Il regalo di Natale con un bel Nastro d’Argento
di Francesco Pompoli
Domenica 15 dicembre saliamo con le pelli verso la cima del Mulaz.
La
neve è durissima, di tipo primaverile, la gita è una delle poche ancora
fattibile in questo strano inizio di inverno, nel quale ha fatto prima una gran nevicata e
poi tre settimane di sole, caldo e foehn; la temperatura è intorno allo
zero nel lungo canalone in ombra e noto alcune colate di ghiaccio
abbastanza anomale per la stagione.
Arrivati alla parte alta del canalone rimango senza fiato… perché
davanti a me Simone, diciannove anni, sale con un ritmo indiavolato, ma
anche perché mi appare la spettacolare goulotte di Nastro d’Argento che
scende perfetta dalla cima del Focobon.
E’ raro vederla formata così bene, soprattutto a inizio stagione: di
solito si crea per fusione della neve del catino superiore, quindi è una
tipica cascata primaverile, piuttosto impegnativa sia per
l’avvicinamento che per la difficoltà della salita. Scatto qualche foto
per studiare con calma la situazione e poi via, dietro a Simone che
ormai è già arrivato al sole!
Salendo rimugino.
Sono anni che ammiro questa colata, che desidero
salirla.
Ricordo l’unica volta che partimmo decisi, io e Mauri:
arrivammo a San Martino da Ferrara per dormire qualche ora e attaccarla,
a fine marzo del 2001.
Ricordo ancora il telegiornale di quella sera nel quale fecero
vedere che a Roma c’erano 30°C ed i turisti si bagnavano nelle fontane.
Con Mauri ci guardammo e rinunciammo a metterci nei guai su una cascata,
scegliendo invece di metterci nei guai
su un diedro di porfido da
raggiungere con mille metri di dislivello da fare con gli sci e la neve marcia!
Durante la settimana l’immagine di quella splendida linea non mi lascia,
d’istinto lancio un amo via mail a chi potrebbe essere interessato…
Maurizio, Christian, Fabrizio…
Venerdì sera si parte finalmente per le vacanze di Natale, mentre salgo
verso San Martino mi arriva il messaggio di Christian: “Lunedì si può
fare, da Martedì nevica e finisce ogni possibilità!”.
Accidenti, un pesce grosso ha abboccato ed ora sono tutti cavoli miei…
non arrampico seriamente su ghiaccio da quasi dieci anni, ho male ad un
ginocchio ed eccomi coinvolto in un’avventura più grande di me!
Più
penso alla logistica e più mi viene male… per arrampicare sulla goulotte
sarebbe meglio avere gli scarponi da arrampicata, ma per salire fino ai
2600 metri dell’attacco non ho alcuna intenzione di usare le ciaspole…
Gli
sci d’alpinismo sono l’ideale, per salire sui ripidi pendii e
soprattutto per scendere velocemente.
D’altronde l’idea di arrampicare
su ghiaccio con gli scarponi da sci non è che mi entusiasmi;
ripensandoci… non l’ho mai fatto neanche quando mi difendevo bene sulle
cascate!
Vabbè… proverò ad infilare gli scarponi nello zaino…
Domenica sera sento Christian, non mi sembra tanto convinto neanche lui,
fa caldo, nubi basse, giornate uggiose che non ti invogliano certo a
salire in quota carico di peso e a buttarti su una cascata del genere,
magari nella nebbia. Ci diamo appuntamento per le sette del mattino
dopo, da una parte sono felice di partire l’indomani per una salita che
mi ha sempre attirato per la sua evidenza ed estetica, dall’altro penso
che la ruggine sulle mie piccozze ormai sia veramente troppa per
lanciarsi in queste avventure!
La notte dormo male, sento bruciare il
ginocchio infiammato, immagino già i miei polpacci ed avambracci poco
allenati urlare sul ghiaccio verticale, a cui non sono più abituato, mi
chiedo girandomi nel letto perché mi caccio in queste avventure senza
adeguata preparazione.
