Piccola
premessa di carattere personale
Così scrivevo
un anno fa iniziando il diario del 27° corso di alpinismo cui avevo
appena partecipato, dopo avere lasciato la Scuola di alpinismo di
Ferrara ed avere aderito a quella di Piacenza:
[Bisognava a quel punto deporre la lancia, gettare l’oramai
inutile scudo, togliere elmo e corazza, fermarsi a pensare, forse
anche a soffrire, e magari mettersi a cercare un territorio nuovo
dove non ci fossero lotte inutili a sfiancare la psiche, a bruciare
energie nervose, a sottrarre tempo ad iniziative utili e
gratificanti, ma piuttosto occasioni per rigenerare entusiasmi, o
quantomeno non bruciarne il rimanente e, infine, ritrovare la voglia
di spendersi. Con questo spirito mi sono avvicinato al 27° Corso di
Alpinismo del CAI di Piacenza, ex Don Quixote divenuto caballero
migrante, non più alla ricerca di mulini a vento da combattere, ma di me stesso,
di nuove amicizie ed esperienze rigeneranti, oltre che di ridare un
senso compiuto al mio essere Istruttore di Alpinismo.]
A dodici mesi
esatti di distanza mi appresto a scrivere il "Diario" del 28° Corso
di alpinismo del CAI di Piacenza, da poco concluso, e rileggendo le
parole sopra riportate posso dire di avere trovato il significato di
quell'ultima riga, che un anno fa probabilmente non mi era chiaro
come lo è adesso, e l'ho colto leggendo la "relazione morale" del
Presidente della Sezione piacentina, Franco Sagner, in un passaggio,
là dove parla della Scuola di Alpinismo "Bruno Dodi".
[L'organico
si è arricchito di due Istruttori Sezionali, Marino Bricchi e
Massimo Peracchi e di due Istruttori di Alpinismo: Paolo Cavallanti,
che ha completato positivamente l'apposito corso interregionale TER
di formazione, e Gabriele Villa, di Ferrara, che ha scelto di
insegnare nella nostra Scuola.]
Già, ho
pensato e mi sono detto, ho “scelto di insegnare” con la Scuola di
Piacenza.
Inizialmente avevo avuto la sensazione che fosse prevalsa la "ricerca" di nuove
amicizie e altre esperienze ed invece prendo coscienza che avevo fatto la
"scelta di insegnare" e, a un anno di distanza ed a corso ultimato,
mi sono reso conto di quanto quella scelta sia stata importante,
motivata, fortemente perseguita e ricca di grande positività.
Val d'Ayas,
domenica 16 marzo 2008
Dopo
l’esperienza dei 5.600 chilometri percorsi in auto per la
partecipazione al 27° Corso di alpinismo, per questo 28° mi ero
ripromesso di diradare un po’ la partecipazione almeno alle lezioni
teoriche, sicché per me il corso inizia con l’uscita pratica in Val
d’Aosta.
In tre ore e mezza il pullman ci porta in Val d’Ayas per le
esercitazioni riguardanti le tecniche individuali di progressione su
neve, poi in un’ora raggiungiamo il luogo di esercitazione.
Un po’ di vento sospinge nuvole sparse per cui il sole arriva a
momenti alterni e di conseguenza non fa troppo caldo e la neve
rimane in ottime condizioni, ideale per effettuare la didattica. Una
chiacchierata introduttiva con considerazioni sull’ambiente e
sull’orientamento (in particolare i riferimenti che occorre sempre
prendere quando si va in posti nuovi non conosciuti) e poi si
formano gruppetti di due istruttori e quattro allievi e… si parte.
Passi su neve senza ramponi e corretto uso della piccozza, discesa
di un pendio innevato, sosta su piccozza (sia infissa in verticale
che orizzontale sepolta nella neve), prove di scivolata e
auto arresto e ancora progressione in cordata a comando alternato con
sosta su piccozza e sicurezza a spalla.
Da ultimo si riavvolge la corda e si rientra al pullman presso cui
si consuma il primo degli spuntini di fine giornata a base di
salami, torte salate e dolci ed ottimo vino nero.
Nonostante il sole, un’aria fredda ricorda a tutti che siamo … in
Val d’Aosta e ai piedi di un ghiacciaio sul quale abbiamo svolto la
prima delle nostre proficue giornate didattiche.
Piacenza,
giovedì 27 marzo 2008
A febbraio,
durante l’uscita aggiornamento istruttori della Scuola “Bruno Dodi”
al Monte Penna, mi ero proposto per tenere una lezione teorica ed
ecco che il momento è arrivato.
Arrivo alla sede del CAI Piacenza,
quella nuova e moderna inaugurata nel novembre 2007, con
un buon anticipo e pian piano vedo arrivare tutti, istruttori e
allievi, perché la lezione è congiunta per il corso di alpinismo e
per quello di roccia, molti allievi del quale erano al corso di
alpinismo dell’anno precedente, in totale sono almeno trenta
persone.
