Non luogo a procedere 

  di Gabriele Villa

 

Non mi era mai capitato, almeno fino ad ora, di dovermi presentare di fronte ad un Magistrato con tanto di toga e sguardo inquisitore. Mi consola il fatto di non essere imputato di alcunché, bensì convocato come testimone informato di fatti sui quali s’indaga.  

Lei è chiamato quale persona informata dei fatti a testimoniare circa il rientro svoltosi con il buio dalla cascata denominata Placca Multistrato, in località Val Daone.
E’ consapevole che quanto riferirà potrà essere usato contro di lei?   

Sì, Vostro Onore, ma giuro di dire tutta la verità e nient’altro che la verità.  

Esponga dunque i fatti così come li ha vissuti.  

Siamo partiti alle 6,15, in otto con due auto diretti in Val Daone.  

Può spiegare perché così lontano dal vostro abituale luogo di residenza?  

La passione per le salite su ghiaccio è molto forte e per essere adeguatamente soddisfatta richiede grandi cascate, per la qual cosa la Val Daone è il luogo ideale.
Arrivati sul posto abbiamo deciso quali cascate salire in base alle cordate che avevamo visto già impegnate sui percorsi. Gli obiettivi prescelti furono Regina del Lago e Placca Multistrato, perché, anche con nostro stupore, erano impegnate da una sola cordata ciascuna.  

Nel verbale in mio possesso è scritto che le cordate ed i due gruppi non furono formati seguendo rigorosi criteri alpinistici e di merito.


Ciò risponde al vero, Vostro Onore. Le cordate furono formate seguendo criteri improntati all’amicizia fra le persone e la scelta fu operata da persona esperta che meglio d’ogni altra poteva conoscere sia le cascate sia le possibilità tecniche delle persone. Non avevamo motivo di preoccuparci circa la giustezza delle scelte operate.
Perché allora il vostro gruppo non salì Regina del Lago come era stato stabilito?

Quando arrivammo alla base della cascata scoprimmo che, nascoste da una quinta di roccia, stavano quattro persone nell’attesa di salire. Due di loro erano legate ad un capocordata che saliva molto lentamente. Sopra di lui stava la cordata che avevamo notato in precedenza. Valutammo che se avessimo atteso la partenza di tutti avremmo fatto notte sulla cascata. Pensammo di salire una variante diretta, ma essendo questa proprio sopra ai quattro in attesa, li avrebbe resi bersaglio dei pezzi di ghiaccio da noi rimossi nella salita. Quindi decidemmo di rinunciare per andare a salire un canale secondario, non troppo distante da lì, denominato Figlia illegittima della Regina.  

Quando entraste in contatto visivo con i vostri amici impegnati sulla cascata Placca Multistrato?

 

Dopo il rientro all’auto. Decidemmo di andare giù alla locanda del Placido in modo da attenderli al caldo. Quando con l’auto arrivammo alla Diga ci rendemmo conto, dopo qualche minuto di osservazione, di come stava evolvendo la situazione.  

E quali considerazioni faceste in base alla vostra osservazione?

 

Le due cordate avevano proceduto affiancate per non danneggiarsi a vicenda.
Una era ferma sulla destra della cascata e il secondo stava smontando la sosta per apprestarsi a partire. Alcuni metri sulla sinistra e più in basso l’altro capocordata procedeva e dopo un po’ arrivò ad attrezzare la sosta.  

Perché non proseguiste fino alla locanda come avevate programmato in precedenza?

 

Erano oramai le quattro, Vostro Onore, e restavano poco più di due ore di luce.

Vedendo la lentezza della progressione pensammo che non avrebbero potuto completare la salita. Avrebbero dovuto scendere a corde doppie, ma le due cordate erano separate. Siccome eravamo certi del fatto che sarebbero dovuti scendere tutti insieme decidemmo di attendere il momento del ricongiungimento e dell’inizio delle operazioni di discesa.
Quali erano secondo voi i motivi della lentezza del procedere dell’arrampicata?

