Vasco e il Campanile di Val Montanaia
a cura di Gabriele Villa
Il luogo è la sede del CAI Ferrara, la sera è quella di un martedì di
inizio settembre.
Vasco Bennati, dopo essere entrato, si avvicina dicendo di volermi
parlare.
Essendo io già impegnato a parlare con altri, attende senza impazienza
che io termini il mio dialogo.
Lo conosco da tanti anni Vasco, da quando è stato allievo al primo corso
di alpinismo organizzato dalla Sezione di Ferrara, alla fine degli anni
‘80; con lui, Beppe e Vittorio abbiamo insieme fatto un tentativo di
salita al Cervino per la cresta Hornli, in anni abbastanza recenti.
Ci vediamo abbastanza spesso alla palestra di arrampicata del Monodito
dove entrambi ci alleniamo; ci siamo incontrati più volte nei pomeriggi
della scorsa estate.
Proprio lì, in uno di quei pomeriggi, mi aveva chiesto del Campanile di
Val Montanaia, un paio di mesi prima: se gli sapevo dire qualcosa sulle
difficoltà della via normale, sull’impegno che richiedeva, perché era
una scalata che avrebbe voluto andare a fare.
“L’ho fatto – gli avevo risposto – ma talmente tanto tempo fa
che mi vergogno perfino a dirlo:
era il 1978 ed ero con Paolo Gorini. Posso solo dirti che la fessura
Cozzi era straunta già allora e che c’è una bella corda doppia nel vuoto
per scendere. Però non dovrebbe esserti difficile trovare una relazione
aggiornata perché è una delle classiche più frequentate delle Dolomiti.
Di certo il Campanile è una bella conformazione rocciosa, strano,
attraente … non a caso è stato definito il campanile più illogico del
mondo”.
Il Campanile è una struttura veramente unica, talmente affascinante da
avere scatenato la fantasia degli alpinisti che sono arrivati prima ad
ammirarlo e successivamente a farne un mito.
Valga, una per tutte, la descrizione che ne fa Antonio Berti nella Guida
dei Monti d’Italia.
Campanile di Val Montanaia (2171 metri).
Strano, mostruoso e imponente, sorge isolato nel centro del circo
terminale della Val Montanaia, dritto, su dalla larga fiumana di massi e
di ghiaie. Le crode si levano nude d’intorno, a corona, più alte, quasi
a difendere la cosa meravigliosa. Tutto tace ed è fermo. Tutto è
sublime. Il paradiso in una bolgia. Rassomiglia ad un vero campanile in
modo sorprendente; sopra un fusto quadrangolare, che si slancia
nell’aria per 200 e più metri, un ballatoio; sopra il ballatoio una
cuspide, alta ed aguzza. Sotto il ballatoio le pareti Ovest ed Est
precipitano più che verticali; la parete Sud cade ripidissima, ma
presenta qua e là qualche tratto scabro, qualche ruga, qualche
prominenza, e per essa si sale; la parete Nord precipita con due salti,
strapiombando, e per essa si … scende. Ciò che rende questo profilo di
croda singolare ed impressionante così, da vincere quasi tutti i
confronti con le più classiche architetture dolomitiche, è l’isolamento
assoluto, ed il fatto che da tutti i versanti, sopra il fusto sottile e
diritto, il ballatoio strapiomba. E’ “il monte più illogico” di
Compton,
“il santuario delle Alpi Clautane” di Hubel, “la pietrificazione
dell’urlo di un dannato” di Cozzi, “il mostro roccioso” di
Bleier, il
“campanile più bello del mondo” di Casara.
[Brano tratto da: Guida dei Monti
d’Italia – CAI-TCI - Dolomiti Orientali - Volume II (Dolomiti d’oltre
Piave) – 3° edizione 1961 – Antonio Berti. Nota aggiuntiva: la 1°
edizione della stessa Guida risale al 1908]
E’ la sera di martedì 2 settembre quando Vasco, infine, mi affianca
per parlarmi.
