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Sul Campanile di Val Montanaia

di Gaetano Soriani


Mentre salivamo ancora semiaddormentati da Longarone per la strada che conduce alla diga del Vajont non abbiamo potuto fare a meno di pensare alla immane sciagura del lontano 1963 che sconvolse quelle tranquille vallate e la vita di migliaia di persone.

Era ancora buio e quando abbiamo imboccato le gallerie scavate nella roccia (ora illuminate) che conducono direttamente al fianco della diga, il senso di oppressione si è fatto ancora più pesante ma ancora niente in confronto a quello che abbiamo provato quando siamo finalmente usciti all’aperto.

Stava iniziando ad albeggiare, su quello che era stato il lago ora occupato dalla presenza inquietante della frana, aleggiava una densa nebbia da cui affioravano come fantasmi brandelli di roccia creando un'atmosfera irreale.

Con un certo sollievo ci siamo lasciati alle spalle i vecchi tetti di Erto e quei luoghi così densi di ricordi drammatici e dopo breve ci siamo inoltrati nella Val Cimoliana verso il Rifugio Pordenone.

La nebbia e le brume mattutine si stavano dissolvendo lasciando presagire una bellissima giornata di sole.

Dopo una abbondante colazione al rifugio ci siamo incamminati pieni di grande aspettativa verso la nostra mèta : il campanile di Val Montanaia!

Per me, Beppe e Mariano era la prima volta, Giovanni invece era già salito sul “monte illogico” altre due volte.

Man mano che salivamo mi tornavano alla mente i racconti di Mauro Corona sul Campanile e tutta la sua incredibile storia alpinistica così ricca di aneddoti che sconfinano oramai nella leggenda e mi lasciavo prendere da quelle atmosfere.

Improvvisamente dopo una svolta eccolo finalmente apparire all’improvviso illuminato dal sole mentre la vallata era ancora in ombra.

Gli ottocento metri di dislivello con il peso della corda e di tutta la ferramenta non sono stati certo una passeggiata, ma la vista dell’ “Urlo di pietra” ci ha fatto dimenticare tutto ed affrettare il passo.

Arrivati al pulpito di partenza abbiamo formato le cordate e abbiamo cominciato la scalata.

Le condizioni non potevano essere migliori, nessuno davanti solo una cordata dietro di noi che ci ha raggiunto in vetta.  

Durante le soste abbiamo fatto amicizia con i due alpinisti che ci seguivano uno dei quali, un medico trentino, aveva avuto un brutto incidente in montagna con fratture multiple e questa era la sua prima uscita dopo tre anni di inattività.

Inutile dire che, raggiunta la vetta, abbiamo lasciato a lui l’onore di suonare la campana per primo cosa che ha fatto con una certa commozione.

Grande emozione anche per noi alla vista della mitica campana che a turno abbiamo suonato ripetutamente dopo le foto di rito. Si concretizzava così uno dei tanti sogni nel cassetto da tempo accarezzato.

A sottolineare poi la straordinarietà del luogo (semmai ce ne fosse stato bisogno), una piacevole sorpresa sul libro di vetta: il giorno prima erano saliti Mauro Corona ed Erri de Luca e Corona aveva disegnato una delle sue vignette satiriche!

Ci attendevano ora le quattro calate in corda doppia fra cui la più spettacolare, la “Piaz”, direttamente sugli strapiombi nord da 37 metri nel vuoto.

Al rifugio abbiamo ritrovato la squisita accoglienza della signora Narcisa Zoldan e un simpatico incontro con Ruggero Petris che ci ha omaggiato del libro realizzato in occasione del centenario della prima salita al Campanile con tanto di autografo. (Petris assieme a Mauro Corona avevano in quella occasione salito il Campanile in abiti d’epoca).

Con un grande senso di appagamento e di pienezza, siamo saliti in auto per affrontare il lungo viaggio di ritorno non senza una velata nota di malinconia per questa giornata straordinaria che volgeva al termine ma che continuava a regalarci emozioni e sorprese.


Gaetano Soriani

Val Montanaia, 18 settembre 2004