Ancora una volta ne è valsa la… Penna

di Gabriele Villa


L’uscita del Corso di alpinismo al Monte Penna è un po’ attesa e un po’ temuta (almeno da me), ma non certo per le difficoltà o i pericoli che vi si possono incontrare, bensì per la strada da percorrere per arrivarci.
Un po’ come quasi tutte le strade dell’Appennino è stretta, zeppa di curve e controcurve, salite, discese, avvallamenti, rampe improvvise e sembrano… apparentemente interminabili.
Me ne lamentavo un po’ durante il viaggio di andata e Lucio, mi ha fulminato con una battuta:
E’ per quello che vai sempre sulle Dolomiti, lì le strade sono tutte dritte!
Non ho ribattuto, anche se, davvero, rispetto a queste strade appenniniche quelle delle Dolomiti a me sembrano proprio quasi rettilinee comunque, passano poco più di due ore da Piacenza, ma alla fine si arriva al parcheggio sotto il versante nord del Monte Penna.
Dovevo arrivare alla Scuola di Piacenza per imparare a conoscere questa montagna che offre dei percorsi invernali veramente interessanti e di diversificate difficoltà tecniche: dopo averla salita, di solito, ci si convince che valeva la pena anche fare tutta quella strada in automobile per arrivarci.

Ci accoglie un freddo pungente, in controtendenza rispetto al caldo che già si avverte nelle città, la neve c’è ancora, anche se non abbondante come di solito è in questa stagione.
Ci si prepara abbastanza velocemente e poi, Lucio in testa alla fila di istruttori e allievi, ci si dirige verso la parete, camminando tra gli alberi fino al caratteristico laghetto ghiacciato.
Mi sono attardato a fare un paio di foto e quando arrivo vicino al gruppo, immancabile, risuona la voce di Lucio: “Adesso saliremo verso il canale delle Donne, il pendio diventa più ripido e guai se vedo usare male la piccozza. Vi abbiamo già spiegato come fare, per cui state concentrati.
Il Prazz ammicca verso di me e conclude, “Che oggi non è giornata lo ha già detto prima …”.
Ah, ecco, mi sarei meravigliato del contrario” – rispondo ammiccando a mia volta.
In effetti, Lucio è un burbero incontenibile, pignolo all’inverosimile, sempre pronto a richiamare, a fare osservazioni, ma anche dispensare consigli, aiutare se qualcuno ha bisogno… chi lo conosce sa che quando è così vuol dire che sta bene e che l’atmosfera del corso lo tiene “carico”.

Sempre in fila arriviamo all’inizio del canale e qui ci si divide per cordate e ognuno comincerà il lavoro didattico programmato per la giornata: progressione in cordate formate dagli allievi con gli istruttori che salgono slegati vicino al capocordata per dargli tutta l’assistenza necessaria, consigliarlo sul da farsi in riguardo al posizionamento delle sicurezze intermedie e alle soste da attrezzare, sia su alberi che su piccozza, infilata o sepolta, a seconda delle condizioni della neve.
Il corso è iniziato da nemmeno un mese ma sono già state svolte sei lezioni teoriche su abbigliamento, materiali, nozioni sulla neve, nodi principali, tecniche di autoassicurazione e assicurazione al compagno, pericoli in montagna.
E’ la seconda uscita pratica su neve e la prima in cui si comincia a mettere in pratica e in fila tutta quella caterva di informazioni che sono state fornite nell’arco di quattro settimane di lezioni teoriche e nella prima uscita svolta la settimana precedente in Val d'Ayas: è abbastanza logico che la manualità lasci un po’ a desiderare e qualche nodo non riesca al primo colpo.
Il livello generale però mi sembra più che buono e lo noto da “esterno” perché di tutta la parte teorica non ho potuto seguire nulla per via della mia lontananza che mi fa essere istruttore un po’ part-time: unica eccezione la lezione sui pericoli in montagna che tengo oramai da cinque anni.
La parte bassa del canale delle Donne è abbastanza innevata e anche ricca di alberi che usiamo come punti di sosta però facendo fare sicurezza al compagno a spalla in modo da imparare a farla bene; più sopra il canale si restringe e prima che aumenti la pendenza c’è un tratto di neve più profonda in cui riusciamo a impostare anche una sosta con piccozza sepolta, mentre la manualità nel fare sicurezza a spalla migliora sosta dopo sosta.

