1964. Scuola di alpinismo Gino Bombardieri al Bernina
Ricordi del 1° Corso di alpinismo al CAI Ferrara
di Giuseppe Gorini
Piccola premessa della redazione.
Questo che pubblichiamo è il diario di uno dei partecipanti a quello che
è stato il 1° corso di alpinismo di alta montagna al CAI di Ferrara.
L'anno era il 1964 e il Corso era organizzato dalla Scuola di Alpinismo GINO BOMBARDIERI
presso la Capanna Marinelli al BERNINA. Capo istruttore Gino Ortelli
del CAI di Sondrio, partecipanti della sezione del CAI di Ferrara: Lamberto Berti, Paolo Salsi, Tito Ferretti, Pino Guaraldi,
Giuseppe Gorini, Sandro Gorini, Renato Fabbri, Giorgio Stefani (e
Stefani figlio. NdR). Periodo di
svolgimento dal
25 Luglio al 2 Agosto 1964.
Sabato
25 Luglio 1964
Arrivati a Campo Franscia si fa conoscenza con Giorgio Redaelli (un importante scalatore).
Partiti per Capanna Marinelli.
Impiegato sei ore, io
cinque,
correndo come un matto, ma il mio passo era così, perciò basta!).
Arrivati alla Capanna si mangia e si va a letto.
Sono in camera con
dott. Berti e Paolo Salsi.
Domenica
26 Luglio 1964
Partiti alle ore 7:00 per passo di Caspoggio.
Vista stupenda su
Adamello, Gran Zebrù ed altre cime di 3000 metri.
Si risale per uno sfasciume
di rocce fino alla cima Fellaria (3100 metri), si discende per l’omonimo
ghiacciaio e si risale alla cima Marinelli. (3137 metri).
Quindi si
ridiscende al rifugio per il pranzo.
Si mangia e si beve mezzo litro di vino
e si va a riposare fino alle 15:30 per la scuola di roccia.
Che rottura,
si sa già tutto!
Si rientra alle 19:00.
Si cena, si canta e si gioca a
trionfo.
Lunedì
27 Luglio 1964
Partenza ore 7:00 per la Musella orientale. Dopo il ghiacciaio si arriva
all’attacco. Si sale per placche di granito (bella l’attraversata sulle
placche lisce ed i successivi passaggi che io reputo di 4° grado). Si
giunge sull’anticima.
Si ridiscende un po’ e si risale fino alla cima
vera (3150 metri).
La discesa si fa lungo la cresta (impegnativa).
Si giunge
ad un punto per corda doppia (da ridar!).
Si giunge ad una “bocchetta” e
qui aspettiamo un'ora e mezza i ritardatari.
Si discende legati per il punto
terminale del ghiacciaio e, superato il crepaccio terminale, ci si slega e
si giunge al rifugio alle 14:00.
Si pranza e poi tutti a nanna fino alle
18:15.
Ci si sveglia e si sta un po’ fuori a cercar fiori.
Si cena alle
19:20. Si va a letto alle 21.
Martedì 28 Luglio 1964
Sveglia ore 2:45. Si fa colazione e poi si torna a letto perché il tempo
è brutto.
Ci si sveglia alle ore 9:00 e si fa un po’ di lezione teorica
fini all’ora di pranzo alle 12:15.
Si termina alle 13 e Fabbri offre il
digestivo, con noi c’è anche Redaelli.
Mi butto un po’ sul letto, quindi
verso le 15 si va ad arrampicare vicino al rifugio su due belle placche
impegnative (5° e 6° grado). Ci mettiamo quattro ore per fare 90 metri.
Io faccio
da terzo con il compito di togliere i chiodi.
Su nove ne riesco a togliere
sette
e mi spello un po’ una nocca delle dita.
Si discende a corda doppia,
quindi si torna al rifugio per il solito ghiaione.
Qui mi succede un
incidente alquanto noioso: mi sbuccio un dito e mi taglio con un sasso,
così ora ho il dito fasciato ed aspetto la cena. Dopo si canta un po’ e
si va a letto. Il tempo è brutto.
Si stabilisce che l’indomani ci
sveglieremo alle quattro per andare in cima al Bernina, se il tempo sarà bello.
Mercoledì
29 Luglio 1964
Ore quattro sveglia, il tempo è buono si va sul Bernina.
Alle 7:45 si arriva
alla capanna Marco e Rosa a 3660 metri.
Si beve tè e si mangiano prugne e
formaggio. Alle 8:45 si parte per la cima.
Si pesta ghiaccio e roccia
fino alla cima italiana, quindi si va alla cima principale in Svizzera
attraversando una crestina di ghiaccio spettacolare, ma la fifa c’è.
