Una serata con Ivo Ferrari, il "solitario"
a cura di Gabriele Villa
Il luogo dell'incontro
Quasi alla fine del viaggio, imbocchiamo la stradina che conduce all'inizio della Valle di
Santa Felicita ai piedi del Monte Grappa e parcheggiamo nel grande
spiazzo dell'Albergo ristorante dalla Mena dove si svolgerà la
serata/incontro con l'alpinista bergamasco Ivo Ferrari, organizzata dal
gruppo Dimensione Montagna.
Non ho avuto bisogno di guardare cartine stradali per arrivare qui,
perchè in Valle di Santa Felicita si trova una conosciuta palestra di
arrampicata che ho frequentato tante volte dopo averne scoperto
l'esistenza leggendone una descrizione e le caratteristiche su di una vecchia
guida della Tamari editore di Bologna.
Negli anni '80 l'avevamo anche utilizzata come luogo di esercitazione per
uscite dei corsi roccia della sezione di Ferrara e per uscite di
aggiornamento istruttori, sia per la relativa vicinanza, ma
soprattutto per la buona qualità della roccia e la bellezza di alcuni
itinerari, molto adatti per svolgere un'efficace didattica.
All'Albergo ristorante dalla Mena, invece, non c'ero mai stato ma me ne
ricordavo bene la sagoma incombente sopra il grande spiazzo prativo nel
quale si parcheggiavano le auto.
Il momento dell'appuntamento
Nell'autunno scorso abbiamo avuto occasione di assistere ad alcune
serate di alpinisti, sia a Ferrara che in giro per il nord Italia,
quando le distanze per raggiungere il luogo dell'incontro non erano
eccessive.
Così siamo stati a Tenno di Trento, nel tardo pomeriggio di sabato 22
ottobre, per il Convegno organizzato da Heinz Grill dedicato a "I valori
durevoli nell'alpinismo", dopo esserci fatti un paio di arrampicate alla
divertente parete dei Tessari, all'imbocco della Valle dell'Adige; la
sera di giovedì 27 ottobre abbiamo "giocato in casa", quando il CAI
Ferrara ha invitato l'alpinista trentino Elio Orlandi con la sua
proposta di filmati denominata "I colori delle emozioni", per la
rassegna "Inseguendo i profili"; a distanza di nemmeno un mese, giovedì
24 novembre, ci siamo invece recati a Tre Ponti di Teolo per rivedere
(perchè già era stato tra i relatori del Convegno di Tenno) Marco
Furlani, anche lui alpinista trentino e guida alpina.
Sembrava che la stagione dell'alpinismo "parlato" fosse finita e invece
arriva una "segnalazione" da Piacenza: è di Piè, istruttore presso la
Scuola "Bruno Dodi", il quale mi ha inserito nella sua friends list
e mi comunica una serie di quattro serate del gruppo Dimensione
Montagna: belle tutte e quattro, ma... tutto non si può, bisogna
scegliere.
Una conoscenza da approfondire
Un alpinista che conoscevo solo di fama, soprattutto attraverso varie
letture sul sito intraisass, era proprio Ivo Ferrari e la data della sua
serata, mercoledì 29 febbraio, cadeva giusta tra una serie di impegni
che lasciavano una finestra libera di cui poter approfittare senza dover
sacrificare nulla d'altro.
Mi pareva proprio l'occasione giusta per approfondire una conoscenza che
fino a quel momento si limitava ai pochi racconti letti e a una scarna
biografia che era apparsa su "intraisass2", il volume edito dalla casa
editrice Antersass
di Alberto Peruffo, la quale recitava: [Ivo Ferrari. L’alpinista
accademico di Treviglio (Bergamo), classe 1968, è tra i più assidui
frequentatori della Valle di San Lucano, valle silenziosa e selvaggia
tanto quanto gli alpinisti che in essa si avventurano. Memorabili alcune
sue salite solitarie, non solo in Valle, ma anche in giro per le Alpi,
ascensioni affrontate con la serietà e l’anticonformismo di un autentico
spirito libero.]