Al proposito mi avvalgo di quanto ho scritto sul mio diario
personale il giorno seguente.
[Giovedì sera sono andato a Piacenza per tenere la lezione “I
pericoli in montagna”.
L’avevo preparata bene realizzando una traccia di due pagine
ordinate che nel pomeriggio avevo riguardato al computer e modificato
per avere una migliore leggibilità ed anche aggiungendo qualcosa, facendole diventare tre.
Quando ho aperto la cartella per preparare il materiale cartaceo per
tenere la lezione mi sono accorto (e poi ricordato) che le tre
pagine non le avevo stampate, quindi non avevo con me alcuna traccia
cartacea.
Una stronzata colossale, ma, a quel punto, non c’era
possibilità di rimediare, così ho sfruttato il poco tempo utile e,
mentre Lucio sbrigava un po’ di burocrazia del corso, ne ho
approfittato per riscrivermi ciò che ricordavo e la memoria visiva
per fortuna mi ha aiutato.
Nonostante fossi conscio che qualcosa
avevo dimenticato nella parte centrale della lezione, avevo scritto
ciò che ancora poteva definirsi “traccia” e più tranquillo ho
iniziato la lezione.
Sono riuscito ad essere sufficientemente incisivo, a tenere viva
l’attenzione fino alla fine ed a proporre quella che non era (né
avrebbe voluto e dovuto essere) comunque una lezione esaustiva, ma
un ragionamento per stimolare la ricerca personale al fine di
ridurre al minimo gli errori “soggettivi”, quelli in grado di far
diventare mortali anche episodi che di per sé non lo sarebbero.
Alla
fine ho ricevuto complimenti sia dagli allievi del corso roccia che
conoscevo dall'anno precedente, che da alcuni istruttori presenti e ciò mi
ha fatto molto piacere.
Dispiaciuto della colossale stupidata (la
dimenticanza), ma soddisfatto della tranquillità mantenuta e di aver
portato a termine una buona lezione.]
Appennino,
Monte Penna, domenica 30 marzo 2008
Tre giorni
dopo sono nuovamente a Piacenza e stavolta si va sull’Appennino dove
pare che al Monte Penna le condizioni della neve siano ottimali per
la nostra esercitazione di “Progressione della cordata su neve”.
Tutto il corso (16 allievi e 9 istruttori) va sul Canale del Larice
che gli allievi affrontano in cordata a tiri alterni mentre gli
istruttori li seguono slegati, eccetto in un tratto di misto verso
la cima nel quale per 25 metri assumono prudenzialmente il comando
della cordata.
Le condizioni della neve
si confermano veramente eccellenti ed anche la temperatura è
perfetta perché mantiene la neve dura senza trasferire freddo alle
persone, infatti, siamo in assenza totale di vento.
La prima cordata arriva in vetta all’una ed a seguire arrivano tutte
le altre, fino all’ultima che tocca la cima verso le 16 e
30, ma l'attesa è stata gradevole al tepore del sole e con il dolce
panorama dell'Appennino intorno.
Infine, si scende tutti insieme dal Canale delle Donne, posizionando
anche un paio di corde fisse quando la neve comincia a fare
“zoccolo” sotto agli scarponi, in una giornata che ha offerto un
sole splendido ed una temperatura gradevole nonostante l’esposizione
a nord.
Così ha scritto della splendida giornata Claudio Faimali, uno degli
istruttori del corso
[Prima uscita in ambiente dopo le tante chiacchiere delle lezioni
teoriche.
La macchina non ha bisogno d’essere guidata: va in automatico da
sola seguendo il solito itinerario, Salsominore, Santo Stefano,
Allegrezze, Amborzasca fino al parcheggio della casermetta della
forestale.
Ci si prepara ...
… le corde,
… qual è la nostra?
…chi la porta?
…
cosa ci portiamo dietro?
Per noi istruttori parole inutili, ma bisogna capire, è la loro
prima salita, un po’ di tensione, un po’ d’agitazione; l’attesa
dell’evento è pari solo alle aspettative ed ai timori di ognuno di
loro!
Guardatevi attorno!
Sentite la neve ...
… seguite le tracce,
… attenzione ai punti di
riferimento.
Siamo alla base.
Ci si mette il casco e si guarda verso l’alto, si cerca, e si trova,
la linea che dovremo salire.
Controllo gli imbraghi, controllo le legature, non fa male neanche
un controllo all’allacciatura dei ramponi: cambia, stringi, tira
meglio, quel nodo non mi sembra tanto bello, vedi di rifarlo.
Schizza verso l’alto l’adrenalina, lo cogli da tanti piccoli
particolari: chi ha il volto tirato, chi lo vedi rigido, chi
continua a guardarsi l’imbrago o i ramponi o si liscia in
continuazione la giacca.
Si parte.
Ora, dopo il primo tiro, vedi che aumenta la loro
attenzione, le labbra sono serrate, le sopracciglia aggrottate, ma
cala la rigidità, cominciano a sciogliersi.