Lo scarso grado di allenamento dei due secondi di cordata. Quando i polpacci cominciano a dolere e bisogna lo stesso stare sulle punte dei ramponi, non si riesce ad attenuare il dolore fin che questo diventa talmente forte da arrivare fino ad “impastare” il cervello. Io stesso ho provato questa spiacevole sensazione appena una settimana fa a Sappada, alla mia prima uscita dell’anno.  

Non divaghi con ricordi personali di nessuna utilità al fine del chiarimento dei fatti e spieghi piuttosto come vedeste evolvere la situazione?

 

Certo, Vostro Onore. Vedemmo il secondo della prima cordata arrivare in sosta e l’altro continuare a salire, anche se lentamente, verso la sosta. Decidemmo di attendere fin che le cordate non si fossero ricongiunte. Oramai erano le cinque del pomeriggio e rimaneva poco più di un’ora di luce, con tre corde doppie da scendere per arrivare a terra.  

Durante l’attesa faceste fra di voi considerazioni di merito su quanto stava accadendo?

 

 Ci dicemmo che, vista la scarsa esperienza in cascata e lo scarso allenamento dei secondi di cordata, era stata poco felice la scelta di salire una cascata con la discesa tutta da attrezzare e da effettuare con l’autorecupero delle viti da ghiaccio.  

Foste dunque in ansia per i vostri amici?


Non particolarmente, Vostro Onore. Pensammo che la scelta del nostro amico più esperto fosse stata sufficientemente consapevole, tanto da avere previsto anche la soluzione della discesa con il buio. Infatti, tutti e quattro avevano con sé la pila frontale ed il sopraggiungere dell’oscurità non avrebbe rappresentato una difficoltà insormontabile. Alle cinque e un quarto le due cordate si ricongiunsero alla sosta e subito iniziò la calata. Tememmo soltanto quando la calata si interruppe e sentimmo delle grida. Ci parve di capire si fosse verificato un aggrovigliamento fra le corde di calata e quelle di cordata, ma quando dopo poco la discesa riprese ci mettemmo di nuovo tranquilli.


Ci può dire come furono coinvolti i Vigili del Fuoco in questa situazione se le circostanze non ne sollecitavano la presenza?

 

Da quel che abbiamo appreso c’è una camionetta che, verso sera, abitualmente fa un giro in valle per verificare che non vi siano cordate attardate sulle cascate o bisognose di soccorso. Si tratta di un servizio di routine istituito di recente. I due di pattuglia si fermarono vicino a noi, alla Diga. Spiegammo loro quanto stava succedendo e del fatto che non fossimo preoccupati se non dalla lentezza con la quale stavano procedendo le varie manovre in atto. Ci dissero che, se ci fosse stato bisogno, avrebbero chiamato i colleghi con una potente fotocellula in grado di illuminare la cascata a giorno e ciò ci diede ulteriore tranquillità.
Intanto la discesa procedeva con regolarità e, nonostante il calare della luce del giorno, vedemmo il “filo scuro” delle corde allungarsi sul biancore del ghiaccio verso la sosta dove erano in tre. Intanto il nostro amico più esperto stava certamente attrezzando un “elicottero”, cioè la doppia sulla vite da ghiaccio da recuperare assieme alla corda di calata.
Finalmente lo vedemmo scendere velocemente e ricongiungersi agli altri.  

Perché allora fu fatta arrivare la fotocellula dei Vigili del Fuoco se tutto procedeva con regolarità?  

Furono i due della pattuglia ad allertare i colleghi di loro spontanea iniziativa.
Alle sei, quando il buio stava oramai velocemente sopraggiungendo, li chiamarono.
“Meglio vengano qua per nulla – dissero - piuttosto che occorra aiuto e loro non siano presenti”.
Poi arrivò anche il buio e vedemmo accendersi, una ad una, le lucine delle frontali dei nostri amici sulla cascata. Intanto le manovre per la seconda corda doppia erano cominciate e le lucine si trasferirono sempre più verso i piedi della cascata.  

