Imprevisioni ciaspo meteorologiche

di Gabriele Villa


Tra le più diffuse frasi fatte, forse una si distingue su tutte per banalità: "Non ci sono più le mezze stagioni..."
Che poi, a voler sottilizzare, non solo è banale, ma nemmeno veritiera perchè altro che mezze stagioni che non ci sono più, qui di stagioni ce sono anche troppe, soprattutto... fuori stagione.
A volte sono tratti in inganno anche i "locals", così succede che qualche albergatore decida, proprio in virtù di un'estate che deborda protraendosi fino a invadere l'autunno, di tenere aperto sino al ponte di novembre.
Un ponte da quattro giorni è un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire e così l'avevamo "puntata" da tempo con la speranza (non dichiarata per scaramanzia) di poter pure arrampicare, come del resto era successo l'anno scorso il trentuno di ottobre e il primo di novembre, su al Piccolo Lagazuoi.
Poi si sa come vanno le cose con il meteo, arriva la solita perturbazione "STRana" a scombinare i programmi.
Però questa non è riuscita a fregarci del tutto, anzi, quasi quasi ci ha regalato una vacanza, se non bella, almeno inaspettata anche perchè, lasciate le corde da arrampicata a casa, abbiamo tirato fuori le ciaspole.
Eh sì, perchè non tutti hanno ancora capito che le previsioni del tempo non servono per decidere di andare via solamente quando c'è il sole e il bel tempo, ma per andare via con l'attrezzatura adatta per poter sfruttare ciò che si troverà in montagna e... chi si contenta gode che, non è una frase fatta ma, al contrario, una gran verità.

Giovedì 1 novembre 2012
Ce la siamo presa comoda anche perchè le previsioni mettevano neve in abbassamento fino agli 800-900 metri e quando arriviamo alla Baita di Andraz è già passato mezzogiorno, non nevica ma tutto il piazzale è ricoperto da una quindicina di centimetri di neve, regalo fresco fresco della perturbazione arrivata ieri.
Non è che impieghiamo tanto per cambiarci e risalire in auto per andare su a Passo Falzarego con la certezza di trovare neve più che sufficiente per ciaspolare anche se la giornata è grigia e scende qualche fiocco residuo.
Gli spazzaneve sono già passati a pulire la strada ma il Passo è una desolazione, tutti i bar sono chiusi, i piazzali sono ingombri di neve e riusciamo a malapena a trovare un posticino per la nostra auto.

Il tempo di prepararci e c'incamminiamo verso il Col Galina, bonario rilievo che incombe sulla montagna di Andraz con pareti verticali ma verso il Falzarego offre un pendio discontinuo con alberi radi e mughi; per oggi sarà l'ideale per noi visto che la montagna è avvolta da una foschia abbastanza fitta e sarà meglio accontentarsi.
La neve è di qualità discreta, anche abbondante nei tratti meno ventati e, a parte qualche breve impennata, il pendio è regolare e mai troppo ripido se si fa un po' di attenzione nella scelta del percorso.
La sorpresa di giornata è Monica che non si fa prendere dai timori e affronta il pendio finale, maggiormente ripido, con buona decisione e così si guadagna una cima inaspettata.
La morale di questa cosa potrebbe stare nel fatto che non tutto il male viene per nuocere e così se la scarsa visibilità da una parte impedisce di fare fotografie ai panorami, dall'altra può favorire qualcuno nel percepire meno il senso dell'esposizione, tacitando così le paure che a volte gli mettono un freno.

Giusto il tempo di un sorso di the caldo e si ritorna verso Passo Falzarego seguendo fedelmente la traccia che abbiamo battuto in salita. Ogni tanto la nuvolaglia sembra volersi squarciare e appare qualche piccolo lembo di cielo sereno, per richiudersi quasi subito nel grigiore che ha caratterizzato la giornata.

Le previsioni per l'indomani non sono malvage ma non ci facciamo grosse speranze e accetteremo quel che verrà, però lo squarcio che arriva al momento di salire in auto ce lo godiamo tutto e lo prendiamo come una promessa.

Venerdì 2 novembre 2012
Terminata la colazione rileggiamo il foglio delle previsioni del tempo fornite da Arabba meteo: parla di una giornata tutto sommato buona e che il cielo nella mattinata presenterà ampie schiarite e lunghi periodi di soleggiamento.
Il termometro della temperatura esterna segna +3°C e fuori nevica, pur se a piccole falde, sicché viene da chiedersi se quelle che abbiamo letto non siano delle "imprevisioni" del tempo, così finisce che ci fidiamo di ciò che vediamo decidendo di rimanere più in basso di quota e anche al riparo da eventuali venti; saliremo alla Mont de Andrac, proprio sotto le ripide pareti dello stesso Col Galina che abbiamo salito ieri dall'altro versante.
Ci portiamo con l'auto all'imbocco della strada per Malga Castello e ancora ci chiediamo delle "imprevisioni" del tempo: "Possibile che ci abbiano scazzato così di brutto?" e i vetri dell'auto sembrano dare risposta affermativa.

