La Stampa.
26/03/2011
Articolo di
Carlo Grande
Finisce in Slovenia la fuga
dell'orso Dino.
Abbattuto da un cacciatore l'animale "star" con il nome di Buzzati.
Il pretesto: «Aveva la rabbia,
costituiva un pericolo», ma era soltanto ferito.
Finisce la lunga avventura dell'orso
Dino, che aveva migliaia di fan su Facebook, al quale avevano dedicato
persino uno show cabarettistico e una T-shirt: lo show-business e la
comunicazione di massa non lo hanno salvato dalle pallottole di qualche
sloveno.
L'orso Dino (M5 per gli studiosi), è il plantigrado che l'anno scorso,
in primavera, aveva fatto a lungo parlare di sé per le sue «sgroppate»
in Trentino e sull'Altipiano di Asiago e che a un certo punto si era
pensato fosse stato ucciso nell'agosto dell'anno passato. Invece la sua
fine è arrivata in Slovenia lo scorso 15 marzo (la notizia è giunta
parecchi giorni dopo), abbattuto in una località chiamata Vrhnika, a
metà strada tra Postumia e Lubiana, da qualche cacciatore sloveno che
aveva installato un'esca di carne per attirarlo e che poi gli ha
sparato: la Slovenia ha una popolazione di circa 450 orsi, lì la caccia
è consentita su un centinaio di esemplari.
Il pretesto è stato convenzionale: il plantigrado avrebbe manifestato un
comportamento anomalo (si è detto che avesse ripetutamente sbattuto la
testa contro le pareti di alcune case), si temeva avesse la rabbia.
In realtà era stato ferito al collo,
probabilmente si muoveva così per il disagio provocato dalla lesione.
In Slovenia (nazione grande all'incirca quanto il Veneto) «Dino» era
nato: aveva raggiunto l'Italia nel 2009 attraverso la foresta di
Tarvisio e di qui aveva percorso il Cadore ed era entrato in Trentino.
Le analisi su alcuni campioni di peli, raccolti dalle guardie forestali
italiane e dagli studiosi, avevano appurato che l'animale non
apparteneva alla popolazione di orsi italiani.
Nonostante «l'immigrazione clandestina» era diventato subito simpatico a
molti: su internet era stato indetto un concorso per dargli un nome
diverso dall'asettica sigla scientifica e in onore dello
scrittore-giornalista Dino Buzzati, l'avevano chiamato così.
Giunta la stagione degli amori l'animale aveva percorso in poche
settimane centinaia di chilometri alla ricerca di una compagna. La
Forestale gli aveva messo radio-collare, lui, svegliatosi dal letargo,
nella primavera del 2010 era entrato in Veneto: qui, sull'Altopiano di
Asiago, aveva ucciso quattordici asini e compiuto parecchie incursioni.
Gliene erano state attribuite molte altre, anche quelle di altri orsi
che come lui vagavano fra i monti del Trentino e del
Bellunese.
Ma in due occasioni c'erano state segnalazioni contemporanee: il 24
maggio 2010 un orso aveva provocato danni a San Vito di Cadore e in Val
Noana (Trento); il 28 maggio c'era stato un avvistamento a Sappada e la
notte del 28 c'erano stati altri danneggiamenti a Bolzano bellunese.
Perciò erano episodi non riconducibili
allo stesso «colpevole»: il Dino bis era stato incastrato con indagini
degne dei Ris di Parma, le analisi genetiche sui reperti biologici non
avevano lasciato dubbi, dicevano che era un nuovo orso arrivato nel
Bellunese e che si tratta va di MJ4, un maschio di cinque anni nato in
Trentino dal nucleo degli orsi«fondatori», cioè stabili nella zona.
Così Dino era diventato una star, un testimonial: il 2 giugno dell'anno
scorso era stato ripreso con una foto trappola notturna nuovamente nella
foresta di Tarvisio, poi se ne erano perse le tracce: si pensò fosse
stato abbattuto e che lo scorso Ferragosto i bracconieri dell'altopiano
di Asiago avessero banchettato con le sue bistecche.