Un ulteriore tassello di conoscenza lo avevo aggiunto quando, con
l'amico Fabrizio, eravamo andati a trovare
Franco Miotto, apritore della
via dei Bellunesi allo Spiz di Lagunaz di cui Ivo Ferrari aveva
effettuato la prima ripetizione assieme a Silvestro Stucchi a distanza
di venticinque anni dall'apertura e riuscendo là dove tanti altri
bravissimi alpinisti non erano riusciti a passare.
Lo stesso Miotto, che aveva seguito le fasi dell'arrampicata dalla valle
di San Lucano ce ne aveva tessuto le lodi e ora avevo l'occasione di
approfondire la mia conoscenza, perchè spesso, pur nello scarso tempo di
una serata, certi alpinisti svelano (ma non tutti) una parte di sé che
sui libri e sulle riviste specializzate spesso non riesce ad emergere,
perchè risaltano le notazioni tecniche piuttosto che lo spessore delle
persone.
Una serata che scorre all'insegna della spontaneità
Il fatto di non essere in un teatro conferisce all'incontro un'atmosfera
particolare, c'è un che di amichevole, forse perchè fuori dallo schema
solito delle serate di questo tipo e, infatti, basteranno pochi minuti
per far sì che gli organizzatori, l'ospite e il pubblico entrino in
sintonia e la serata prenda un abbrivio frizzante.
Tocca a
Mauro Moretto (uno degli alpinisti "storici" di Dimensione Montagna) presentarlo, non senza una certa emozione che traspare
evidente dalla voce, e allora ricorda la prima volta che lo ha incontrato
personalmente e
i successivi incontri e, con l’aiuto di alcuni fogli di appunti, ne
elenca le imprese più salienti.
“Sono solo alcune, eh? – precisa al pubblico –
perché a dirle tutte ci
vorrebbe troppo tempo”.
Invernali, solitarie, prime ripetizioni, spedizioni (nomina anche la
spedizione al Rakaposchi organizzata da Alberto Peruffo che ho seguito
sulle pagine elettroniche del sito intraisass), le montagne lecchesi, le Alpi,
le Dolomiti.
Ivo sembra volersi schernire, ascolta facendo qualche gesto eloquente,
quasi a meravigliarsi che di lui si parli così tanto, ma Moretto
continua raccontando
anche di quando ripeté con Stucchi la via dei Bellunesi e lui era tra
quelli che erano sotto a guardare le fasi della salita.
“Quando uscirono dalla traversata e dallo strapiombo del tiro chiave
suonammo i clacson delle auto, come a dire bravo Ivo, ce l’hai fatta”
- conclude Moretto.
Ivo già se la ride pregustando la battuta che gli è venuta in mente e non rinuncia
a buttare lì, in tono divertito:
“... e noi lassù a
chiederci, ma che cazzo vogliono quelli là?”.
Il pubblico ride e comincia ad entrare in empatia con il personaggio.
Terminata la presentazione è Ivo Ferrari che parla un po' di sé prima di
iniziare la proiezione e si racconta di getto,
senza tanti fronzoli, proprio come se stesse parlando ad amici, fuori da
ogni formalità.
«E’ difficile spiegare alle persone perché si va slegati ad arrampicare in montagna. A me piace farlo e quando mi sento, vado e penso che un arrampicatore solitario non cade mai: io mi dico
“tu non puoi cadere sei un arrampicatore solitario”.
Sai che
non è vero, ma nella tua testa pensi così.
Ci si rende conto che è una cosa un po’ folle, ma lo fai e sai di
poterlo fare.
Viene un momento in cui ti senti invincibile, sai di non esserlo, ma
ugualmente ti senti così.
Solo così puoi andare, perché quando sei da solo e senza corda non puoi
dubitare.
E’ sicuramente una cosa insana, ma è bellissimo, è la mia passione, mi
piace scalare slegato, è una follia, ma è una follia sana».
Non è più un ragazzino Ivo Ferrari, ma sembra parlare come se lo fosse,
però si sente che quelle sensazioni le ha "masticate" più e più volte in
una consapevolezza da adulto che ha famiglia e responsabilità.
«Adesso ho moglie e due figli e qualche anno in più e allora ci penso di
più e devo aspettare di sentirmi bene, magari ci metto più tempo a
prepararmi, a trovare le condizioni psicologiche, poi arriva il momento
e allora metto la mia maglietta di Superman e vado.