Libera tutto!
Recupera!
Puoi partire!
Parto!
Ti guardano, quando fanno un nodo od accennano una manovra, a
cercare una tacita rassicurazione ed approvazione per le loro
azioni.
Ed ecco la Madonnina, finalmente.
Complimenti! … e ci stringiamo la mano.
E finalmente ecco la nostra paga, la mercede del nostro impegno:
leggere la soddisfazione nel luccicare dei loro occhi, sentire il
calore dell’orgoglio della loro prima salita, vederli chiacchierare
in modo così concitato ed allegro.
Cosa potremmo chiedere di più?]
Palestra del
Budellone, domenica 13 aprile 2008
Quella del
Budellone è una falesia che si trova sui primi contrafforti montuosi
posti sopra “all’operosa” pianura bresciana, sicché si arrampica
nelle vicinanze di una cava che sta sventrando le montagna per
sottrarne materiale inerte e sopra ad un agglomerato di case,
capannoni industriali, cantieri, un campo di calcio, ecc.
Se ci si estranea dal panorama e ci si concentra solo sulle pareti
si può apprezzare la solidità della roccia formata da un bel calcare
rugoso, abbondante di clessidre, buchi, prese di ogni forma e
dimensione, ideale per un’uscita di un corso di alpinismo.
Nella intensa giornata di esercitazione didattica abbiamo visto
tutto, o quasi, lo scibile dell’arrampicata su roccia, illustrando i
materiali propri per la sicurezza (chiodi, dadi, friends, tricam) e
il loro utilizzo; poi ne abbiamo visto l’infissione e il
posizionamento, fino ad effettuare due calate in doppia su chiodi
piantati dagli allievi.
Sono seguite simulazioni di arrampicata in
cordata con il ripasso di tutte le manovre e le procedure di
assicurazione in salita e discesa.
Conclusione della didattica con
la tecnica individuale di arrampicata, andando (senza corda) in giro
per la falesia a cercare le varie diverse conformazioni rocciose per
ripassare tutte le tecniche di aderenza, incastro, contrapposizione,
sia in salita che in discesa.
La temperatura gradevole ha agevolato il lavoro didattico e ne è
risultata una giornata molto utile e proficua.
Della stessa giornata abbiamo acquisito anche una “cronaca pazza”
(di autore anonimo) redatta sfruttando le assonanze dei cognomi di
svariati istruttori.
[Quel giorno in palestra di roccia faceva un Calderone della
madonna, sembrava di essere in Agosti, ma nonostante ciò
facemmo didattica imparando un sacco di cose, anche se il direttore,
esigente come sempre,
alla fine ci fece un po’ di ramanzina.
“Anche oggi vi ho visto arrampicare come dei Bricchi, pesanti
come dei Peracchi maturi e poi ho visto ancora tanti nodi
Faimali e non parliamo poi dei Malchiodi che avete
piantato.
Vedete di darvi una mossa altrimenti non so come faremo quando
andremo sui Montanini”].
Monte Castello
di Gaino, domenica 20 aprile 2008
A una
settimana di distanza eccoci subito mettere a frutto quanto visto e
imparato al Budellone, sulla bella cresta di calcare del Monte
Castello di Gaino, in vista del Lago di Garda.
Siamo partiti molto presto per evitare, anticipandoli, altri
eventuali corsi e la giornata si presenta molto bella, con
temperatura gradevole ed un venticello che, inizialmente, induce ad
infilare la giacca di arrampicata.
Si parte in cordata da tre con gli istruttori che salgono i primi
quaranta metri verticali, poi gli allievi si dispongono in cordata
da due e salgono, ognuno affiancato dal proprio istruttore pronto a
dare consigli sul posizionamento delle assicurazioni intermedie,
ragionando sugli attriti della corda, sul buon funzionamento delle soste
con i dadi in contrapposizione, sulla scelta dell’itinerario e
curando nel contempo la tecnica di arrampicata.
E’ tutto un allegro vociare lungo la cresta, un incrociarsi di
consigli, di suggerimenti, anche di qualche rimprovero di cui sono
testimone oculare (e di chi se non del direttore? … l’inflessibile
Lucio, sceso dall'alto come un falco sulla preda a "cazziare" con il
suo fare burbero), perfino si sente un battere di martello e chiodi (anche se
qui mettere giù chiodi è proprio un “accanimento didattico”, con
tutti i buchi e le fessure che ci sono nella roccia).
Qualche cordata si incrocia, altre condividono la sosta, si
scambiano battute, qualcuno attende il suo turno per fare un
passaggio obbligato, altri ancora chiedono consigli su come superare
il passaggio sul quale si trovano impegnati, insomma… sembra un
“laboratorio” alpinistico all’aperto nel quale vedi gli allievi
mettersi alla prova e dimostrare di cominciare a sapersela cavare da
soli sul secondo e terzo grado, ma soprattutto con manovre e
sicurezze.
Inutile affannarsi per arrivare in cima, tanto chi arriva per primo
aspetterà tutti gli altri prima di iniziare la discesa.