Quando fu portata la fotocellula a che punto era la situazione?  

Se ricordo bene, una lucina era già alla base della cascata e gli altri si apprestavano a scendere a loro volta. Oramai era buio pesto. Solo quel fascio di luce attraversava la superficie del lago per andare ad infrangersi sulla cascata di ghiaccio disegnando un cerchio del diametro di trenta metri. Poi finalmente tutti furono a terra e scesero al sentiero che gira attorno all’invaso. Solo allora la fotocellula fu spenta. Erano oramai passate le sette. Andammo loro incontro e rientrammo tutti attraversando la diga dell’ENEL.  

Può dire in che condizioni fisiche e di umore vi apparvero gli amici quando li raggiungeste?  

Il nostro amico più esperto era il più allegro e pimpante; secondo noi era molto soddisfatto di avere riportato la sua truppa incolume alla base, oltretutto senza lasciare materiale in parete. I secondi di cordata apparivano uno decisamente provato e l’altro un po’ affaticato, ma ciò era più che comprensibile dopo una giornata così intensa. L’altro capocordata più che stanco dava l’idea di essere contrariato da tutto quel via vai involontariamente provocato e del quale avrebbe fatto volentieri a meno.  

Chi ha redatto il verbale avanza l’ipotesi di errori compiuti nella valutazione delle capacità degli alpinisti e sulla non omogenea composizione dei due gruppi di arrampicata. Lei ha attenuanti da sottoporre a questa Corte prima che emetta la propria sentenza?  

Come già detto, Vostro Onore, se errore c’è stato nel comporre le cordate fu dovuto ad “eccesso di generosità, abbinato ad una ottimistica fiducia nella valutazione delle performances che avrebbero potuto fornire persone non ben allenate.
Non fu valutato che lo scarso allenamento si sarebbe tradotto in una lentezza di progressione che avrebbe portato a non completare la cascata ed a dover affrontare la discesa con il buio.
Tuttavia la decisione di scendere presa per tempo, la dotazione da parte di tutti di pile frontali e la calata in sicurezza con il recupero delle viti di calata devono far considerare la piena consapevolezza tecnica di chi aveva assunto le decisioni.
   

Orbene, valutati gli eventi così come sono stati descritti e acquisito il parere delle persone presenti ed informate dei fatti, questa Corte dichiara il non luogo a procedere. Tuttavia questa stessa Corte fa viva raccomandazione a tutti gli otto componenti il gruppo che ha operato in Val Daone, proprio in virtù dell’amicizia che li lega, di non delegare in futuro ad un’unica persona le decisioni (per quanto competente ed affidabile essa possa essere).
Piuttosto richiama tutti al dovere di farsi partecipi delle scelte da assumere al momento della formazione delle cordate e degli itinerari da salire.
Raccomanda inoltre alle persone meno allenate di migliorare il proprio stato di forma, ovvero prescrive, in alternativa, la scelta di itinerari con rientri agevolati e/o a sviluppo limitato al fine di non esporsi a rischi superflui maggiormente presenti quando si opera al buio.
Così fu deciso da questa Corte, oggi, addì 23 febbraio 2003.  

Post scriptum
A distanza di quasi un anno, in vista delle prossime nuove avventure invernali, mi ha fatto piacere rispolverare questo ricordo che era rimasto in fondo al cassetto.
L’ho soltanto depurato dai nomi dei protagonisti che non hanno importanza alcuna ai fini della storia, della quale ricordo con precisa definizione quel fascio di luce a trafiggere il buio delle tenebre di Val Daone.
Come intenso è il ricordo dell’atmosfera “partecipata” che ha legato tutti noi presenti a quell’avventura, pur nel differente grado di coinvolgimento, nella varietà dei caratteri e nel diverso grado di amicizia.

                                             

Gabriele Villa

Ferrara, 2 dicembre 2003