Non mi assicuro praticamente mai, anche perché non sono molto pratico di
quelle manovre, magari porto la corda con me, ma non la uso; la lego
all’imbragatura e la lascio a penzoloni senza ancorarla da nessuna
parte.
Il fatto di avere l’imbragatura e la corda mi dà un senso di
sicurezza, ma più spesso vado senza nulla.
Mi è anche capitato di fare finta di assicurarmi perché sapevo che mi
guardavano con il binocolo e volevo che si sentissero tranquilli; ho
fatto anche finta di attrezzare una sosta con due chiodi, ma non l’ho
mica usata: ho messo in sicurezza chi mi guardava, mica me stesso.
La bellezza è alzarsi la mattina e poter andare, sentire l’adrenalina a
mille, essere come un golosone e dover mangiare: è tutto bello, anche
dove è friabile, la montagna è la mia vita».
Il suo sorriso è disarmante, la sua spontaneità perfino candida, forse conscio di dire qualche
assurdità agli occhi e alle orecchie degli ascoltatori, ma con grande
sincerità, come a dire: sono fatto così, che ci volete fare?
Sono cose che emergono, più o meno uguali, in un filmato che viene
proiettato subito dopo e dal quale si capisce che quella è la sua
"personalità alpinistica", il suo essere solitario conscio della sua "passionaccia".
Il mio sentiero ha un cuore
Inizia poi la classica proiezione di immagini di scalate in ogni dove: foto di palestra,
salite alla montagna di Gaeta (ma non so nuotare - dice - e arrampicare sopra l’acqua
mi fa paura), sulle montagne di casa sua, il Resegone, la Grignetta,
la Presolana scalata più volte, anche in invernali solitarie: sono le montagne di casa sulle quali si allena,
"fa dislivello”.
Ci sono poi le "grandi corse" assieme a Fabio Valseschini in Valle di San
Lucano, le amicizie con altri arrampicatori come
Pierino Dal Pra (... uno che potrebbe fare molto di più di
quello che fa - aggiunge in coda), Ilio De Biasio, di cui ha
ripetuto di recente la
Via della Rampa alla Croda Granda.
Le scalate sono tante e un pensiero si affaccia nella mente di Ivo:
«Mi considero un alpinista di lungo corso, non vecchio che non si dice,
ma ripensando alle tante salite fatte, ai tanti anni di scalate,
concludo che sì, sono un alpinista di lungo corso.
Una volta mi “bruciava” anche di più dentro, era una passione che ti
faceva partire tutti i fine settimana, ogni momento libero ero a scalare».
Agner, Torre Armena, Spiz di Lagunaz, Quarta Pala, Terza Pala, Spiz
d’Agner, Campanile della Besàuzega, è praticamente lì che si dipana il film della
serata, sulle tracce lasciate da molti grandi come Attilio Tissi,
Alfonso Vinci,
Riccardo Bee, Franco Miotto, Lorenzo Massarotto, Renato Casarotto,
Alessandro Gogna, tanti nomi che
echeggiano tra immagini di pareti selvagge, altissime sulla valle di San
Lucano che si
vede laggiù verde e lontana.
Su Riccardo Bee spende qualche parola in più, fa vedere immagini di
pareti sulle quali il bellunese era salito in solitaria, la foto di un
suo bivacco con i muretti di sasso costruiti per ripararsi dal vento e
si capisce che lo ha ammirato proprio in quanto solitario “estremo”.
Tra tutte queste scalate raccontate si sente una presenza che aleggia nell’aria, un nome
che spesso viene richiamato,
con grande considerazione e anche un senso di nostalgia, ed è Lorenzo
Massarotto, molto più spesso chiamato “il Mass”, quello che per tutti gli amici
era diventato il suo vero nome.
Del resto siamo in terra bassanese e qui il Mass è ancora ben presente
nella memoria di tutti, un
punto di riferimento, uno che ha tracciato una strada sulla quale era difficile
seguire, ma che creava emulazione, forniva stimoli, punti di
riferimento e non solo a chi gli era più vicino. Ovvio quindi che il fulcro della serata dovessero essere le Pale
di San Lucano, quasi un omaggio al principale terreno di avventura del Mass
e alla sua memoria.