Il Corpo forestale aveva anche aperto un'inchiesta dimostrando dopo tre
mesi che Dino era ancora vivo e che semplicemente il radiocollare aveva
smesso di funzionare. Lui era tornato sui luoghi di nascita - per gli
animali selvatici i confini non hanno senso - spinto da un istinto
ancestrale che sarebbe piaciuto a Dino Buzzati.
Corriere delle
Alpi. - 29/03/2011
Dino, il simbolo delle Dolomiti.
Era stato avvistato sulle nostre
montagne nella primavera del 2009.
BELLUNO. Dino, il simbolo delle Dolomiti. L'orso che tanta curiosità
aveva destato nel popolo della montagna, è stato ucciso nei giorni
scorsi in Slovenia. Era stato avvistato sulle nostre montagne nella
primavera del 2009.
Dino si è spostato un po' ovunque, ma
all'interno del Parco è stato osservato da due operatori mentre dormiva
e poi si stiracchiava beato al sole grattandosi la schiena sulla pietra
e ancora a spasso nell'area protetta.
L'orso, arrivato nel bellunese dalla
Carnia alla vigilia di Pasqua di due anni fa, era stato subito chiamato
Dino, in onore di Buzzati, «perché l'orso è storia, è leggenda, è mito».
Ma non c'era solo Dino, sulle nostre montagne: ne fu avvistato un
secondo nel maggio 2009 e fonti trentine ne segnalavano un terzo in
avvicinamento.
Da allora gli avvistamenti si sono susseguiti a cadenza mensile. Prima a
Cortina, poi in Val Canzoi, poi ancora a San Vito e addirittura a
Bolzano Bellunese, nei boschi sopra il capoluogo. L'anno successivo le
razzie del plantigrado a Sovramonte, Cesiomaggiore, nel vicino Primiero,
in val Canzoi, nella valle di lamen a Feltre, nel Vicentino.
Dino, nel settembre del 2009 era stato catturato a ridosso del confine
con la provincia di Trento, nel territorio di Tonadico e munito di
radiocollare per seguirne d'ora in avanti gli spostamenti. Lo scopo era
naturalmente quello di seguirne gli spostamenti futuri e di scongiurare,
se possibile, i danni arrecati ad allevamenti di conigli, pecore e
galline, nonché degli alveari. La sua età era stata stimata tra i tre e
i cinque anni e pesava 178 chili.
Il trasmettitore installato funzionava sia
con la modalità del Gps satellitare sia con il segnale in onde Vhf e
constava di un radiocollare e due due auricolari. Una cattura ritenuta
utile per scoraggiare l'orso ad avvicinarsi senza remore all'uomo,
condizione che nei mesi scorsi lo aveva portato ad avvicinarsi anche a
qualche periferia dei centri abitati.
Ma l'uomo ha in pratica determinato l'abbattimento del povero Dino.
Quel collare, infatti, si è rivelato una
sorta di sedia elettrica. I guardiacaccia sloveni lo avevano visto
dimenarsi, e sbattere violentemente la testa contro gli alberi. Era
magro e debilitato. C'è chi temeva che avesse contratto la rabbia. Per
questo motivo è stato abbattuto.
Ma la risposta alle sue sofferenze era un'altra. La colpa era proprio di
quel radiocollare, legatogli al collo dalle guardie forestali trentine.
L'orso probabilmente era cresciuto, il collare gli andava stretto,
procurandogli una grande sofferenza. A Dino era quasi impedito di
mangiare e di respirare regolarmente. Oltre che con le pile scariche, il
collare era sprovvisto del "drop off" che ne permette il distacco quando
la pressione aumenta. Un dispositivo che, sul costo del collare di 4mila
euro, incideva per 400 euro, ma chi di dovere ha preferito risparmiare
senza pensare alle conseguenze e alla fine atroce che poteva fare il
simbolo delle Dolomiti.
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