Inutile filosofare oltre: copri zaino, giacca in Goretex, berretto, guanti e... si parte, preceduti da un solitario che è arrivato con una jeep con gomme artigliate, il quale sale nel bosco e ci batte la traccia in neve soffice.
Iniziamo a ciaspolare nel bosco e sembra proprio inverno pieno ma non passano più di venti minuti che ecco aumentare la luminosità del cielo e dopo pochi altri minuti si annunciano le prime schiarite e, infine, arriva il sole.
Quando arriviamo su allo slargo pianeggiante sembra tutta un'altra giornata e godiamo anche del tepore dei raggi del sole, oltre che di un panorama tipicamente invernale ma con temperature piacevolmente autunnali.
Sono i piaceri delle stagioni "fuori stagione" e possiamo riporre le giacche in fondo agli zaini perchè adesso si sta bene con una semplice felpa, mentre le macchine fotografiche fissano in memoria lo spettacolo circostante.

Traversiamo la piana e saliamo alla dorsale dove passa il sentiero che sale da Andraz, arriviamo in vista del Monte Pore e proseguiamo verso l'alto in direzione della Croda Negra che ora è completamente bianca.
In lontananza, in direzione Averau, avvistiamo un branco di camosci, saranno almeno una trentina e si muovono in fila guidati dal capobranco che li conduce a una specie di collinetta dove rimangono a brucare e prendere il sole.
Roberto riesce a fotografarli con il tele ma la fila è talmente lunga che non sta tutta nell'obiettivo.

E' un peccato dover rientrare ma ci godiamo la bella discesa che ci riporta nella conca pianeggiante.
Lungo i pendii innevati fa un certo effetto vedere le macchie rossicce originate dagli aghi dei larici che cadono a terra e giustamente i locali ricordano che la neve rimane quando gli aghi rossicci dei larici stanno sotto la neve e non sopra come sta accadendo in questo che solo due ore fa sembrava inverno e invece ora è ancora autunno.

Alla piana facciamo uno spuntino e ci godiamo il sole, così come durante la discesa; sembra quasi di avvertire che questa giornata è un regalo inaspettato e pure che difficilmente si potrà ripetere una combinazione così favorevole e allo stesso tempo contrastata nei suoi estremi meteorologici.
Dopo il rientro alla Baita arriva puntuale la telefonata degli amici che avevano promesso di raggiungerci (c'è anche chi il "ponte lungo" non se lo è potuto permettere per impegni di lavoro) e così domani aumenterà la compagnia.
Non rimane che sperare, anche se il bollettino meteo non promette granché e noi speriamo siano "imprevisioni".

Sabato 3 novembre 2012
Alle dieci, puntuali, arrivano, ma sono solamente in due, Luciano e Chiara, mentre gli altri due che hanno rinunciato si chiamano entrambi Alessandro: che sia una semplice, fortuita e strana combinazione?
Visto il meteo decidiamo di rimanere in zona Passo Falzarego e sveltamente ci portiamo su, trovando un po' meno desolazione dell'altro giorno perchè qualche audace con le ciaspe si sta preparando e ce n'è anche un paio che oltre alle ciaspe ai piedi ha anche la tavola sulla schiena.
Punteremo alla cima principale di Col Galina, quella che si vede lassù in alto a sinistra a fianco della Croda Negra: sono appena duecento metri di dislivello, poco più di una passeggiata: sulla cartina è quotata 2.328 metri.
Saliamo su per quella che tra qualche settimana diventerà una delle frequentate piste da sci di Col Galina, incontriamo un gruppetto vociante che scende, e seguiamo la traccia che hanno battuto i due con la tavola, senza avere il tempo di annoiarci, cosa che quando c'è Luciano non succede praticamente mai. 
Arriviamo così al gabbiottino di arrivo dello skilift più alto mentre il sole tenta di farsi largo tra la coltre di nuvole, diradando la foschia che ci ha accompagnato durante la salita.

Raggiungiamo la cresta per il ripido pendio e per questa arriviamo alla vetta dalla quale è appena sceso uno scialpinista e notiamo come le tracce degli sci si avvicinino pericolosamente alle cornici di cresta.
Intanto la schiarita se ne va e si alza un po' di vento che ci fa girare rapidamente le ciaspole per ricalcare i nostri passi e scendere velocemente al gabbiottino, dal quale non ci resta che meditare il rientro.

C'è da dire che sulla vetta eravamo stati attratti dalla dorsale del Col Galina che è formata da varie cime separate tra loro da forcelle più o meno larghe dalle quali si possono vedere scorci vertiginosi sul dirupato versante sud.
Avevamo scherzato dicendo che avremmo potuto puntare alla cima "Middle" che sulla cartina non ha un nome ma solo la quota (2.372 metri), sicché, arrivati alla forcella e valutato il pendio, ci siamo impegnati nella ripida salita raggiungendola di slancio e notando come l'effetto prospettico facesse sembrare l'altra più alta.