La mia
cordata è tra quelle davanti così nelle due ore di attesa riesco a
dormire in una posizione abbastanza comoda nonostante il … letto di
calcare, ma il sonno è tanto perché mi sono alzato alle cinque dopo
essere andato a letto alle due per avere partecipato allo spoglio delle schede
elettorali per la rielezione delle cariche sociali del CAI Ferrara.
Finalmente scendiamo e ci attende l’immancabile spuntino giù al
parcheggio durante il quale ci mescoliamo ad istruttori e allievi di
un altro corso con i quali scambiamo informazioni ed esperienze.

Siamo su di una terrazza di cemento, con vista
meravigliosa sul sottostante Lago di Garda e, fra piacevoli chiacchiere, facciamo “sparire” una
paio di salami, alcune torte salate, una ciclopica fetta di
formaggio grana, svariate torte dolci e una “cartuccera” di
bottiglie di vino bianco e rosso.
Non paghi, dopo essere ripartiti, ci fermiamo nuovamente dopo aver
percorso pochi chilometri in un bar
gelateria con vista sul lungo lago per concederci coppe gelato
"extra large" e bibite
fresche.
C'è un bel clima di allegria e di soddisfazione.
Gli allievi sono contenti di quanto sono riusciti a fare
arrampicando da capi cordata e gli istruttori sono soddisfatti di avere
visto messi in pratica correttamente gli insegnamenti impartiti
nelle prime giornate di corso.
Ancora si rimane sulla piazzetta del parcheggio a parlare, non si
vorrebbe che finisse quella bella giornata, poi, pronunciata infine l’ultima
scherzosa battuta (“… questo sì che è
stato un bel Gaino Day”), ci dirigiamo verso casa.
Piacenza,
venerdì 9 maggio 2008
Mi aveva
telefonato ai primissimi di maggio, Lucio, ed avevo avvertito subito
qualcosa di strano nella sua voce.
Mi aveva raccontato di problemi di
salute che si erano manifestati d’improvviso, delle conseguenti
visite di controllo e del divieto
impartitogli dal
medico di svolgere attività in ambiente.
Aveva concluso abbastanza
sbrigativamente: “Ho già affidato al Vicedirettore del corso la
parte organizzativa e burocratica, a te affiderò la responsabilità
della parte tecnica.”
Avevo avvertito subito, assieme al dispiacere per l’amico, anche la
grande responsabilità che mi sarebbe derivata da quell’incombenza
inaspettata e assolutamente imprevedibile.
Ed eccomi il venerdì pomeriggio anticipare il trasferimento a
Piacenza per andare a casa da Lucio per il “passaggio delle
consegne”, la verifica del programma di quel fine settimana (proprio
quello delle manovre, delle prove di trattenuta e dei materiali,
delle corde doppie auto gestite dagli allievi) da lui già concordato
negli aspetti operativi con gli istruttori della Scuola.
Dente delle
Ali, sabato 10 maggio 2008
Il gruppo
compatto, guidato da Claudio Faimali (il vice direttore del corso) sale nel bosco verso le rocce del Dente delle Ali e
raggiunge il bivacco Sacchi.
Il gruppo istruttori definisce gli ultimi dettagli organizzativi e
poi ci di divide in due gruppi di
lavoro, il primo con otto allievi e quattro istruttori andrà al sassone delle
manovre, il secondo con cinque allievi e tre istruttori salirà la ferrata
Mazzocchi.
Sono con questo gruppo per cui indossiamo casco, imbragatura e
dissipatore e ci avviciniamo alle rocce che non sono molto distanti; la ferrata non sarà salita
completamente perché sull’ultimo tratto incombe un sasso pericolante
che alla prima occasione verrà fatto precipitare a valle.
Il percorso, anche se breve, ci consente di mettere a punto la
sicurezza individuale su via ferrata, di curare la tecnica di
arrampicata e anche di godere dei panorami dell’appennino con i
boschi inondati dalla luce del sole di quella bella giornata e le
bianche lingue di neve residua che riempiono le vallette più
nascoste.
Ad un certo punto il cavo metallico passa fra i rami di alcuni
alberetti e così non manchiamo di seguirlo fedelmente, occasione per
un'arrampicata "tarzaneggiante", semi arborea, che regala un po' di divertimento.
Qui ci sono anche i cartelli che invitano ad abbandonare il percorso, per
cui imbocchiamo la via di fuga e scendiamo nel bosco di faggi fino a ritornare al bivacco
Sacchi dove lasciamo i dissipatori e riprendiamo le corde,
abbassandoci ancora nel bosco per raggiungere il salto di rocce da
cui faremo una lunga corda doppia nel vuoto.
I ragazzi le hanno già provate nella palestra di arrampicata presso
la sede del CAI Piacenza, ma è ben diverso eseguire una calata di 35
metri in gran parte sospesi nel vuoto.