Ottima la battuta di Renato Fabbri con Pino Guaraldi: "Vieni vieni cl’è
‘n impressiòn, ch’an gh’è paricul!”
Erano "solo" trecento metri di strapiombo ghiacciata da
una parte e dall’altra.
Durante l’attraversata un piccolo giallo: Stefani (si tratta del
figlio. NdR) è preso dal panico e
tenta di aggredire il capocordata (Giuseppe
Forni detto il Parsutt)
seduto cavalcioni sulla cresta a far sicura. Fortunatamente, dopo un
momento carico di tensione, ritorna la calma così si può giungere
felicemente in cima a 4050 metri dove ci attende uno spettacolo magnifico su
tutte le Alpi, dall’Adamello al Monte Rosa.
Si discende percorrendo ancora la
stessa via.
Alla capanna Marco e Rosa si mangia, ma arriva la notizia
di un incidente di montagna.
I nostri istruttori capi cordata
partecipano al soccorso.
Si attendono gli sviluppi.
La spedizione torna
col ferito (fortuna non morto) e contemporaneamente arriva l’elicottero
che lo trasporta all’ ospedale. Operazione di salvataggio perfetta!
Si
riprende la discesa giù per un canalino tra delle roccette, ma qui mi
succede un guaio che mi avrebbe potuto impedire di scrivere queste
righe.
Un grosso macigno smosso da chi stava scendendo più in alto
dietro le mie spalle, precipita rotolando a salti lungo il canalino.
Con un ultimo balzo mi colpisce la schiena di striscio, strappandomi
dalle spalle lo zaino contenente la cinepresa semiprofessionale da 16 mm
di Tito Ferretti, che mi aveva affidato perché il mio zaino era quasi vuoto.
Probabilmente questa cinepresa mi ha protetto la schiena dall’urto del
macigno salvandomi la vita.
Lo zaino è rotolato giù in basso fino allo
sbocco del canalino sul ghiacciaio sottostante andandosi ad infilare nel
crepaccio terminale. Sul ghiacciaio lungo il bordo del crepaccio vedo
una fila di caramelline colorate che tenevo nello zaino come riserva di
zucchero. Sembrano il segnale di dove lo zaino si è infilato nel
crepaccio.
Il ritorno è molto triste Ora sono qui che aspetto (è dopo
cena) l’inizio di una S. Messa di un Sacerdote di passaggio per
ringraziare il Signore ed il mio Angelo Custode per il pericolo
scampato.
La S. Messa però viene rimandata perché verrà celebrata al
mattino successivo molto presto.
Giovedì
30 luglio 1964
Mi sveglio verso le 9:30 ed apprendo che una squadra di portatori è
partita per andare a recuperare il mio zaino caduto ieri nel crepaccio.
La mattina passa in attesa del ritorno della spedizione.
Non si sa cosa
fare, finché arriva l’ora di pranzo. Si mangiano ottime tagliatelle
verdi, poi vado a letto.
Verso le 15:30 arriva la squadra di ricerca con
il mio zaino tutto un buco e la cinepresa di Tito (Ferretti) scomacata
ma non distrutta (menomale!). Nello zaino trovo il rullino delle mie
foto un po’ bagnato.
Si torna tutti di buon umore e si va a fare scuola
di roccia. In cordata col dott. Berti mi diverto un mondo.
Ora sto
scrivendo qui seduto su di un sasso ed assisto al recupero di un ferito
(finto: l’istruttore Bortoli) in parete. A sera la cena; dopo cena
divisione in gruppi di escursione per domani: Piz Sella e Roseg.
Io e
mio fratello Sandro decidiamo per il meno impegnativo Piz Sella; Renato
Fabbri sceglie il Roseg.
Venerdì
31 Luglio 1964
Ore 5:30, partenza per il Piz Sella, tempo buono. Attraversiamo il
ghiacciaio fino al bivacco Pallavicini.
Qui sosta di un’oretta, quindi
puntata diretta alla cima (3511 metri) in un'ora e mezza.
Si ridiscende evitando il
bivacco e si attraversa la conca del ghiacciaio sotto un sole cocente ed
un bel caldo; così ci prendiamo una bella abbronzatura. Si arriva alla Marinelli alle ore 14:05. Tempo ottimo sul Bernina, brutto a valle. A
pranzo incontriamo Fabrizio Lambardi e Maria Pia Soati: una gradita
sorpresa. Vado poi a letto fino alle 18:30. Scendo a prendere una
boccata d’ aria prima di cenare. Dopo cena il direttore del corso, Ortelli, mi chiede se voglio andare al Roseg, ma declino l’ invito
perché la salita è molto lunga e mi fa un po’ male la schiena coinvolta
nell’ incidente di due giorni prima. Sto aspettando di andare a letto,
passo la penna al dott. Berti e chiudo.