Il tiro seguente comincia a farsi “serio” e Antonio, il mio allievo, (che si alterna in cordata con Claudio che invece è un istruttore) ha due pedule da escursionismo che si piegano ad ogni passo; per fortuna che almeno i ramponi li ha fissati bene e tengono, pur essendo di quelli “antichi”.
La neve però è arrendevole e, nonostante la ripidità del canale, rimane un buon margine di sicurezza, in modo che si può salire senza grossi patemi e concentrarsi sulle manovre da fare.
Troviamo una bella clessidra proprio nel centro del canale, formata da un sassone incastrato sotto ad un isolotto roccioso, mentre le altre cordate confluiscono tutte nel canale e le corde qualche volta si incrociano perché ognuno sale secondo una sua logica personale, non necessariamente lineare e dettata da dove intende fermarsi per attrezzare il punto di sosta.
Più sopra, il canale presenta una strettoia e tutti puntano lì, così per evitare sovraffollamenti noi decidiamo di andare verso destra dove c’è ancora neve abbondante, seguendo una diramazione del canale che ci porterà nel bosco soprastante.
Riusciamo a mettere insieme altri due tiri di corda, e in totale fanno sette, poi usciamo nel bosco ma Antonio e Claudio rimangono legati; da qui riesco a vedere la prosecuzione del canale che si trova dopo la strettoia che avevo visto da sotto e nel quale sono impegnati gli altri: valutando a occhio direi che ci siamo persi tre tiri di corda e un po’ dispiace, ma non ci si poteva infilare tutti sullo stesso percorso.
In compenso siamo i primi ad arrivare sulla vetta del Monte Penna (1.753 metri), mentre il tempo si è andato rabbuiando ed ha pure fatto sentire alcuni tuoni poco rassicuranti, anche in rapporto ad un nuvolone nero che si è andato addensando proprio sopra le nostre teste.
Fortuna che tanto rumore produce soltanto qualche fiocco di neve granulare e così restiamo tranquilli e possiamo mangiare nell’attesa che arrivino su anche gli altri.
A dire il vero faccio assai presto perché mi sono portato soltanto alcuni piccoli ovetti di cioccolata e una bottiglietta d’acqua, così decido di ritornare verso il basso e vado ad imboccare il canale dal quale sbucheranno le cordate, scendendo di qualche decina di metri per scattare qualche foto.
Ci vuole un po’ di pazienza, ma alla fine, dopo averne sentito le voci, li vedo arrivare e riesco a prendere qualche bella inquadratura durante la progressione.

Fotografo anche Lucio che, instancabile come sempre, è andato su e giù per il canale osservando il "lavoro" dei suoi istruttori con le varie cordate: lo vedo, giù in basso, fermo su di un ripiano, intento ad osservare il procedere delle cordate e mi richiama alla mente uno stambecco capobranco, uno di quegli animali, padroni del territorio e tutelari del branco che vigilano affinché nessun pericolo incomba sui suoi protetti.
Finalmente vedo arrivare su anche gli altri, la cordata di Mauri e poco sotto quella del Prazz, i ragazzi che salgono con buona sicurezza posizionando qualche rado rinvio dove riescono, facendo recupero con la sicurezza a spalla della quale oramai hanno acquisito più che buona manualità.
Alla fine siamo tutti in vetta, dopo avere atteso i ragazzi della cordata di Marino e di Daniela che erano rimasti attardati: si respira aria di soddisfazione per la cima raggiunta in cordata dagli allievi.

Non c'è molto tempo per rilassarsi, soprattutto per gli ultimi arrivati, perchè i brontolii di Lucio mettono in moto la truppa e, dietro a lui, scendiamo il pendio innevato della via normale fino ad imboccare un canale ancora più in là di quello delle Donne, meno ripido e di certo più sicuro che ci riporta giù rapidamente nel bosco sotto la parete.
Un aggiramento verso destra ci riporta poi sulla traccia che abbiamo lasciato all'andata e in fretta arriviamo al laghetto ghiacciato, dove togliamo ramponi, imbragatura e casco.
Scatto un paio di foto alla parete del Penna e al canale delle Donne, poi il gruppo riparte e andiamo all’auto e lì, tirato fuori tavolo, cibarie e bottiglie di vino, ci concediamo uno spuntino pantagruelico.
Oramai mi sono affezionato a quest'abitudine (vorrei dire quasi un rito) delle uscite del corso di alpinismo della Scuola "Bruno Dodi", tanto che nemmeno porto più da mangiare nello zaino, fatti salvi alcuni cioccolatini, qualche caramella e la borraccia con l'acqua, anche perchè le uscite sono talmente intense che il tempo per fermarsi a mangiare proprio non rimane, però si sa che a conclusione di giornata ci si rilasserà tutti insieme, scambiandosi anche le impressione sulla giornata e scherzando in allegria e tranquilla soddisfazione.
Ovviamente il rito non è lasciato al caso perchè a inizio corso vengono nominati due "cambusieri" che per tutte le uscite previste si incaricheranno delle provviste e di coordinare i "contributi" mangerecci che ognuno porta di volta in volta, poi è tutto un... turbinio di fette di salame, di prosciutto, di pancetta, di porzioni di torte salate, di formaggi di vario tipo (da segnalare la mastodontica presenza di una mezza forma di gorgonzola), di tutto un po' insomma, per concludere alla fine con dolci di vario tipo e provenienza.
A questo proposito devo dire che la "brazzadèla" ferrarese ha avuto un ottimo riscontro e riscosso gradimento.

Particolarmente ben riuscito lo spuntino del Monte Penna e quindi è giustificata la visibile soddisfazione dei "cambusieri" Emanuele e Luca, ma in tutto il gruppo si respirava aria di soddisfazione, sia negli allievi che avevano fatto una bella esperienza, come anche da parte degli istruttori che avevano temuto la scarsa presenza di neve ad ostacolare una giornata didattica che, invece, è riuscita ottimamente sicché, ancora una volta bisogna proprio dire che ne è valsa la… Penna.

Gabriele Villa
Monte Penna (Appennino Piacentino-Ligure), domenica 25 marzo 2012