Dopo essere scesi tutti ci dirigiamo al sassone delle manovre,
mentre l’altro gruppo ha già terminato le esercitazioni e sta
salendo verso la via ferrata.
Il sassone è attrezzato con coppie di spit sui quali realizzare la
sosta “a triangolo” per poter simulare, in sequenza: calata del
compagno con mezzo barcaiolo e nodo di sicurezza autobloccante,
recupero del compagno con piastrina gigi e carrucola semplice,
recupero del compagno con piastrina gigi e spezzone ausiliario.
Quando arrivano gli altri, abbiamo terminato anche noi il lavoro
didattico e tutti insieme scendiamo alle auto e raggiungiamo il
rifugio Lago Nero dove, dopo aver preso possesso delle rispettive
camere, trascorriamo il fine pomeriggio in allegria cantando con
accompagnamento di chitarra e bagnando le ugole con buon vino rosso
dell’Appennino piacentino.
Prima di cena intercorrono vari e ripetuti “collegamenti” telefonici
con Lucio nei quali noi gli resocontiamo gli esiti della giornata e
lui ci aggiorna sulle previsioni del meteo per l’indomani: nella sua
voce si avverte tutta la sofferenza che sta provando per non poter
essere lì con noi.
Infine, arriva anche il gruppo del corso di roccia e, tutti insieme,
ci sistemiamo nella grande sala per una cena che ci rimette in sesto
dalle fatiche della giornata.
Alla fine, in ordine sparso ed in tempi diversi, raggiungiamo le
camere e guadagniamo il letto.
Rocca del
Prete, domenica 11 maggio 2008
Questa sarà la giornata delle prove “dinamiche e dei
materiali” che saranno effettuate a corsi uniti; sono quindi
presenti sia gli allievi del corso di alpinismo che quelli del corso
di roccia ed i relativi istruttori, praticamente quasi l’intero
organico della Scuola “Bruno Dodi”.
Mentre gli istruttori incaricati sistemano il “campo prove”, Gigi
Prazzoli (il direttore del corso roccia) ed il sottoscritto (come
“reggente” del corso di alpinismo) illustrano agli allievi la
sequenza di prove che saranno effettuate e, finalmente si può
cominciare.
Si inizia con la simulazione di una caduta in ferrata assicurata da
un cordino da 7 millimetri (che puntualmente si spezza), segue una
caduta statica con uno spezzone di corda da 11 millimetri e 20 anni
di età (che, con sollievo e soddisfazione di tutti, tiene 5 voli
consecutivi), si prosegue con la simulazione di un volo con
moschettone a braccetto aperto sull’ultimo rinvio (ed anche questo,
come da copione, va letteralmente in frantumi), concludiamo con la
dimostrazione di una trattenuta con mezzo barcaiolo interponendo un
filo spia sottile per visualizzare l’efficacia della dinamica di
questo tipo di assicurazione al compagno di cordata e facciamo
vedere da ultimo anche un paio di simulazioni di trattenuta
“ventrale” ad uso di chi, dopo il corso, andrà in palestra o in
falesia ad arrampicare.
Al termine della sequenza di prove tecniche gli allievi vanno al
posto di assicurazione ed effettuano ognuno la trattenuta con mezzo
barcaiolo e, mano a mano che terminano, si trasferiscono in altra
zona didattica assieme ai propri istruttori.
Il corso di alpinismo raggiunge la zona nella quale verrà effettuata
una breve salita in ferrata con uso del dissipatore, che porta ad
una cengia da cui sarà effettuata una successiva calata con due
corde doppie in sequenza allestite dagli allievi stessi nei quattro
punti di calata, ognuno dei quali presidiato da un istruttore che
verifica la correttezza delle manovre.
Mi trovo così in uno dei due punti in alto ed al termine delle
discese rientro per la ferrata con tutto il carico di dissipatori
lasciati dagli allievi prima di iniziare la corda doppia.
Rientriamo alle auto per il sentiero del “Cinghialone” che si
sviluppa nel bel bosco di faggi della Rocca del Prete ed in breve
siamo alle auto dove ci aspetta l’abituale spuntino a base di
salami, formaggi, torte salate e dolci che conclude piacevolmente la
giornata.
Il meteo ci ha regalato due buone giornate che hanno consentito la
perfetta riuscita di questa importante esercitazione che conclude la
parte roccia del corso di alpinismo.
Rifugio
Capanna Ventina, sabato 7 giugno 2008
Alle 7 del mattino sono puntuale a Piacenza e trasbordato il
materiale sul pullman penso che, non dovendo più guidare l’auto, già
ho fatto un bel passo avanti, oltre agli abituali 198 chilometri
appena percorsi.
Quando arriviamo in Val Malenco ci prepariamo abbastanza in fretta
per salire a piedi al rifugio Capanna Ventina dove, dopo esserci
sistemati nelle camere, ci concediamo una buona pasta asciutta e, a
seguire, un po' di
formaggio.