Sabato
1 Agosto 1964
Mattina riposo. Il dott. Berti e Maria Pia Soati salgono alla Punta
Marinelli.
Intanto sono in corso gli esami da Guida dei portatori.
Dopo
pranzo ore 14:30 lezione di ghiaccio con Redaelli e Ghiglione:
gradinamento, camminata con i ramponi, fungo di ghiaccio ecc. Dopo le
17:30 lezione sulle valanghe del Pedranzini.
Si cena tardi, perché è
arrivato un gruppo di olandesi affamato.
Dopo cena chiusura del corso
con bevuta e pagliacciate varie (vedi Sandro!).
Notte passata con la
finestra aperta dal vento: freddo cane.
Domenica
2 Agosto 1964
Partenza dalla Marinelli ore 7:20; arrivo all’alpe Musella ore 8:15.
Partecipiamo alla S. Messa celebrata nella locale Cappellina.
Alle ore
9:35 si riparte e giù fino a Campo Franscia dove si arriva alle ore
10:20.
Si recuperano le automobili e si rientra a Ferrara.
Giuseppe Gorini
1964. Scuola di alpinismo Gino Bombardieri al Bernina
In occasione del novantesimo di fondazione della sezione. 1927 - 2017
Note biografiche di Giorgio Redaelli, tratte da Wikipedia, a cura della redazione
Giorgio Redaelli è nato a Mandello del Lario nel 1935. È noto per essere
stato, alpinisticamente parlando, uno dei più assidui frequentatori del
Monte Civetta (e per questo fu soprannominato in quel periodo "il Re del
Civetta".
Comincia ad arrampicare nei primi anni '50 sulle guglie della Grignetta,
per poi cominciare a frequentare le Dolomiti nei periodi di vacanza (già
nel suo primo viaggio si reca al Civetta dove ripete la via Tissi alla
Torre Venezia e la via Livanos-Da Roit alla Cima di Terranova in prima
ripetizione). Nel 1956 realizza, con una cordata di otto persone tra cui
Carlo Mauri, la prima ripetizione della via Bonatti al Petit Dru (nel
gruppo del Monte Bianco), salendo direttamente lo strapiombo che Walter
Bonatti aveva dovuto evitare con una serie di pendoli.
Dopo un anno passato a svolgere il servizio militare tra gli Alpini,
nell'estate del 1959 risolve (seppur quasi totalmente da secondo di
cordata) assieme ad Ignazio Piussi uno dei più grandi problemi
alpinistici di quegli anni, aprendo una via diretta (nota come
Direttissima) sulla parete sud della Torre Trieste in 79 ore di
arrampicata, usando 330 chiodi normali, 90 chiodi a espansione e 45
cunei di legno. Comincia così un periodo di grandi realizzazioni
alpinistiche nel gruppo: nell'inverno del 1962 compie la prima invernale
del Diedro Livanos alla Cima Su Alto con Giorgio Ronchi e Roberto
Sorgato, impresa che suscita un grande clamore mediatico e che viene
documentata fotograficamente da un piccolo aeroplano, nel 1962 apre
assieme a Vasco Taldo e Josve Aiazzi una via Direttissima
al Pan di
Zucchero sulla celebre parete nord-ovest del Civetta, mentre
nell'inverno del 1963 realizza, sempre sulla stessa parete, la prima
ascensione invernale della via Solleder (una delle vie più famose
dell'arco alpino) con Toni Hiebeler, Ignazio Piussi e, sopraggiunti il 4
marzo, Roberto Sorgato, Marcello Bonafede e Natale Menegus, impresa che
dura otto giorni (durante i quali la temperatura toccò i -30 °C).
Merita menzione il fatto che nel 1961, dopo alcuni tentativi fatti con
svariati compagni, Giorgio Redaelli si mise d'accordo con Walter Bonatti
per tentare di aprire una via sul Pilone Centrale del Freney al Monte
Bianco, dopo che quest'ultimo gli aveva riferito di avere le sue stesse
intenzioni. Quando invece Bonatti incontrò Pierre Mazeaud e compagni il
9 luglio al Bivacco della Fourche e decise di unirsi ai francesi per
tentare la via, Giorgio Redaelli tentò di raggiungerli, ma fu costretto
a tornare sui suoi passi a causa del maltempo, il quale fu anche la
causa del fallimento di Bonatti e di quella che è conosciuta come la
tragedia del Freney.
Negli anni successivi Redaelli cessa gradualmente la propria attività
alpinistica, trasferendosi in Valsassina e dedicandosi alla professione
di venditore di attrezzatura da Tennis e, successivamente, di rifugista
alpino.
Nel 2002, dopo essere diventato accademico del Club Alpino Italiano,
diventa membro dei Ragni della Grignetta.