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alla recensione di "Il peso della farfalla"
di Cristina Zamboni
Premetto che sono molto di parte.
L'ho divorato in un viaggio di ritorno
dalla montagna, sono solo settanta pagine scritte in caratteri per
presbiti ... praticamente lo stesso tempo che porta via l'ascoltare una
storia dalla viva voce di chi la narra. Anche se si tratta della stessa storia, non sarà raccontata allo stesso modo e con gli stessi accenti. Sarà che io penso che una storia non sia tanto di chi la racconta, ma, piuttosto, di chi gli si fa vicino per ascoltare e, forse, per raccontarla di nuovo a sua volta, alla sua maniera.
Uno scrittore, alla fine, è un cacciatore
di storie. Ad Erri vorrei “tirare le orecchie” per “Il giorno prima della felicità” da metà in poi, non certo per “Il peso della farfalla” che, oltre ad essere decisamente gradevole, oltre ad avermi “inchiodato lì” finché non sono arrivata alla fine, ha forse il merito di aver fatto conoscere al grande pubblico una storia che con buona probabilità sarebbe rimasta confinata in una nicchia. E mi piacerebbe molto, ora, sentire che cosa ha da dire lui su questa storia... E mi piacerebbe anche provocarlo: quante storie di montagna dimenticate ci sono? Quante ne saranno andate perse senza che nessuno si sia preso la briga di raccontarle? Aspetto la sua prossima storia di montagna, tanto io non ho più niente di suo da leggere. Un lettore fedele non può che aspettare. Magari una storia poco nota. Un buon cacciatore si mette anche sulle tracce di una preda difficile, no?
Peccato che non leggerà intraigiarùn...
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