava aggirando un
esemplare di Negazionista, ovviamente senza mascherina. Fissandomi con
gli occhi fuori dalle orbite, urlava che era tutta una montatura, che il
vaccino era un trucco del potere, che in fondo bastava un cucchiaio di
sciroppo, una bella dormita o al massimo un clistere.
Con un sorriso come un’anguria aperta si avvicinava soddisfatto,
sputacchiando tutt’intorno e continuando a sciorinare le sue congetture
circa il complotto mondiale plutogiudaicomassonico.
Intuendo che con ogni probabilità l’ossesso aveva contratto il Virus del
Cretino, lo spirito volterriano che mi possiede mi fece portare la mano
al revolver Stuntgun ENEL 6000.
Il vento, fattosi nel frattempo più minaccioso, oltre a disperdere le
ceneri dell'incauto e convinto complottista No-vax, aveva anche iniziato
a scaldarsi raggiungendo i 50 gradi e i 200 chilometri all’ora.
Nei pollai le galline deponevano uova sode e gli alberi sradicati mi
sibilavano attorno prima di accatastarsi a fondovalle. Nel giro di dieci
minuti la temperatura scendeva sotto lo zero e un metro di neve è
piombato come un’incudine dal cielo. Sfidando l’uragano, ho fermato un
SUV di passaggio, un raccapricciante incrocio tra un TIR, una ruspa e
una contraerea. Avanzando a stento nella bufera, mi hanno scaricato
davanti a un rifugio dove, puntuale come l’IMU, alle 17 sono entrato per
cenare.
Di fronte a me, la TV stava trasmettendo in eurovisione i
sorteggi per l’assegnazione dei fondi anti-crisi. Il gestore, uno degli
ultimi aborigeni della valle, con un preciso e deciso colpo di scarpone,
cambiava canale sintonizzandosi sul notiziario meteo. Una volta affidate
a qualche colonnello sorridente, da un po’ di tempo le previsioni erano
affidate a Dario Argento.
Con la mascella scardinata, seguivo le agghiaccianti evoluzioni della
situazione meteorologica, quando, improvvisamente, sono cominciati i
botti.
“Sarà che a causa del coprifuoco hanno anticipato la mezzanotte”
- bisbigliai.
Mentre, con la piccozza, rimestava la polenta, ci ha pensato il gestore
a fare chiarezza.
“Non sono i fuochi di artificio, sono le Dunlop, chicchi di grandine
grandi come palle da tennis” - ha grugnito.
Abbandonato temporaneamente il canederlo e indossato il copricapo di
cemento modello “Trump”, sono uscito dal rifugio per rendermi conto,
giusto in tempo per vedere le poche auto parcheggiate accartocciarsi
come lattine sotto i colpi della grandine. Attonito di fronte alla
tempesta, sono stato investito da Gennaro, uno sciatore sfuggito alla
quarantena e proveniente dal Vesuvio grazie a uno skipass che gli
consentiva di fare il giro d'Italia senza staccarsi dagli sci. Mentre
l’entusiasta Gennaro tentava di immortalare entrambi con un selfie,
sospettando che potesse essere infetto, mi sono iniettato una dose di
vaccino da viaggio venduto dalla FIAT unitamente alla raccomandazione di
fare un tagliando completo dopo 10.000 Chilometri.
Nel medesimo istante, alle mie spalle, il rifugio veniva travolto da una
valanga dalle dimensioni del Texas.
In quel momento è suonata la sveglia.
Con le unghie ancora piantate nel materasso ho spalancato gli occhi.
Rendendomi conto che era solo un incubo ho tirato un lungo sospiro di
sollievo. Mi trovo in montagna, è il giorno di Natale, da quei tempi
orrendi sono trascorsi molti anni e in qualche modo le cose hanno
trovato una loro sistemazione.
Frate Indovino dice che la neve riprenderà a scendere a camionate, solo
che avverrà ai Tropici.
I pipistrelli non trasmettono più le pestilenze, adesso ci pensano le
pantegane, la fanerogame e gli interisti.
I ghiacciai hanno finito di sciogliersi trascinando i rifugi fino in
spiaggia con grande risparmio di fatica per raggiungerli. In mancanza di
pascoli, è stata selezionata una razza di mucca che si ciba di dolomia.
Ne esce un ottimo formaggio che viene servito accompagnato da marmellata
di mirtilli del Kenia e un martello pneumatico. Nelle malghe, oltre alle
grappe al Pino Mugo, al Ginepro e alla Genziana, ha fatto la comparsa
quella alla Sarda in Saòr. I pesci si spostano allegramente da un oceano
all’altro così che un fritto misto è uguale in Alaska e in Sudafrica.
L’acqua del mare si è un tantino surriscaldata e alle latitudini dei
poli si può pescare una zuppa di pesce già pronta e fumante, per la
felicità delle massaie del luogo.
Rinfrancato nello spirito, vado a riesumare le vecchie palline di vetro
conservate in soffitta e sacre come il Graal, il boa argentato di dodici
metri che avrebbe fatto gola alla Bella Otéro e in cima all’albero
sistemo la vecchia punta, una via di mezzo tra Excalibur e il cavatappi
di Goldrake.
Esco all’aperto e per prima cosa stacco un dattero dalla palma
rigogliosa che ombreggia la baita.
Il disco del sole splende oltre un cielo colore dell’asfalto.
Temperatura 38 gradi.
Di fronte a me, nella vasta distesa di mare liscio e denso come olio
combusto, la parte emergente del Gruppo Sella, come una torta non
lievitata, fronteggia il faraglione del Sassolungo. Avvolti dalla
calura, due turisti a bordo di un moscone si stanno gustando una granita
alle Vongole al bagno Gardena.
Nonostante l'età, la tentazione di una
nuotata si fa irresistibile. Indosso pinne, maschera e mascherina e mi
tuffo. Sfidando la presenza dei feroci squali Loden dalla pelle verde,
sotto lo sguardo vigile di alcune marmotte -poliziotto dotate di
branchie, raggiungo la mia barchetta nel porticciolo del Lido di
Colfosco.
Ormeggiato il natante sotto la Exner, me ne vado a pranzo alla rinomata
Friggitoria Pisciaddù dove mi aspettano due parenti stretti. Gestita da
due splendide bambole-parlanti tirolesi a grandezza naturale e dotate di
otto lati B intercambiabili, è aperta a pranzo e fino alle 18.
Dopo le
18, solo per asporto.
Causa i divieti di spostamento tra le regioni e fedele al motto ‘Natale
con i tuoi’, al posto dei parenti veri, mi sono fatto spedire da Amazon
due copie capaci di 100 movimenti, 50 espressioni e di un vasto
vocabolario ferrarese. Assieme a loro mi è stato cortesemente inviato in
omaggio un cane modello “Fido” con annesse pulci di plastica e filtro
antiscoregge.
Rinfrescati da un ventilatore grande come una pala eolica, pranziamo
assieme sull'ampia veranda della friggitoria. Intorno a noi si alzano le
grida gioiose dei bagnanti che, attraverso il vicino scivolo Setuss, si
lanciano in mare. Attorniati dai gabbiani e nel rispetto della distanza
sociale, gustiamo l'eccellente anguilla fritta di Colbricon. Nell'attesa
dei calamari di torrente fritti nel ricercatissimo grasso di coccodrillo
della baia di Travenanzes, mi tornano alla mente le terribili immagini
dell'incubo notturno.
“Quelli erano proprio brutti tempi ..." - penso.
Levando in alto il calice di Albana del Cervino, auguro a tutti Buon
Natale 2040.
Bibò
Brutti tempi
Inverno 2020 / 2021