SPIGOLATURE. 22/11/2007 -
Intervista
ad un giornalista non alpinista al cospetto del K2
Questa volta abbiamo
"spigolato" su di un settimanale di quelli che vengono definiti
con la parola inglese "gossip"
che suona bene, ma tradotta pari pari, significa "pettegolezzo".
Sulla
copertina colorata tra il volto sorridente ma malinconico di Lady Diana
(poteva mancare?) e quello allegramente sorridente di Vanessa Incontrada
("l'è propria 'na bèla ragazèta" - dicono dalle nostre
parti) occhieggia un volto barbuto e vagamente preoccupato, quello di
Marco Mazzocchi ed, a fianco, il solito titolo ad effetto "Tragedia
sul K2".
Per chi non lo conoscesse, Mazzocchi è un giornalista sportivo della RAI che ha condotto anche "La Domenica Sportiva" ed è stato di recente inviato de "L'isola dei famosi" e già da questo si può immaginare che sia un tipo quanto meno eclettico.Questa ecletticità lo ha portato ad aggregarsi alla spedizione del team " Mountain Freedom" composto dagli alpinisti Daniele Nardi, Mario Vielmo, Stefano Zavka, Michele Fait, con obiettivo la salita del K2, la seconda montagna più alta della terra.Ne ha quindi realizzato una trasmissione per RaiDue (K2 - Il sogno, l'incubo) che è andata in onda il 9 e 16 ottobre scorso.
Personalmente non ho visto la trasmissione ma ne ho raccolto e letto pareri assai discordanti, sia favorevoli che molto critici.
Tornando all'intervista, a parte il titolo che, come sempre succede sui giornali, per attirare l'attenzione del lettore fa leva sulle tragedie (nel corso della spedizione ha perso la vita Stefano Zavka), l'intervista offre qualche spunto interessante sull'esperienza di chi, come Mazzocchi, digiuno di montagna, ha vissuto un'esperienza da "profano", da uomo qualunque e cerca di raccontarla (vista dalla sua parte) con una sostanziale correttezza, da onesto osservatore. Per questo abbiamo pensato di proporvene un ampio stralcio.
NEL MIO VIAGGIO VERSO IL K2 HO VISTO LA MORTE DA VICINO.
Prendete
un uomo qualunque, uno abituato a parlare soprattutto di calcio e senza
alcuna preparazione atletica, e mandatelo sul K2.
Che reazioni può avere? Mentre noi ce lo chiediamo soltanto, lui lo ha
provato sulla sua pelle, seguendo una spedizione di quattro alpinisti
decisi a scalare la seconda montagna più alta al mondo (senza l'ausilio
delle bombole di ossigeno).
E ce lo ha raccontato in un programma di due puntate (K2 - Il sogno,
l'incubo).
<Al contrario di tanti documentari, l'aspetto predominante della trasmissione non era quello scientifico, ma la parte umana ed emotiva della spedizione. E ho cercato di trasmetterla ai telespettatori con i miei occhi, che sono i loro, perchè io non sono uno di questo settore, ma una persona normale.> ....
<Ma
l'avventura non è stata cosa facile>
<Confesso che più di una volta mi sono ritrovato a piangere. Per
esempio quando, dopo due giorni di tragitto in jeep sul terreno sterrato e
a picco nel vuoto che mi ha portato fino ad Askole, ho dovuto fare
trekking dieci giorni sulla pietra e sul ghiaccio del Baltoro, uno dei
ghiacciai più estesi al mondo. Ho trovato i resti del cadavere di un
alpinista morto, una valanga si è fermata a un centinaio di metri da me e
da noi... Sono dimagrito, ho avuto la diarrea, forti mal di testa, la
febbre. Ma ho anche visto posti e scenari meravigliosi, mi sono misurato
con me stesso, ho vissuto con il gruppo tutti i preparativi e poi ho
seguito via radio la scalata, le loro difficoltà, l'emozione di esserci
riusciti.>
<Dei quattro alpinisti, però, uno, Stefano Zavka, è morto...>
<Sì, colto da una bufera di neve...>
<E tu come hai reagito?>
<All'inizio
ero sconvolto, mi ero affezionato a tutti loro. Ma poi ho visto come
reagivano tutti quelli presenti al campo base: sapevano che quello della
morte è un rischio che fa parte del loro mondo. E poi mi dicevano,
"noi tutti se dovessimo scegliere come morire, vorremmo farlo vicino
ad una montagna". Allora, forse anche per stare meglio, mi sono
convinto che è stato così anche per Stefano.
Ma non c'è giorno che non
pensi a lui.>
<Per narrare questa avventura hai vissuto sulla tua pelle tanti disagi.>
<Non si tratta solo di disagi. In quelle condizioni estreme, tutto ti mette a rischio di vita: se non ti copri abbastanza, perchè il freddo non perdona; se non dormi nella posizione giusta, ti potrebbe mancare l'aria; persino se ti arrabbi o agiti a certe altitudini rischi un malessere. E' un altro mondo.>
<E come te la sei cavata con la gestione del tempo?>
<La giornata cominciava presto e c'erano alcune cose importanti da fare, ma le facevi con calma. All'inizio quel tempo così dilatato mi disturbava, ma poi mi sono abituato. E me lo sono davvero goduto, cosa che non posso dire degli ultimi due anni passati nella frenesia di Roma. Insomma, ho capito che non è lì che il tempo si dilata, è da noi che si restringe.>
<E il rientro nella realtà quotidiana?>
<In 48 ore ho voluto fare tutto quello che mi era mancato. Poi sono crollato. Fisicamente e psicologicamente. Per un bel pò sono rimasto con la testa fra le nuvole, visto che tra le nuvole c'ero stato davvero.> ....
(Intervista pubblicata sul settimanale "VERO" del 26 ottobre 2007 a firma di
Laura Squizzato).