In auto nella nebbia ci avviciniamo alla Val Venegia chiedendoci se non
sia meglio una tranquilla salita con gli sci sul Mulaz; propongo di
andare comunque a vedere l’attacco della goulotte, e a quel punto
Christian dice: “... e se poi è formata e non abbiamo le picche?”.
E’ fatta, buttiamo tutto negli zaini, a parte gli scarponi da
arrampicata che ovviamente non entrano; percorriamo la lunga valle fino
al canalone, cominciamo a salirlo e Christian scopre di avere le pelli
lisce, un passo avanti e tre indietro… sul tratto ripido togliamo gli
sci e saliamo direttamente con i ramponi sulla neve portante su cui le
lamine non mordono a sufficienza.
Passiamo le nuvole e sbuchiamo in
quota sotto uno splendido cielo azzurro, il mare di nubi resta basso
nella valle lasciando uscire solo le cime più alte del Lagorai, del
Latemar e più lontano di Brenta, Adamello e Presanella.
Ci appare anche lei, lo splendido Nastro d’Argento, che parte da un
nevaio, scende evidente tra le rocce gialle e grigie e poi sparisce in
un ultimo camino verticale che ci nasconde il primo tiro.
E’ ancora
lontana però, parecchie centinaia di metri di dislivello e fino
all’ultimo non capiamo se all’interno del camino c’è o meno il ghiaccio
che ci consentirà di accedere alla parte superiore della colata.
Arriviamo al cono di neve dell’attacco dopo circa tre ore, mangiamo e
beviamo qualcosa per la prima volta e ci prepariamo a partire.
Il primo
tiro sembra abbordabile, anche se il ghiaccio sembra proprio poco e non
tutto il camino è visibile.
Parte Christian, sale sicuro ma con molta
circospezione, una vite in poco ghiaccio, una clessidra con cordino, una
seconda vite ed una seconda clessidra poi sparisce dalla mia vista e la
corda non avanza più.
Lo sento sbuffare, la corda avanza di pochi
centimetri alla volta, ogni tanto spunta un suo piede in spaccata sulla
roccia… conoscendo Christian e la sua bravura la vedo male soprattutto
per me!
Chissà cosa mi aspetta… passano i minuti e finalmente lo vedo
ristabilirsi all’uscita di un ultimo tratto verticale.
Urlo “Bravo
Christian!” e dopo poco tocca a me partire.
Già il primo tratto è
abbastanza impegnativo, un salto verticale senza ghiaccio obbliga ad una
spaccata con i ramponi sulla roccia, ad un allungo delle piccozze per
mordere un po’ di ghiaccio ed una tirata di braccia per superare
l’ostacolo, con un ultimo passaggio davvero poco elegante (appoggio pure
un ginocchio… orrore !).
Il tempo di tirare il fiato e guardare sopra il
prossimo tratto per nulla tranquillizzante… una decina di metri privi di
ghiaccio, con roccia lisciata dall’acqua e dal colore rossastro poco
invitante.
Capisco perché Christian ha impiegato tanto a salire,
rassegnato mi avvicino e tento di passare frontalmente su uno
strapiombo, prima con le piccozze, poi con le mani… niente, la neve non
tiene e la roccia è priva di buoni appigli.
Provo e riprovo, alla fine
trovo la soluzione incastrando una piccozza quasi in orizzontale e
caricandola in opposizione, appoggio una spalla alla roccia del camino,
in qualche modo mi alzo, e raggiungo Christian alla prima sosta; ripeto
i complimenti, proprio un tiro difficile da salire da primo di cordata!
La bella notizia è che la sosta è attrezzata, altro dubbio che avevamo
sulla salita: il rientro in doppia dovrebbe essere più semplice, così
come il resto della cascata.
Il secondo tiro prosegue in goulotte,
piuttosto stretta e verticale; a tratti il ghiaccio è scarso e poco
proteggibile, la salita piuttosto impegnativa, mai banale, ma anche
esaltante e divertente.