Il cattivo tempo sconsiglia di trasferirsi sul ghiacciaio e così viene
deciso di ritrovarci alle 17e30 in sala per ripassare la legatura in
cordata su ghiacciaio, sicché mi fiondo immediatamente in cuccetta per un riposo
“compensativo” della levataccia effettuata alle 4e30.
Quando ritorno giù in sala sono oramai tutti impegnati con cordini e corde
in un susseguirsi di nodi a palla, prusik con asola di bloccaggio e
contro asola, ma non manca anche chi vuole “rivedere” qualche altro
nodo che già dovrebbe sapere a memoria, ma ... si sa … pesa qualche assenza.
-Proprio per questo io e Marino, visto che ha smesso di piovere, ci
portiamo fuori con i nostri quattro allievi per ripassare ciò che,
causa assenza alle lezioni precedenti, non era stato visto da
qualcuno.
Improvvisiamo una sosta sul parapetto del terrazzo del rifugio e poi
un paranco di recupero con spezzone ausiliario fino a che non
riprende a piovere e l’ombrello non basta più a riparare gli stoici
allievi.
Ripassando qualche altro nodo inganniamo l’attesa dei
“pizzoccheri” di cui facciamo una scorpacciata colossale sotto lo
sguardo compiaciuto della gestrice del rifugio che continua ad
arrivare con piatti pieni ed a chiedere sorridente: “Ne volete
ancora un po’ ?”, fino a che anche il più goloso dei presenti si
arrende e si può passare al secondo piatto.
Il dopo cena trascorre in grande allegria e ci si dedica a “giochi
di società”, (si dice così?), o forse sarebbe meglio chiamarli “giochi
da rifugio” poco adatti a chi, come noi, ha mangiato troppo?
Però i giochi proposti sono molto fantasiosi e “fisici”, per cui
scatta subito anche un po’ di competitività fra i gruppi, ma tutti
se la cavano bene e alla fine, nonostante le “gufate” di qualcuno,
non si registra nemmeno una “vomitata” e si può (finalmente!) andare
a dormire.
Ghiacciaio del
Ventina, domenica 8 giugno 2008


Le previsioni per
l’indomani danno cattivo tempo in arrivo, tanto per cambiare…
Risultato?
La sveglia al mattino arriva alle 5e30 ed alle 6e30 tutti abbiamo
già fatto colazione.
Alle 6e55 si parte per il ghiacciaio seguendo il sentiero in parte
rinnovato che attraversa il torrente su di un bel ponte nuovo di
zecca e ne risale la sinistra orografica.
Dopo un’ora abbondante si arriva al ghiacciaio e si fa cordata
salendo senza ramponi e facendo prove di trattenuta di una
scivolata. Quando il pendio diventa più ripido si calzano i ramponi
e si procede provando passo incrociato e passo misto fino ad
arrivare nella zona dei crepacci, dove prepariamo una simulazione di
autosoccorso della cordata a cura di due istruttori.
Uno scivola nel crepaccio e l’altro attrezza una sosta su piccozza
affogata nella neve e recupero successivo mediante piastrina gigi
calata al compagno.
Tocca poi agli allievi ripetere la prova e sono tre le coppie di
allievi che ripetono la manovra con buoni risultati sotto gli occhi
attenti di tutti gli altri.
Si va avanti fin che prende a piovere con una certa insistenza e
così si rientra al rifugio.
Riponiamo tutte le attrezzature tecniche e qui il fotografo
puntualmente documenta il momento terminale dell'azione coordinata e
precisa con la quale Mirko e Michele (casualmente i miei due
allievi) hanno riavvolto la corda in anelli praticamente “perfetti”
(naturalmente, rigorosamente a... spire chiuse).
Infine, recuperate tutte le “masserizie” lasciate al mattino al
rifugio, si scende a valle per raggiungere il pullman.
La pioggia sconsiglia di fermarsi per il consueto spuntino e quindi
si parte subito, ma dopo pochi chilometri non solo smette, ma si
trova pure una bella piazzola con tanto di fontana.
Sicché, via con i salami, le torte salate, i formaggi, i dolci, i
vini bianchi e rossi, mentre poco più in là, la fontana zampilla
acqua fresca, trasparente ed … inutilizzata.
C’è ancora voglia di giocare, di fare i "bulgari", segno che il gruppo è non solo
affiatato, ma anche rilassato e soddisfatto per la bella e proficua
due giorni sul ghiacciaio.
Pian Fiacconi,
Marmolada, sabato 21 giugno 2008
Bello viaggiare con il pullman del corso di
alpinismo.
Si sta tutti insieme, in compagnia ed al ritorno c’è sempre qualcuno
che suona la chitarra e di bravi a cantare ce n’è più di uno.
Dominano incontrastate le canzoni anni ’60 e anni ’70, ma c’è anche
chi ogni tanto intona una romanza con voce tenorile e chi risponde,
poco dopo, con le canzoni di montagna o degli alpini.
Strana miscellanea, ma … allegria assicurata.
Peccato che per me il pullman parta da Piacenza o, come in questo
fine settimana, da Affi.