“I primi anni partiva con il Ciao per andarsene su ad Agordo e poi in
Valle di San Lucano" – aveva ricordato Mauro Moretto in
apertura, e Ivo conferma che la serata
l’ha imperniata proprio su quella zona dove lui ha scalato molto, anche
sulle tracce del Mass e poi innamorandosi a sua volta di quelle big wall
che ha frequentato per anni.
«Poi è uscita la guida di De Biasio e ci sono rimasto male. E’ difficile
da spiegare, ma è come se avesse rivelato un segreto che in pochi
conoscevamo, divulgato una zona che in pochi frequentavano, fin quasi a
diventare una specie di casta. Ci si sentiva anche un po’ così. Però ultimamente ci sono tornato e devo dire che non è cambiato tanto,
non è che ci sia affollamento e come tanti anni fa ho trovato Ilio De
Biasio che mi aspettava per accompagnarmi dentro in valle, quindi
sembrava non fosse cambiato nulla».
Alla fine è quasi una chiacchierata tra amici
Terminata la proiezione di immagini, alla fine rimane il tempo per le
domande del pubblico, alcune abbastanza tecniche, relative alle vie
percorse, su
come ha fatto a risolvere certi passaggi, ma ora Ivo si è sciolto, si
sente più a suo agio, risponde volentieri e fa spesso battute.
Come quando racconta di un volo sulla via dei Bellunesi, quando è
praticamente finito sulla sosta lasciando Stucchi esterrefatto e
titubante:
«Ma io non ti ho mai visto volare…. E adesso che cosa facciamo qua su
questo vuoto in mezzo alla montagna?»
«Così sono risalito in artificiale e stando attento perché se volavo
ancora era finita…»
Tra domande del pubblico e confidenze di Ivo Ferrari, viene fuori una
specie di chiacchierata, rilassata e piacevole, ricca di aneddoti,
battute di cui è impossibile raccontare tutto.
A me sono rimaste le note che, la mattina seguente, avevo scritto sul
mio diario, così, di getto, sul'onda della memoria e delle sensazioni
che la serata mi aveva lasciato.
Le trascrivo semplicemente così come le ho scritte la mattina dopo la
serata di Ivo Ferrari.
Sulla montagna dice che per lui non esiste bello o brutto, buono o
friabile, ma è tutto bello, perché puoi andare e quello è ciò che conta,
quella libertà che ti senti dentro.
Sì, sul friabile ti devi fare leggero, ma è bello, così sul ghiaccio, su
qualsiasi terreno.
Quando hai voglia e vuoi andare e ti muovi a piacimento in libertà:
quello è bello, è la passione che ti senti esplodere dentro.
Parla anche del rispetto, tacito e osservato, verso i tentativi di
scalata che provano
altri alpinisti.
Se c’è qualcuno che ha individuato un problema e sta
tentando di realizzarlo, deve provare lui per
primo, poi se non ce la dovesse fare e quindi rinunciare, solo allora si può provare, ma non
prima che sarebbe un brutto gesto.
Così hanno fatto nei confronti di Ivo Rabanser ad esempio e come facevano
anche con il Mass, del quale i cacciatori hanno rinvenuto di recente un saccone
con dentro materiale alpinistico lasciato lì per qualche tentativo.
Di problemi alpinistici da risolvere ce ne sono ancora tanti, ma sono zone veramente selvagge e
spesso rischi di più sugli avvicinamenti, sugli zoccoli erbosi e marci
piuttosto che sulle pareti dove la roccia è eccezionale.
Sensazioni ed emozioni sono rimaste nella mente
Forse una serata per “introdotti” alle cose dell’alpinismo, ma lì lo
erano praticamente tutti.
Probabilmente un po’ monotematica sulla valle di San
Lucano, ma voleva essere anche una implicita dedica al grande Massarotto
e quello era il luogo giusto per farla.
A me personalmente è piaciuta tanto perchè vi ho colto molta spontaneità
da parte di Ivo Ferrari.
Del resto, il fatto che sia qui a completarne la scrittura, a distanza
di oltre tre mesi, la dice lunga sulle tante sensazioni ed emozioni che
la serata mi ha saputo trasmettere.
Gabriele Villa
Una serata con Ivo Ferrari, il "solitario"
Ristorante "dalla Mena", 29 febbraio 2012
Ferrara, 9 giugno 2012