Il Trentino.
15/06/2010
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Articolo di
Franco De Battaglia
Senza Rigoni Stern orfani
dei suoi inni alla vita di montagna
Negli orrori della guerra il bisogno di riscatto dell'uomo dalla
violenza
e la necessità di non dimenticare
La scomparsa di Mario Rigoni Stern, di cui ricorre domani
il secondo anniversario, è stata sentita da tutte le genti della
montagna come l'addio a un familiare, come l'allontanarsi di un uomo con
il quale si facevano pezzi di strada insieme e che tendeva la mano nei
passaggi più difficili.
Privi della sua mano, e del suo sguardo mite, ma così lontano,
sono in
tanti a sentirsi orfani: alpini e cacciatori, giornalisti e sciatori, escursionisti e boscaioli.
Perché Mario Rigoni Stern - nel suo umanesimo alpino -
era parte di tutto ciò viveva.
Sta in questa pienezza molteplice di approcci alla montagna il respiro
profondo che la sua amicizia continua a trasmettere.
Un vento che porta
le sue parole.
Il secondo ricordo è legato ai suoi libri, al suo sapere
raccontare.
Uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento, si è detto, e a
ragione.
Ma anche molto di più.
Perché Rigoni Stern è riuscito a dimostrare che il racconto, attraverso
la scrittura, non può essere solo letteratura - personaggi, idee, storie
- ma diventa vite riscattate, spogliate delle nefandezze che la
violenza, la guerra, la speculazione, la distruzione hanno loro gettato
addosso per ritornare limpide, pure, possibili nella pace, degne di
essere vissute.
Con i suoi libri Mario Rigoni Stern ha impedito che la
memoria del Novecento - le guerre infami, i tradimenti verso una
generazione di giovani, le oscenità persecutorie contro le popolazioni
inermi, gli ebrei, le minoranze - venisse rimossa, dimenticata non tanto
per colpa o complicità nell'orrore, ma perché ritenuta insopportabile.
Per viltà dunque.
Perché a volte il ricordo diventa lancinante e porta a
rimuovere le cose turpi che porta con sé.
E allora si dice "basta" e si fugge.
Mario Rigoni Stern ha invece insegnato a non distogliere
lo sguardo, ma a guidarlo nelle ricerca di un'umanità che non scompare
mai, nemmeno nei momenti più bui.
Ha insegnato soprattutto a non dimenticare e al tempo stesso a non
odiare.
E' nel rifiuto dell'odio che l'uomo si riscatta dalla brutalità che lo
avvolge. Rigoni ha mostrato la fierezza della pietà.
Il terzo "pezzo" della vita e della scrittura di Mario
Rigoni Stern, come nel coro struggente del "Capitano", è legato alle
montagne, e non potrebbe essere diversamente.
Ma la montagna di Rigoni Stern è particolare. Non è nostalgica.
E' una montagna "postmoderna" necessaria e possibile per dare sapienza e
libertà alla vita di oggi, perché è una montagna che ha attraversato
anch'essa distruzioni e guerre, rasa al suolo e riscattata dopo la
guerra, "ritornata" natura, ma non selvaggia, piuttosto aiutata e
rispettata dall'uomo.
Le montagne, nell'infanzia di Rigoni, dopo la Grande Guerra, erano un
deserto desolato di macerie, di ossa e schegge di granata. A poco a
poco, quella montagna gli uomini l'hanno fatta rinascere, ed è per
questo che Mario Rigoni Stern - di fronte alle nuove guerre che
proseguono contro la natura e che si chiamano magari "valorizzazione" o
"promozione", tutte parole che fanno comunque rima con distruzione -
insegna con i suoi libri che non bisogna aver paura degli assalti alla
montagna (bisogna contrastarli sì, come sul Don contro le pattuglie
nemiche) perché la montagna rinasce fin tanto che se ne conserva
l'immagine nel cuore.
Questo dicono le sue storie. Anche in questo caso non c'è
odio, ma un preciso richiamo alle responsabilità di ognuno: «Tu devi
amare la montagna, tu devi frequentarla e viverla in semplicità e pace,
tu devi ascoltarla, tu non devi umiliarla facendone uno stadio, un
terreno di gioco, tu devi conservarne un'immagine limpida».
E allora, solo allora, la montagna potrà rinascere, saprà rinascere,
anche di fronte alle tante iniziative che la banalizzano, la più
umiliante quella delle piste tracciate in discesa per le bici dei pigri
e degli svogliati, non più "rampichini", ultimo frutto avvelenato degli
impianti di risalita.
Ma la montagna vivrà fin tanto che l'uomo saprà conservarne l'immagine e
seguirne il destino.
A questo serve la Biblioteca della Montagna della Sat a Trento, che
venerdì scorso è stata riaperta, restaurata ed ampliata con oltre 40
mila volumi e che Rigoni Stern aveva inaugurato dieci anni fa
chiamandola «il più bel rifugio mai costruito».
Perché i libri costruiscono l'immagine della montagna
così come gli strati corallini e calcarei ne formano le rocce, ma
soprattutto perché la montagna si rinnova ad ogni frequentazione capace
di viverla.
Per onorare Mario Rigoni Stern a due anni dalla scomparsa, non occorrono
grandi cerimonie, basta salire in biblioteca e leggerlo.
Nota: Le immagini di Mario Rigoni Stern sono
tratte dalla rete.
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