“Sono poi andato a farla quella salita che ti avevo detto …”
Lo guardo con aria interrogativa.
“Sì, … voglio dire … il campanile …” – dice alternando qualche
pausa.
“… di Val Montanaia?” – concludo allora io, avendo realizzato di
cosa sta parlando.
“L’ho salito con un ragazzo che ha fatto il corso roccia qui al CAI
due anni fa e che è decisamente più giovane di me” - conclude,
sottolineando il particolare dell'età.
“Bravo, bravo, Vasco” – gli dico battendogli una mano sulla
spalla.
Lui sorride, ma so che non è per il mio complimento, bensì per la
soddisfazione della salita che sta ricordando e di cui mi vuole
raccontare.
“La fessura Cozzi è insaponata … ma si può evitare andando un po’ più
a sinistra e salendo un tratto che butta un po’ in fuori, ma con belle
prese. Però se guardi sotto, fa paura perché vedi il ghiaione in fondo
…”.
Io mi limito ad annuire perché capisco che il racconto proseguirà senza
la necessità che io faccia alcuna domanda per incentivarlo.
“L’abbiamo fatta con due corde da 60 metri, da 8 millimetri o poco
più, insomma … quelle che si usano adesso … - dice Vasco che è un
alpinista “vecchi tempi” (credo che abbia dismesso la vecchia
imbragatura Cassin, datata anni ’70, da non più di tre o quattro anni) –
ma ci sono tornate comode nella discesa per portarci, stando
assicurati, sulla doppia successiva a quella nel vuoto”.
Annuisco, ricordando
bene quella discesa, così come ricordo bene la calata di Paolo, nel
1978, fatta con la tecnica alla Comici e la fettuccia del cosciale che
si ruppe a metà calata in quanto lesionata dalle tante discese alla Piaz,
tecnica con la quale la corda scorreva sul corpo (e quindi sui cosciali
dell’imbragatura, consumandoli) anziché sui moschettoni agganciati
proprio agli stessi cosciali.
Intanto Vasco allunga
una mano sotto la polo e ne tira fuori un cellophane che comincia ad
aprire.
Si tratta di un sacchettino dal quale esce una cartolina che raffigura
il campanile di Val Montanaia che risalta ancora di più perché la
cartolina è contornata da due bande nere verticali.
“Mi è costata fatica quella salita, – continua Vasco – ho
dovuto allenarmi, fare dei sacrifici, perché per uno della mia età
…”.
In effetti, lo vedo “tirato” nel fisico, lui che è stato anche ciclista
agonista in ambito amatoriale.
“E’ stata una bella soddisfazione perché ci tenevo tanto e fa il paio
con la salita fatta l’anno scorso dello spigolo del Sass de Stria, dopo
averci pensato per tanti anni”.
E’ lì, in quel preciso momento, che mi viene l’idea di scrivere qualcosa
per intraigiarùn ed allora gli chiedo se ha fatto delle foto, cosa che
conferma assicurandomi che me le porterà il prossimo martedì per
mostrarmele, poi continua a parlare seguendo il filo dei suoi pensieri.
“Per uno che va verso i 70 anni, non è male una salita così …”
Già … l’età che
avanza.
Un problema di cui sento parlare da un po’ di anni nel gruppetto di
sessantenni, oramai quasi ex di quel decennio che comincia per “sess.”
e finisce dentro ai “sett.”, di cui Vasco fa parte e nel quale,
mio malgrado, sono finito anch’io.
Intanto ritorna a riavvolgere nel cellophane la cartolina, rimettendola
sotto la polo.
“Pensa – continua rimarcando il concetto e ribadendo la
soddisfazione – che al rifugio Pordenone il gestore, quando siamo
arrivati alle cinque del pomeriggio mi ha fatto i complimenti e mi ha
voluto regalare una maglietta del rifugio e ci ha scritto su una dedica
…”.