Tuttavia mi ci vuole poco più di un’ora per arrivarci, e poi … è
relax.
Le previsioni per il fine settimana sono veramente ottime; siamo
tutti … belli carichi.
Facciamo la solita sosta ad Alba di Canazei, prima che il pullman si
inerpichi verso Fedaia.
Come già l’anno prima, “generosamente”, mi offro volontario per
salire in bidonvia al seguito degli zaini, mentre tutti salgono a
piedi (qualcuno pure con lo zaino sulla schiena).
C’è però anche qualche aggregato al corso che sale in bidonvia, così
mi danno pure una mano con gli zaini, anzi, fanno … quasi tutto
loro.
Il pomeriggio trascorre in tranquillità con nuvoloni neri che girano
minacciosi e scaricano acqua verso sera, ma siamo tranquilli: le
previsioni per l’indomani sono ottime e ci godiamo qualche inedito
scorcio post temporale nell’imminenza del tramonto con le valli
piene di nuvole accarezzate della luce tenue della sera.


Una buona cena in quota è quel che ci vuole per ri-assaporare a
pieno il piacere di un soggiorno in rifugio, sensazioni che
l’alpinismo di giornata, (arrampicate con andata e ritorno da casa)
ha fatto dimenticare a tanti.
Una notte inaspettatamente tranquilla (grazie anche ai tappi nelle
orecchie) in camerata da quattro mi trasmette la sensazione di un
riposo rigeneratore.
Marmolada di
Penia, domenica 22 giugno 2008
Sulla sveglia alle
cinque non potevano esserci dubbi, sulla colazione alle cinque e trenta ci si
sarebbe potuto mettere una mano sul fuoco, sulla partenza alle sei c'erano
buone speranze che, come sempre, gli allievi del corso non deludono,
segno che anche loro sono ... belli carichi.


Arriviamo sul
ghiacciaio e subito ci leghiamo in cordata, poi si parte in ordine
sparso (apparentemente), casuale solo se coincide con le indicazioni
di massima fornite dal Direttore del corso prima di lasciare il
rifugio.
Sulla
questione ramponi ogni cordata si organizza come meglio crede: chi
sostiene che “con questa neve non servono” (e non li metterà
per nulla in tutta la salita e pure nella discesa) e chi propende
per il “siamo su un ghiacciaio e i ramponi li mettiamo subito e
non li togliamo più”
(e li calza per toglierli solo quando ritorna nello stesso posto
dopo la salita).
Punti di vista
diversi: la mia cordata, comunque, propende per la seconda soluzione.
Cominciamo a
salire con passo regolare e, indovinata la traccia migliore,
sopravanziamo alcune cordate e, in una mattina veramente radiosa, alle
otto e cinquantacinque esatte siamo sulla cima, vicino alla grande
croce metallica.
Sappiamo di non poterci fermare troppo tempo altrimenti correremmo
il rischio di incontrare l'ondata dei salitori della domenica
mattina, quelli che vengono su direttamente da valle con la
bidonvia.
Nonostante questo, ci concediamo il piacere di un caffettino nella
capanna di vetta.
La giornata è veramente stupenda e possiamo godere dei panorami
guardando tutt'intorno.
Ricordando bene la confusione dell'anno precedente nell'incrociarsi
fra chi scende e chi sale nel tratto delle roccette attrezzate, mi
tengo pronto con la mia cordata e così siamo i primi a partire verso
il basso.

Tanta sollecitudine viene ripagata solo in parte perché incrociamo i
nostri escursionisti "aggregati" che stanno salendo, ma soprattutto
abbiamo davanti due che scendono con lentezza esasperante lungo le
roccette attrezzate con la corda metallica facendosi sicura con la
corda, mentre
"l'orda" scaricata dalla bidonvia avanza minacciosa verso l'attacco
delle stesse roccette.
La incrociamo soltanto negli ultimi metri e poi ci portiamo sulla
neve, fuori dalla traiettoria di eventuali scariche, ed aspettiamo
gli altri, osservando il sovrapporsi dei due flussi contrapposti.
Dopo incroci, sovrapposizioni, scavalcamenti, deviazioni,
attraversamenti, il flusso in discesa riesce a superare il contrasto
del flusso in salita e liberamente procede verso il basso mentre
l'altro più velocemente guadagna quota.
Così si riparte tutti verso il basso, oramai il più è fatto; ora è
sufficiente lasciare correre le gambe facendo solo attenzione a non
sprofondare in qualche buco dove la neve ha ceduto.
Vedo parecchie persone muoversi nella zona dei seracchi e "devio" verso
di loro perché so che un gruppetto ferrarese aveva in animo di
venire su a pestare un po' di ghiaccio.
Riconosco con piacere facce amiche, vorrei fermarmi lì con loro, ma
mi ricordo della mia collocazione di "caballero migrante", ex Don
Quixote, ora piacentino e, dopo i saluti, riprendo la mia discesa
verso il rifugio con la mia cordata.
