SPIGOLATURE. 26/05/2015 - "Requiem per un biotopo", un'accorata segnalazione di Federico Balzan
Alla fine sono andati fino in fondo.
In questi mesi, tra un tentativo di azione e l'altro, più volte sono
andato al biotopo di Levego dopo la sua sistematica, pervicace e barbara
distruzione di metà gennaio 2015. Allora distrussero il bosco igrofilo e
il canneto, un posto meraviglioso, compromettendo quasi completamente
l'habitat per le numerose specie che là nidificano, stazionano o sono di
passo.
Qua e là però rimanevano delle piante in piedi, sconciate a metà, un
lavoro fatto in fretta, senza amore, senza rispetto, senza, appunto, una
conoscenza e una visione dei luoghi.
Pian piano la primavera è venuta avanti, e con essa la stagione
vegetativa. E da quei lembi sgraziati e superstiti di bosco e di
canneto, che le ruspe hanno dimenticato in fretta, è iniziata, con
pazienza, la ripresa della vita. Ed ecco, allora, spuntare le foglie dei
saliconi, le sacche vocali della rana comune tornavano a gonfiarsi e a
emettere i lori splendidi gracidii (sovrastato però da quello delle ben
più numerose raganelle), perfino il ritorno delle cerve nella parte sud
est del canneto, quella che si era un po' salvata. E poi i rospi comuni,
forse lo smeraldino, la coppia di germani reali, e l'assiolo là in fondo
che scandiva il tempo durante le mie uscite, per nulla malinconico come
ce lo dipingeva il poeta, anzi, per me compagno fidato.
Insomma mi ero e ci eravamo illusi che la natura potesse averla vinta,
in fondo non era stato ancora cementificato e, pian piano, tempo
quindici anni, ammesso che le ruspe se ne andassero annoiate, sarebbe
tutto tornato meravigliosamente come prima. Anzi, aveva già del
miracoloso rivedere tutti quegli anfibi dopo aver visto, pochi mesi
prima, dei cingoli farsi largo orrendamente in un'area naturalistica
che, altrove, sarebbe protetta ed oggetto di visite guidate di
scolaresche!
Ma la domanda era: ci sarà ancora interesse su quest'area? Ai cittadini,
come sempre, poco era dato di sapere.
Nel frattempo, si capisce, ci siamo dati da fare con accessi agli atti,
incontri coi sindaci, coi costruttori, facendo esposti, coinvolgendo
qualche frettoloso giornalista. Non molto, certo, ma non solo cazzeggio
da facebook. Per capire se in qualche modo questa gigantesca e folle
volontà di costruzione esattamente sopra un biotopo umido, nata negli
anni '90, potesse essere fermata. Oppure se, tra arresti, singulti,
carte nei cassetti che di colpo emergono, potesse alla fine compiersi,
creatura assurda ormai fuori dal tempo (economico e sociale), quasi
fosse un mostro dei peggiori incubi buzzatiani.
È stata un'illusione. Sabato notte, con le torce, siamo andati a
registrare i canti degli anfibi; domenica mattina a fare riprese ed
interviste con la telecamera. A mostrare l'illusione che il biotopo, se
lasciato in pace, sembrava poter sopravvivere alla prima furia
distruttiva. Ma lunedì, oggi, era giornata di lavoro. E quella ruspa
parcheggiata lì da molti giorni, indolente e sonnolenta, ha ripreso di
colpo a funzionare.
Stanno distruggendo tutto. Vanno avanti. Vanno avanti costruendo un'area
industriale esattamente sopra ad un'area naturalistica di pregio, ad uno
spazio che era un bene comune enorme, uno scorcio paesaggistico immenso.
Con capannoni vuoti ovunque, alcuni anche a pochissima distanza.
Chi sta realizzando questo sono i costruttori di consorzio quadrante
Levego, che sono questi signori qui:
-manzotti srl, Ponte nelle Alpi.
-bim infrastrutture, Belluno.
-gg garbin sas, Fonzaso.
-tecno isolamenti srl, Belluno.
-evco spa, Sedico.
-laboratorio r'bk srl, Cesa.
-centro consorzi, Sedico.
-deon edilizia snc, Lentiai.
-consorzio insediamenti artigiani di Levego.
Sono molti anni che costoro hanno degli interessi in gioco, ed intendono
mettere a frutto gli investimenti.