Considerata la giornata e il contesto, ci stavamo un po' "gasando" e siccome l'appetito vien mangiando, mi venne naturale proporre la traversata alla cima più bassa, quella che avevamo già raggiunto in quattro il giovedì.
Si trattava di ritornare alla forcella e da qui traversare circa trecento metri fino a raggiungere una "spalla" del pendio che ci avrebbe portato proprio sotto il tratto finale più ripido.
Per fortuna avevo preso dei riferimenti su alcuni dei radi alberi, abbastanza caratteristici, perchè nel frattempo la visibilità si era ridotta a non più di cinquanta metri, al punto che si stentava a capire le ondulazioni del pendio.

Un tratto ripido di pendio con buona neve ci fece guadagnare la "spalla" che raggiungemmo alternandoci nel battere la pista, mentre nel frattempo la visibilità era tornata accettabile, la qual cosa ci tranquillizzò al punto da concederci uno "spuntino" prima di scendere nella conchetta che ci avrebbe portato dritti dritti a quello che l'altro giorno avevamo ribattezzato Hillary Step, senza ovviamente voler essere irrispettosi nei confronti dell'Everest e del passaggio "chiave" per accedere alla cima più alta del pianeta.

La calotta sommitale era a portata di ciaspola e la terza cima di giornata ce la sentivamo orami in tasca anche perchè la pista fatta due giorni prima era ancora molto ben definita e in più c'erano tracce di scarponi che la affiancavano e a volte vi si sovrapponevano.
Questa cima vista dal Passo Falzarego sembra la più alta e invece è solo un poco più vicina delle altre due ma concede loro solo il vantaggio di qualche decina di metri, con i suoi 2.308 di quota.

Sembrava proprio di avere completato un bel pieno di cime ma non avevamo fatto i conti con Luciano che, scendendo, aveva adocchiato un altro rilievo, decisamente meno appetibile degli altri in quanto completamente invaso dai mughi, ma ... oramai eravamo lanciati e cercammo la traversata oltre la forcella.

La prendemmo in ridere e, pur salendo con una certa fatica, non smettevamo di scherzare già ribattezzando la nostra prossima cima con il nome di "Mugoteca", comunque quotata sulla cartina con un rotondo 2.200 metri.
In discesa ci accorgemmo di quanto era stata ripida la salita, anche Chiara, che subito prendemmo in giro dopo una scivolata: "Eh sì, devi scivolare sul ripido... se no cusa t'iet iscrìta a far al corso ciaspole dal CAI?

Oramai la nebbia la faceva da padrona ma la traccia di giovedì ci toglieva ogni pensiero e potevamo camminare tranquilli ripensando alla giornata incredibile che avevamo trascorso, proprio fuori da ogni più ottimistica aspettativa, una vera e propria "imprevisione ciaspologica".

Domenica 4 novembre 2012
La carica accumulata nella giornata precedente ci aveva fatto pensare di spostarci verso il Passo Giau per andare a salire il Monte Pore ma la pioggia che vediamo cadere fuori dalle finestre sta bagnando tutto, compresi i nostri entusiasmi e, nostro malgrado, decidiamo di tornare al Passo Falzarego con l'idea di provare la Croda Negra. 
Piove anche al Passo ma stavolta le previsioni non sbagliano di nulla e la linea dello zero termico è data a 2.000 metri (esattamente dove ci troviamo noi) ma in aumento fino a 2.800 metri nel corso del pomeriggio.
Non abbiamo speranza ma partiamo lo stesso e rifacciamo lo stesso percorso del giorno precedente fino al gabbiotto dello skilift e da qui seguiamo le tracce di due escursionisti che avevamo notato ieri, le quali traversano in quota per avvicinarsi al pendio ovest della Croda Negra.

Le abbandoniamo dove ci sembra che il pendio offra la possibilità di salire per poter raggiungere il percorso della via normale, in direzione del camino di accesso al lungo pendio superiore che porta alla vetta.
Continua a piovere ma siamo cocciuti, però ci rendiamo conto che il pendio è scarso di neve e la traversata risulterebbe pericolosa, soprattutto per chi ha meno esperienza, sicché malvolentieri desistiamo.
Ritorniamo alla traccia dei due escursionisti e puntiamo al Passo Falzarego dove ci sta aspettando Monica.
Intanto continua a piovere e cominciamo lentamente ad inzupparci, ma oramai è fatta e siamo presto all'auto.
Partiamo e sappiamo che ci attende soltanto l'ultima "fatica", due panini con la porchetta e due bicchieri di rosso all'Antica Trattoria Guarnier di Cornuda, nel cui caminetto, vicino al nostro tavolo, un fuocherello spande il suo piacevolissimo tepore che riscalda le nostre due ore di chiacchiere prima della conclusione della nostra avventura.

Gabriele Villa
Imprevisioni ciaspo meteorologiche

Passo Falzarego, dall' 1 al 4 novembre 2012
Ferrara, 6 novembre 2012


Nota della redazione:
Le foto che accompagnano il testo sono di Gabriele Villa e di Roberto Belletti (quelle con il teleobiettivo)