Ora la giornata scorre tranquilla perché la cima è "fatta" e il corso
si è concluso nel migliore dei modi.
Non rimane che la discesa in bidonvia, cui seguirà lo spuntino sulle
sponde del Lago Fedaia, poi il pullman ci riporterà in pianura ed il
corso avrà da espletare solo le rimanenti formalità.
Cena di fine
corso, venerdì 27 giugno 2008
L'anno precedente
avevo partecipato sia alla consegna degli attestati di
partecipazione che alla cena di fine corso. Quest'anno, dovendo
necessariamente fare una scelta, ho optato per ... la cena di fine
corso sulle colline piacentine, con spiedini ai ferri e porchetta
portata (e offerta) dal generoso Antonio (... che allievi a questo
corso, ragazzi!).
Lasciata Ferrara in un pomeriggio caldo e afoso, mi ritrovo dopo tre
ore sulle colline piacentine in una serata dall'arietta frizzantina
che, più tardi, consiglierà di indossare la felpina, prudentemente
portata al seguito.
Una citazione particolare merita Emanuele Casazza, di cui siamo
ospiti per la cena.
Con decisione lungimirante il direttore, alla prima uscita, lo aveva
nominato cambusiere ufficiale del corso (era lui a gestire con
alcuni validi collaboratori il prezioso "bottino" con cui al termine
di ogni uscita arricchivamo i nostri spuntini di fine giornata).
Nell’occasione, si rivela anche un ottimo cuciniere di spiedini da
lui stesso preparati.
Avevo notato la sua passione per la fotografia e l’attenzione e
sistematicità con cui “documentava” ogni momento saliente delle
uscite del corso e mi era venuto naturale chiedergli di farmi avere
un CD con le foto da lui scattate per corredare questo diario.
“Meglio un DVD – mi aveva risposto – altrimenti di CD ne dovrei fare
tre per farcele stare tutte.
Sai, ne ho fatte più di ottocento …”
Il bello è che ho scoperto in seguito, che alle uscite nelle quali era
mancato, la macchina fotografica l’avevo portata io, per cui la
documentazione era praticamente completa.
Quando arriviamo lo troviamo indaffarato a preparare il braciere e
le cose sembrano già a buon punto, fino a che arriva il momento di
sedersi tutti alla tavolata nel giardino del nostro ospite.
La serata scorre con divertimento generale nella piacevolezza della
carezza del venticello fresco, fino a che segue l'immancabile
proiezione di immagini del corso scattate dagli allievi, molte delle
quali suscitano risate divertite, merito anche del sapiente
montaggio di Pavel "Fonzie" che le ha raccolte da tutti gli altri e poi
mixate.
Si sprecano i ringraziamenti da parte degli allievi, graditi quanto
un carinissimo regalo fatto ai loro istruttori e quando, alla fine
di tutto, sei anche tu che vuoi ringraziare loro delle belle
giornate passate vuol dire che hai avuto "buone dinamiche", che c'è
stato un fecondo interscambio, che hai avuto gratificazioni e quello
che si può ben definire a motivata ragione un "arricchimento
interiore".
Verso la fine serata si finisce ad arrampicare sul muro di pietra
grezza della casa colonica: spuntano scarpette, sacchetti di
magnesite ed è subito una gara a chi arriva più in alto.
Il direttore del corso sorride senza profferire verbo, del resto il
corso di alpinismo è terminato e così anche la sua giurisdizione su
istruttori ed allievi che, giocosamente, ne approfittano a mani
basse (e imbiancate di magnesite).
Poi qualcuno comincia ad andare verso casa e pian piano anche
l'ultimo atto di questo corso si conclude, rimarrà a lungo nella
memoria, compresa la bella serata, ultimo bellissimo ricordo di
questa stupenda avventura.
Piccola conclusione di carattere personale
Il mio personale bilancio di questo corso è presto fatto:
-- sette uscite pratiche per un totale di dieci giorni di
esercitazione
-- una giornata alla palestra del CAI Piacenza ad insegnare tecniche
di discesa in corda doppia
-- tre lezioni teoriche (in una delle quali ero relatore)
-- 4.300 chilometri percorsi con la mia automobile
-- 1.300 chilometri percorsi con il pullman del corso
Quando racconto delle mie “avventure” in terra piacentina a qualche
conoscente ferrarese vedo che mi guarda con un’aria che è un misto
fra l’incredulo (… della serie “sei proprio matto”) e
l’ammirato (… della serie “si capisce che ti piace proprio”).
Sono il primo a pensare che hanno ragione per tutte e due le
ipotesi.
Se mi pagassero sono certo che non lo farei, ma sono anche sicuro
che continuerò a farlo fin che ne riceverò gratificazione, fin che
alla fine di tutto continuerò a sentire il piacere di averlo fatto e
mi sentirò arricchito dall’esperienza umana.
Gabriele Villa
Diario
del 28° Corso di alpinismo del CAI Piacenza
Ferrara, settembre 2008