Seconda sosta, con cordoni molto rovinati che rinforziamo
opportunamente, poi la goulotte si apre, un primo salto verticale ancora
in ombra e poi Christian mi urla: “SOLE!”.
Il sogno di ogni cascatista
si avvera, arrampicare sul ghiaccio baciati dal sole, alle nostre spalle
uno splendido panorama, il cielo azzurro e la luce sulle cime che
spuntano dalle nuvole compatte che coprono le valli sottostanti… un
panorama che ti fa sentire in un posto speciale, la soddisfazione di
aver creduto a questa salita anche in condizioni poco propizie ed ora
potersi godere tutta questa bellezza.
Raggiungo Christian al sole della terza sosta, scomodissima su una
clessidra decentrata rispetto alla colata di ghiaccio. I continui salti
non permettono mai di vedere l’intera colata, la si scopre lentamente
passo dopo passo, una continua sorpresa, un bellissimo regalo di Natale.
Al quarto tiro la corda finisce e Christian non trova la sosta
attrezzata e quindi deve prepararla sul poco ghiaccio disponibile. Lo
raggiungo arrampicando ancora al sole, ma ormai è ora di rientrare.
La
luce comincia ad avvicinarsi al tramonto, sopra di noi un saltino di
ghiaccio sottile e cotto dal sole, poi non si sa cosa ci sia. Si
intuisce un tratto più orizzontale, forse un anfiteatro tra rocce
gialle; la salita dovrebbe essere finita, i 200 metri della relazione li
abbiamo percorsi e già qui è strano non aver trovato la sosta;
avventurarsi più in alto e non trovare ghiaccio per una calata su abalakov sarebbe un vero problema.
Christian attrezza due abalakov con mirabile sicurezza, lanciamo le
corde e partiamo per la prima delle quattro doppie. Ripercorriamo così
tutti i tiri della salita, ci godiamo la luce che vira al tramonto ed il
mare di nubi sempre compatto sotto di noi.
Giungiamo assetati alla base
della goulotte, divoriamo quel poco che rimane nello zaino e
raggiungiamo gli sci mentre la neve diventa arancione ed il sole cala a
sfiorare le nuvole.
Una bella discesa con gli sci, su neve compatta e con il peso dello
zaino da domare sulle nostre spalle, buchiamo le nubi nel canalone del
Mulaz e raggiungiamo il pian della Vezzana in un grigio ormai color
tenebra.
Qui la giornata è rimasta uggiosa, e noi lassù, al sole, sulla
nostra goulotte!
Scendiamo per la forestale battuta, spingiamo e pattiniamo nei tratti in
falso piano, tentiamo una sortita alla Malga Venegia sperando che sia
aperta, e nonostante non ci sia nessuna luce accesa e le sedie siano già
sui tavoli la gestrice ci porta due radler e due fette di torta, al
caldo del camino acceso.
Arriviamo alla macchina all’imbrunire, soddisfatti della giornata.
Ci
stringiamo la mano, ringrazio Christian per avermi “parancato” su una
così bella salita, lui ricambia: “Grazie a te, che hai queste belle idee!”
Già, le idee… sono l’unica cosa che mi è rimasta dopo tanti anni di
inattività!
Uno sguardo, una linea e la voglia di lanciarsi in nuove
avventure!
Francesco Pompoli
Cima Focobon, lunedì
23 Dicembre 2013
Note tecniche:
Nastro d’Argento
(Ghiaccio Verticale, vol 2, di Francesco Cappellari)
Sviluppo: 200 metri
Difficoltà: IV 5 – Esposizione W
Quota attacco: 2600 metri
Bellissima goulotte situata in ambiente solitario.
Si attacca il canalino con passaggi verticali e delicati fino alla sua
uscita (55 metri, 90° 85°).
Si prosegue ora sul bellissimo nastro ghiacciato
con risalti e paretine fino alla fine del ghiaccio in corrispondenza di
una parete rocciosa (140 metri, 75° 85°).
Discesa in doppia sulla via.
Cordata:Christian Marchetto - Francesco Pompoli