L'eco di Bergamo.
27/02/2009 - Articolo di
Emanuele Falchetti
Il Makalu di Moro piace anche a Messner
Per l'invernale del bergamasco grande apprezzamento dell'alpinista
altoatesino
Adesso che abbiamo
pure le immagini, adesso che l'impresa di Simone Moro non è più solo il
semplice fotogramma della vetta, adesso che grazie alle riprese video
questo Makalu in inverno ha preso forma fin nei minimi dettagli e la
sequenza finale con lo scalatore che sale gli ultimi metri del gigante,
arriva a quota 8.485, si siede letteralmente sulla cima, la graffia con
colpo di piccozza rabbioso, alza le mani al cielo per poi stringersele
attorno alla faccia, ecco adesso che tutto questo è disponibile anche
via internet, il significato di tanta fatica forse apparirà un po' più
chiaro a tutti.
Perché il "Grande Nero" (Questo il significato del nome Makalu N.d.R.)
in inverno non è solo una scalata storica, un'avventura che chiude un
capitolo importantissimo dell'alpinismo, ma è anche una vicenda umana,
una tappa fondamentale di un percorso che Simone Moro ha costruito nel
corso di un'intera vita professionale e cioè nel corso di quaranta
spedizioni, dieci delle quali proprio nella stagione più fredda.
Due facce della
stessa medaglia: da una parte la montagna, l'ultimo ottomila himalaiano
ad arrendersi in inverno, dall'altra l'uomo, lo scalatore, l'unico
alpinista occidentale a poter vantare due imprese di questo genere
(oltre al Makalu anche lo Shisha Pangma nel 2006), assieme al polacco
Jerzy Kukuczca che a dire il vero di prime invernali nel curriculum ne
ha quattro, anche se due - quelle al Dhaulagiri e quella al
Kangchenjunga - avviate quando ancora era autunno.
Sarà anche un dettaglio, ma Simone, proprio per eliminare il problema
alla radice, quando si avventura in Himalaya nella stagione fredda parte
sempre dopo Natale.
Perché l'alpinismo è fatto anche di questo, di tanta gente sempre pronta
a impallinarti al primo passo falso.
Allora meglio non lasciare nessun margine, perché anche se nella
sostanza non cambia nulla (e a questo proposito va ricordato che a tre
invernali con partenza per così dire autunnali c'è anche il bravissimo
Krzysztof Wielicki), alla fine c'è sempre chi qualche obiezione te le
fa.
Questa volta però
di passi falsi non ce ne sono stati.
Il Makalu, obiettivo invernale dei migliori alpinisti internazionali –
da Mario Curnis (bergamasco che aveva dato il la a questa grande sfida
28 anni orsono con Renato Casarotto a Reinhold Messner - si è
concretizzato senza alcuna sbavatura: «Quest'ascensione -
racconta lo stesso Moro, che ha raggiunto la cima con il kazako Denis
Urubko - segna una svolta anche dal punto di vista dell'approccio e
dello stile. Proprio come lo Shisha e a differenza degli altri ottomila
invernali è stato salito da soli due scalatori in puro stile alpino».
A confermarlo lo stesso Reinhold Messner che sulla Gazzetta dello Sport
ha sottolineato proprio «l'eccezionalità dal punto di vista tecnico»
dell'impresa: «Una volta - ha scritto - erano i polacchi i
grandi specialisti delle invernali himalaiane. Fa piacere che ora tra
questi grandi campioni di un alpinismo durissimo, ci sia anche un
italiano capace di seguire i propri sogni tanto difficili quanto
affascinanti».
Già: i sogni. In genere non si realizzano mai per caso. Neanche sul
Makalu.
«È stato il
frutto - aggiunge Moro – di un'evoluzione etica e tecnica
personale basata su quaranta spedizioni.
C'è però un altro aspetto da non sottovalutare e cioè la forza della
coppia: con Denis ho sempre ottenuto successi; c'è un'intesa perfetta.
Anche al Makalu è andato tutto benissimo, basti ricordare che il giorno
della vetta, quando ci siamo alzati nel cuore della notte a una
temperatura attorno ai meno 40, avevamo comunque voglia di scherzare.
Non sono aspetti da sottovalutare: mi auguro di averlo ancora al mio
fianco».
Di occasioni non ne dovrebbero mancare: in attesa di essere saliti in
inverno ci sono ancora tutti gli ottomila del Karakorum.
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