Conosco bene Vasco e ne colgo l’intima soddisfazione, quella vera,
dell’appassionato, ma in un atteggiamento di fondo improntato ad una
sostanziale modestia ed anche ad un disincantato realismo, pur se
indugia a ribadire il concetto avvalendosi del dialetto ferrarese, per
rafforzarlo:
“Se cla salida lì a la fa un ad trent’ann l’è quasi ‘na cazàda, ma sa
la fa un ad ssantasett ann, l’è ‘nàltar quèl”.
Il martedì successivo arriva in sede al CAI con un sacchettino di
cellophane e ne trae le foto che mi mostra; io le guardo e poi gli
chiedo di lasciarmele per passarle allo scanner e poterle mettere sul
sito, perché gli ho detto che mi piacerebbe scrivere qualcosa della sua
salita.
Noto subito che non è entusiasta della mia richiesta ma, alla fine,
acconsente pur affidandomele con una preoccupata raccomandazione: “Pur
che non vadano perse …”
Chissà qual è il caso che porta Raffaele Amadelli alla sede del CAI la
sera di martedì 23 settembre?
E’ lui il compagno di Vasco nella scalata al Campanile di Val Montanaia
ed io non mi lascio scappare l’occasione per soddisfare alcune mie
curiosità su di lui, per esempio come ha iniziato ad arrampicare e come
ha conosciuto e “legato” con Vasco.
Mi racconta che ha frequentato il corso di escursionismo del CAI Ferrara
nel 2005 e che in seguito è andato in montagna con la moglie a compiere
escursioni ed anche salire qualche ferrata.
“Nel 2007 ho cominciato a frequentare la palestra del Monodito e lì
ho conosciuto Vasco e Antonio”.
Mi racconta che sono stati loro ad invitarlo ad andare alle Numerate di
Rocca Pendice ed a consentirgli di fare le prime esperienze.
“Siccome mi era piaciuto arrampicare, in autunno del 2007 ho
frequentato il corso roccia del CAI di Ferrara”.
Ovviamente finiamo
con il parlare del campanile di Val Montanaia e così gli chiedo come è
venuto fuori il progetto di quella scalata.
“Sono stato in vacanza in zona con mia moglie e siamo andati lì a
fare una traversata partendo dal rifugio Padova per salire alla forcella
Segnata e chiudere l’anello rientrando dalla forcella Cimoliana. Una
volta rientrato in città mi è capitato di parlare in palestra di quel
Campanile che mi aveva affascinato per le sue forme, e così è nata
l’idea di andare insieme, inizialmente pareva che potessimo essere in
quattro, poi siamo rimasti solo noi due e, visto il meteo favorevole,
abbiamo preso la palla al balzo”.
Io gli racconto con quanto entusiasmo e quanta soddisfazione me ne abbia
parlato Vasco.
“Posso dirti che era gasatissimo e durante la discesa in corda doppia
lo sentivo cantare.
Direi che è stato bravo, soprattutto considerata l’età e comunque,
anch’io con i miei 49 anni non è che sia proprio di primo pelo … C’erano
parecchie cordate quel giorno e ti posso assicurare che erano tutti più
giovani di noi ”.
Era lì anche Vasco quella sera e si è avvicinato a noi e così gli ho
detto di cosa si stava parlando.
Ha sorriso e non ha detto nulla, forse contento che qualcuno avesse
avuto voglia di ascoltare la storia di quella sua salita e magari anche
quella di raccontarla.
Raccontarla anche se non è un’impresa di quelle difficili, tuttavia
densa di passione, ricca di voglia di arrampicare, di continuare a
mettersi alla prova, allenandosi per potercela fare superando i propri
timori e anche con la voglia di rimettersi in gioco.
Raccontarla anche se è una storia semplice, normale …
In questo mondo pazzo, dove sembra che tutti vogliano sempre e solo
esagerare, per utile e piacevole contrasto, cosa c’è di più bello di una
normale semplicità?
Proprio per questo ci è piaciuto raccontarla.
Gabriele Villa
Ferrara, 27 settembre 2008
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