Ammesso che riescano a farlo, che la
dinamica dell'invenduto – con capannoni costruiti e lasciati vuoti, come
dappertutto ormai – non abbia il sopravvento, noi tutti ci chiediamo
perché abbiano voluto farlo sopra un'area di così alto interesse
naturalistico. E perché vogliano farlo ancora.
A fronte di vent'anni e più che perseguono questo fine, molti di loro
con aziende già avviate altrove, raddoppio di capannoni, nuove sedi
eccetera, è lecito chiedersi se questa non sia solo una corsa
all'urbanizzazione, sperando poi di vendere i lotti edificati a qualcun
altro. E quest'ultimo, se non si presenterà, ci lascerà per sempre in
eredità un'area industriale a metà, mai utilizzata, servita solo a
uccidere una natura bellissima. Di solito si dice: oltre al danno, la
beffa. Ma la beffa sa di leggerezza, di cosa che passa e va, di scherzo.
Io dico: oltre al danno e al dolore, un danno e un dolore ancora più
grandi.
Assieme ai costruttori di cui sopra, negli anni si sono avvicendate
varie amministrazioni. E siccome spesso, quando si tira in ballo una
responsabilità, gli amministratori si schermiscono e dicono che no,
hanno dovuto gestire un'eredità scomoda del passato, scelte scellerate,
miopie del decennio precedente... siccome mi sono trovato a osservare
questa dinamica sulla mia pelle, da parte di amministratori che avrei
voluto facessero gli interessi del bene comune, anche con scelte
coraggiose, e non si lasciassero andare a dichiarazioni del tipo
“Capannoni? È vero, non servono... ma ormai l'iter è avviato e i
costruttori devono poter mettere a frutto il loro diritto acquisito”...
siccome considero tutto questo li elenco ad uno a uno:
-giunta gianclaudio bressa.
-giunta maurizio fistarol.
-giunta ermano de col.
-giunta celeste bortoluzzi.
-giunta antonio prade.
-giunta jacopo massaro.
Eccolo qua, un inutile elenco di colori, di destra e di sinistra, in un
rassicurante guazzabuglio dal quale non poter ricostruire alcuna
responsabilità. Così ciascuno è più tranquillo. E gli sbagli, anche
enormi, che subiamo sul territorio sembrano quasi una maledizione
arrivata dall'esterno, indipendente da noi. Trovatevi voi politici e
troviamoci lì dentro, noi elettori. In una pianificazione ed un modello
di “sviluppo” che sono andati avanti con qualsiasi giunta a colpi di
varianti, senza ridiscuterli a fronte dei grandi cambiamenti sociali ed
economici degli ultimi trent'anni.
Se abbiamo completamente smarrito il senso del bene comune, se
accettiamo le follie di questa pianificazione autoreferenziale a Belluno
come in Italia, che tra vuote valutazioni ambientali strategiche e
valutazioni di incidenza fasulle ci fa perdere 8 metri quadri di terreno
fertile al secondo (proprio così, uno spazio grande come una vostra
stanza viene perso in Italia ogni secondo dell'anno, dati Ispra), se
abbiamo perso tutto questo è colpa del non sapersi indignare e reagire
alla bruttezza, ed esserne complici con le nostre pigrizie.
E, nel caso specifico, infine è colpa mia, che non ho fatto niente. E
non lo dico affinché la gente poi mi dica “ma no, hai fatto tantissimo!
Cosa potevi fare di più?”. La verità è che anch'io, come tanti altri,
quando le cose si addormentano non faccio niente.
Anzi, non faccio
proprio un cazzo, che forse con la parolaccia si attira di più
l'attenzione e i lettori si risvegliano. E, come tanti di noi, mi lascio
scivolare di dosso le questioni dall'indolenza, dalla pigrizia, dalla
comodità.
Ecco, le colpe sono distribuite, possiamo addormentare le coscienze,
annacquare la vicenda, e sognare ancora una volta la retorica della
crescita, le promesse di lavoro, la supremazia della proprietà privata,
divinità soggiogante, sui beni comuni, sul semplice buon senso che in
questo caso avrebbe tutelato questo luogo di delicata bellezza che, a
vederlo in queste condizioni, semplicemente ferisce e dà un tremendo
senso di sconfitta.
Una sconfitta collettiva.
Lunedì 11 maggio 2015
federico balzan
(oggi, l'avrete notato, abbiamo tutti la lettera minuscola)